30 giugno 2008

Bertone: la Chiesa vuole dialogare con tutti. "Caso" Orlandi-Marcinkus? Creato ad arte (Cardinale)


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Bertone: la Chiesa vuole dialogare con tutti

Il bilancio del viaggio in Bielorussia e le sfide aperte nel mondo

GIANNI CARDINALE

Dal 18 al 22 giugno il cardi­nale Segretario di Stato Tarcisio Bertone ha visita­to la Bielorussia. Nei cinque gior­ni passati nella repubblica ex- so­vietica, il porporato ha avuto mo­do di incontrare i presuli, a co­minciare dall’arcivescovo di Min­sk Tadeusz Kondrusiewicz e dal suo predecessore, il cardinale Ka­zimierz Swiatek, e le comunità cattoliche locali, il leader della Chiesa ortodossa, che è maggio­ritaria nel Paese, nonché le più al­te cariche dello Stato. Significati­va anche la lectio magistralis te­nuta all’Università statale della capitale Minsk. Per fare il bilan­cio del viaggio il cardinale Berto­ne ha rilasciato questa intervista ad Avvenire. Non sottraendosi an­che ad alcune domande ' fuori te­ma' suggerite dall’attualità.

Eminenza, dopo Cuba, la Bielo­russia. Due Paesi piuttosto con­troversi nella comunità interna­zionale. Come mai ha deciso di andare proprio lì?

La Santa Sede parla e dialoga con tutti, a maggior ragione con i Pae­si con cui intrattiene normali rap­porti diplomatici, e valuta libera­mente i criteri di giudizio da par­te di terzi, che possono essere ac­cettati o anche che possono esse­re discutibili. D’altra parte la Bie­lorussia è un Paese importante, di frontiera, tra l’Europa e la grande Russia. E anche per questo è più che opportuno che la Santa Sede abbia rapporti cordiali con que­sto Paese in maniera tale che pos­sa anche aprirsi di più al resto del mondo.

L’agenzia russa Interfax il 23 giu­gno ha scritto che lei ha criticato l’embargo Usa contro Minsk…

In una conferenza stampa mi so­no limitato a riaffermare che la Santa Sede è tradizionalmente contraria ad ogni forma di san­zioni economiche nei confronti di qualsiasi Paese, Bielorussia com­presa. Le sanzioni economiche fi­niscono sempre per colpire la po­vera gente e rafforzare proprio i regimi che vorrebbero colpire. Ri­cordo gli interventi di Giovanni Paolo II a proposito dell’Iraq e di Cuba…

Quindi la Santa Sede ha accolto positivamente la notizia che l’U­nione europea ha tolto le sanzio­ni a Cuba?

Senza dubbio sì. E anche ai rap­presentanti degli Stati Uniti ab­biamo detto di non condividere il loro embargo nei confronti dell’i­sola caraibica.

Lei ha visitato oltre che la Bielo­russia, anche l’Ucraina, l’Arme­nia e l’Azerbaigian. Cos’è, una manovra avvolgente nei con­fronti della grande Russia?

Non c’è nessuna manovra avvol­gente, caso mai un avvicinamen­to… A parte le battute, non c’è nessun disegno nella scelta di vi­sitare questi Paesi, ma solo l’invi­to concorde da parte delle auto­rità civili ed ecclesiastiche, cui ab­biamo deciso di rispondere posi­tivamente. Soprattutto affinché ne possano trarre giovamento le comunità cattoliche. E per rag­giungere questo fine, eminente­mente pastorale, cerco di fare sempre in modo di visitare il mag­gior numero possibile di diocesi, di seminari e di università catto­liche. Se poi è consentito, cerco di intervenire anche nei centri di cultura laici, per poter intavolare un dialogo proficuo tra fede e ra­gione, tra fede e cultura e tra fede e scienza. Tutti temi decisivi per la Chiesa e il mondo di oggi.

Nel suo viaggio ha incontrato il presidente Aleksander Luka­shenko. Ritiene che sia stato un colloquio proficuo per la Chiesa cattolica in Bielorussia? E su qua­li punti specifici?

L’incontro è durato circa un’ora e mezza. E ritengo che sia stato u­tile e promettente per la Chiesa cattolica che è ritenuta una vera risorsa per il Paese. Concreta­mente sono stati trattati alcuni problemi, quali ad esempio la co­struzione di nuove chiese, di una nuova sede per la Nunziatura A­postolica e della sede dell’episco­pio di Minsk.

È’ in cantiere anche un Accordo fondamentale tra Bielorussia e Santa Sede?

Sono state poste le basi concrete anche per la stipula di questo ac­cordo, che sarebbe molto positi­vo per la Chiesa e per lo Stato.

Lukashenko non gode di buona stampa in Occidente. Ma è così ' terribile' come viene dipinto?

Il colloquio che ho avuto col pre­sidente bielorusso è stato cordia­le, aperto e sincero: egli ha e­spresso chiaramente le sue idee e lo stesso ho fatto io, e non sono mancate anche delle simpatiche battute umoristiche.

Un altro incontro importante, anche dal punto di vista ecume­nico, è stato quello col metropo­lita ortodosso di Minsk, Filarete.

Certamente, con lui abbiamo par­lato della necessità di una colla­borazione tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa per una educa­zione alla fede del popolo bielo­russo dopo decenni di rovinoso a­teismo di stato. Abbiamo parlato anche della necessità di costruire nuove chiese e, da parte mia, ho auspicato una sana emulazione tra le due Chiese affinché la fede cristiana in Bielorussia sia sem­pre più diffusa e approfondita.

Filarete si è mostrato preoccupa­to per l’attività missionaria della Chiesa cattolica?

Assolutamente no.

Eppure proprio negli ultimi gior­ni il patriarca di Mosca Alessio II ha ribadito le sue critiche contro il cosiddetto ' proselitismo' cat­tolico in Russia.

Non ho letto queste dichiarazioni. Co­munque noi abbia­mo spiegato bene la nostra posizione e c’è una commis­sione bilaterale che lavora. Con il pa­triarcato di Mosca ora abbiamo buoni rapporti. Un mio li­bretto sul bene co­mune è stato pub­blicato in russo con una bella prefazione, teologica­mente significativa, del metropo­lita Kirill, il ' ministro degli esteri' del patriarcato. Ritengo che le di­chiarazioni cui lei ha fatto cenno siano rivolte più alle sette ed ai gruppi religiosi sparsi che alla Chiesa cattolica.

Eminenza, anche per i suoi viag­gi internazionali, nella stampa internazionale lei viene definito come un ' vice- papa', mentre non mancano paragoni tra lei e il segretario di stato Eugenio Pa­celli. Cosa ne pensa?

Prima di tutto viene da pensare che certi accostamenti siano piut­tosto una battuta, forse non sem­pre frutto di buone intenzioni. Certo mi onoro di lavorare sulla scrivania che fu del cardinale Pa­celli, che gli venne regalata dai cattolici tedeschi quando divenne Segretario di Stato. Ma non oso misurarmi a questa figura straor­dinaria che visse un periodo par­ticolarmente cruciale della storia della Chiesa e del mondo. D’altra parte i miei viaggi si incastonano in una visione pastorale del mio ufficio e sono concordati con il Santo Padre, che li segue con la massima attenzione.

A proposito di viaggi, l’agenzia Apcom il 21 giugno ha scritto che il Papa nel 2009 visiterà l’Africa. Corrisponde al vero?

L’agenda dei viaggi pontifici per il 2009 non è stata ancora fissata. Ma corrisponde al vero che c’è in cantiere questa ipotesi. Perché l’Africa e la Chiesa in Africa meri­tano un viaggio del Papa, il quale ha già visitato o si appresta a visi­tare gli altri continenti. Debbo di­re poi che sono pervenuti anche molti inviti al Papa da Paesi asia­tici e arabi.

Si conoscono già i Paesi africani che verranno visitati?

Non ancora, si tratta di una scel­ta molto delicata, dove l’equilibrio geopolitico deve essere contem­perato con le necessarie esigenze di sicurezza nei confronti del pon­tefice e anche dei fedeli che lo ac­coglieranno.

Eminenza, il protocollo speciale con cui è stato ricevuto il presi­dente statunitense George W. Bu­sh ha suscitato anche alcune po­lemiche. Ma era un gesto neces­sario?

Si è trattato di un gesto di corte­sia in risposta al modo eccezio­nale con cui il presidente Bush ha voluto accogliere il Papa negli Sta­ti Uniti. Posso dire che è stata la stessa presidenza a chiedere un protocollo più informale. E da parte nostra abbiamo ritenuto di accondiscendere, in via eccezio­nale, a questa richiesta.

Nella stampa iberica, e anche in quella italiana, si è parlato di un suo incontro con il premier spa­gnolo José Luis Rodriguez Zapa­tero in occasione del recente ver­tice Fao. C’è stato davvero?

Si è trattato di un brevissimo sa­luto e di qualche battuta. Così co­me brevissimo è stato il saluto con il presidente brasiliano Luis Ina­cio Lula da Silva. Ben più lunghi sono stati gli incontri con il presi­dente Giorgio Napolitano, col vi­cepresidente cubano, con il pre­sidente dello Sri Lanka e, soprat­tutto, con la presidente argenti­na.

Con Cristina Fernandez de Kir­chner si è intrattenuto per qua­ranta minuti. Sono stati suffi­cienti per risolvere i problemi che ci sono tra Argentina e Santa Se­de, come la questione del nuovo ambasciatore, del vescovo ca­strense e delle nuove diocesi in Patagonia?

In quaranta minuti non si posso­no risolvere tutti i problemi. Ma sono sufficienti per individuare le linee che devono essere seguite per la loro pacifica soluzione. Spe­riamo che così avvenga, in modo da poter celebrare in piena con­cordia il 25° anniversario dello storico accordo di Beagle tra Ar­gentina e Cile, raggiunto grazie al­la mediazione della Santa Sede, che cade nel 2009.

La Santa Sede ha detto che in oc­casione del vertice Fao il Papa non ha incontrato nessun capo di stato perché c’erano troppe ri­chieste… Un modo diplomatico per dire no alla richiesta del pre­sidente iranianio?

Assolutamente no. Nel caso spe­cifico quanto affermato dalla no­ta della Sala Stampa è la pura e semplice verità. La Santa Sede, ri­peto, parla con tutti, nei modi e nelle forme previste dal protocol­lo.

Eminenza, un’ultima domanda sul caso Orlandi…

La Santa Sede ha già fatto cono­scere in modo chiaro la propria posizione. Approfitto di questa in­tervista per ringraziare Avvenire
per il commento puntuale a que­sta vicenda e in difesa della me­moria della figura sacerdotale del­l’arcivescovo Paul Casimir Mar­cinkus. Ferma restando la vici­nanza della Santa Sede al dolore della famiglia Orlandi, di cui con­dividiamo il desiderio che la ma­gistratura faccia quanto in suo po­tere per conoscere la sorte della amata Emanuela, ho l’impressio­ne che si tratti del classico caso di scandalo estivo creato ad arte per catturare l’attenzione dei lettori già distratti dalle vacanze. Speria­mo sia l’ultimo.

© Copyright Avvenire, 29 giugno 2008

Solo due battute: non esiste, non puo' esistere e non esistera' mai la figura del vice-Papa, per cui pregherei i giornalisti di evitare certe cadute di stile...
Sul caso Orlandi mi permetto di dissentire in quanto occorre avere pazienza affinche' la magistratura possa fare il suo dovere.
Le dichiarazioni della "supertestimone" hanno trovato riscontri oggettivi ed e' indispensabile andare avanti su questa strada.
Come ho gia' avuto modo di scrivere , nutro qualche perplessita' sull'opportunita' di difendere Marcinkus e, ovviamente, sul fatto che un criminale sia stato sepolto in una chiesa.
La fede dei semplici si pone delle domande a cui e' giusto dare una risposta chiara, precisa e inequivocabile anche (ma non solo) in via giudiziaria
.
R.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

marcinkus è indifendibile.
ratzinger ne resti fuori.

euge ha detto...

Come ho già scritto in un altro post di argomento similare, Benedetto XVI non deve essere immischiato in questa storia in cui non vi è nulla di chiaro.
Ratzinger non può e non deve continuare a caricarsi sulle spalle fardelli che non gli appartengono.
Che si lasci fuori il Papa da questa losca faccenda.