6 marzo 2007

Aggiornamenti stampa...


Testa o cuore? Il Papa rilancia l'essenziale

Davide Rondoni

Dicevano: oddio, è arrivato il professore. Il teologo, il censore. Dicevano: chissà come sarà duro. E andando dietro ai luoghi comuni e all'ignoranza, tracciavano paragoni banali con il suo amico e predecessore. Agli occhi offuscati dal pregiudizio, l'arrivo di Papa Ratzinger veniva associato all'arrivo di un Grande Suocero. Uno che rompe le scatole. Che si mette a far le pulci alla vita. Che è già abbastanza difficile e ci manca pure il gran Prete che ti bacchetta e dà le raccomandazioni tipo zia. Per quanti, dentro e fuori la Chiesa, accade che si scambi Gesù Cristo con una specie di fantasma noioso, di inventore di precetti, di utopista un po' suonato e alla lunga petulante. Invece d'esser incontrato e conosciuto per quel che è, il fatto straordinario, la presenza che inquieta ogni prestabilita idea di legge, la figura che ama di noi stessi e del mondo quel che preferiremmo non vedere. E che toglie dominio alla morte. A molti che pur si dicono cristiani sembra a volte che Cristo non «piaccia» più. Che non sia la presenza a cui il cuore e la mente aderiscono di slancio e poi si vincolano con energia come fu per i primi, Giovanni, Andrea, Pietro, pur tra tradimenti e fraintendimenti. E molti che furbescamente, velenosamente e però vanamente cercano di continuo di separare Cristo dalla sua Chiesa, dicevano: arriva il Papa che oscura il «lato buono» del cristianesimo, quello a cui tutti applaudono, per mostrare il lato arcigno. Come se il cristianesimo fosse un'ideologia, con vari lati. Invece li ha sorpresi. Il Papa che prevedevano non è il Papa che si sono trovati di fronte. Ha spiazzato chi diceva di conoscerlo e invece non lo aveva mai incontrato né ascoltato, e nemmeno letto. Si sono trovati di fronte uno che ha continuato il primo grido del suo predecessore: aprite le porte a Cristo, non abbiate paura di Lui. Ho già paragonato una volta i due papi ai due grandi artisti cristiani: Wojtyla come Michelangelo, la passione e l'obbedienza fino al sacrificio. L'agonismo e la capacità di mostrare le luci e le ombre della personalità umana. E, come dice Michelangelo in una poesia incompiuta, la capacità di testimoniare la «cortesia» di Cristo nei confronti dell'uomo. La stessa cortesia che si vede nell'altro pittore, Raffaello, nel suo gesto preciso e chiaro, nella sua consapevolezza dell'infinita gamma dei colori di cui è fatta la vita. E che si vede in Papa Ratzinger. La gioia di esser cristiani: questo è il punto fermo, ripetuto, pazientemente e coraggiosamente, dal Papa. Proprio per questo, e non per una passione professorale alla filosofia, il Papa non ha mancato di richiamare i cristiani e tutti gli uomini a un uso retto e aperto della ragione. Che è come dire anche del cuore, al cui moto d'amore non a caso ha dedicato la prima enciclica. Come se sapesse, questo Papa, che l'essenziale dell'uomo è l'uso dell'affetto e della ragione. E che solo chi è abituato, o piegato vista la forza di persuasione oggi in campo con molti mezzi, a un uso diminuito di affetto e ragione può non provare interesse per Cristo. A Cristo interessa l'uomo e all'uomo interessa Cristo. Se Cristo non è diminuito a fantasma, e l'uomo non è diminuito a fantoccio. Questo è l'essenziale nel racconto dei Vangeli. E il Papa ha messo la sua umile scommessa di lavoratore nella vigna sulla testimonianza dell'essenziale.

Avvenire, 6 marzo 2007


A proposito del libro di Augias e Pesce di cui abbiamo gia' parlato qui e qui, ecco un resoconto di chi era presente al convegno:

IL DIBATTITO ALLA LATERANENSE RACCONTATO DA CHI C’ERA
Anche se Augias ci spera, nessuno lo processa per il libro su Gesù

Roma. Giovedì si leggeva sulla prima pagina di Repubblica un pezzo pieno di buon senso vergato da un battagliero Corrado Augias che denunciava: “Io, processato dalla
chiesa per il mio libro su Gesù”. Il corsivista di largo Fochetti raccontava di essere stato vittima di una dotta “reprimenda” che monsignor Romano Penna, noto studioso di esegesi evangelica, gli aveva rivolto mercoledì nel corso di una conferenza all’Università lateranense. Un processo da santa inquisizione, perché, polemizzando con lui, monsignor Penna avrebbe detto che “non si può parlare di Gesù senza la fede e non si può capire Gesù se si prescinde dalla fede”.
Per questo Augias, paladino della laicità, spiegava come Gesù si capisca molto meglio “prescindendo dalla fede”, difendeva il suo libro, ribadiva la sua tesi e rivendicava l’indipendenza della ricerca storica dalla fede e dalla religione. Sacrosanto verrebbe da dire, se si eccettuasse il dettaglio insignificante che a quanto pare Penna non lo ha degnato di alcuna reprimenda. Anzi, pare proprio che il professore porporato non abbia mai citato Augias e il suo libro, neanche per sbaglio. Pare dunque che Augias si sia inventato vittima di un processo e che, preso dalla foga eccessiva di difendersi da un’accusa fantasma, si sia pure immaginato che il professore Penna avesse polemizzato sull’eccessiva liberalità della ricerca storica che vorrebbe raccontare Cristo negando la fede. Balle storiche. Eppure Augias alla conferenza era presente e non si può dunque neppure ipotizzare che forse qualcuno lo ha male informato. Infatti la sua presenza non è passata inosservata, come conferma Sergio Lanza, professore all’Università lateranense e organizzatore dell’incriminata “lectio” tenuta da Romano Penna. “Augias ha ascoltato due terzi dell’intervento, poi si è alzato e se ne è andato”. Monsignor Lanza è più stupito che arrabbiato. Spiega che la conferenza era prevista da due anni e che si è trattato di un incontro sulla figura di Gesù per come è stata trasmessa dalle fonti evangeliche. “Per questo si era pensato a Romano Penna, che è un esperto di esegesi neotestamentaria. Certo è evidente che la posizione di Penna diverge da quella di Augias, ma il saggio del giornalista non è stato valutato in alcun modo nel corso dell’incontro.
Non se ne è proprio parlato, neanche per sottintesi, e neanche si è fatta polemica indiretta sulla libertà di ricerca storica. Figuriamoci. Anche noi siamo degli studiosi, degli accademici. Non è mica il medioevo. Non siamo dei Torquemada, la bellezza di questi argomenti, al contrario, sta proprio nell’affrontarli con limpidità e apertura di mente”.
Il professor Lanza ci aiuta anche a fare chiarezza e spiega che Augias – assodato che nessuno ce l’aveva con lui – ha probabilmente travisato le parole di Penna relative ai Vangeli e alla figura storica del Cristo.
Parole non da oscurantista inquisitore, ma da studioso, da filologo biblista. Infatti Penna non ha detto che non si deve studiare Gesù prescindendo dalla fede, ma ha semplicemente evidenziato che le uniche fonti storiche sulla vita di Gesù Cristo sono i Vangeli, che per loro natura sono delle peculiarissime biografie scritte da credenti per dei credenti. E che dunque lo studio della figura di Cristo non può prescindere dal cristianesimo proprio per la natura stessa delle fonti biografiche, che furono scritte allo scopo di diffondere la fede e non semplicemente di raccontare la vita di Gesù.
Lapalissiano. Tuttavia Augias è un bravo professionista, uno che ogni libro che scrive è un successo, e va perdonato. D’altro canto cogliere un’occasione per vittimizzare un proprio libro sta un po’ nelle cose, fa parte del gioco. Perché un libro processato e censurato è un libro che si garantisce lunga vita. Gli esempi sono innumerevoli. Anche opere mediocri sono rimaste scolpite nell’immaginario collettivo perché, maledette, scomunicate e processate. E infatti essere processati in certi casi è una tale ambizione per lo scrittore da spingerlo fino a inventarsela, la censura, quando questa disgraziatamente non dovesse arrivare. Ciò è comprensibile e per questo Augias, che è pure bravo, va perdonato. Ma non si poteva non raccontare. Amicus Plato sed magis amica veritas.

Il Foglio, 3 marzo 2007.

A proposito di bioetica:

DOPO LA DENUNCIA DI RATZINGER SULL’EUGENETICA
Pure Repubblica indaga il volto gentile del totalitarismo bianco

E’un modo nuovo, distante dal falso clivage laici-cattolici, perfino conflittuale con la pacificazione inerte dei miti postmoderni, quello con cui Repubblica ieri si è occupata dell’eugenetica denunciata da Benedetto XVI sabato scorso. Eugenetica morbida, quasi conviviale, che vorrebbe riscrivere la saga umana col linguaggio della privacy e della scelta germinale, che al posto del concetto di razza ha messo quello di popolazione, le cui virtù cardinali sono la compassione e il consenso, la compassione che ci smuove ad alleviare le sofferenze e il consenso che richiede che questa compassione sia privatizzata. Luca e Francesco Cavalli- Sforza ricostruivano la genesi darwiniana di quest’ideologia migliorista di Alva e Gunnar Myrdal, dei presidenti americani Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, del giudice capo della Corte suprema Oliver Holmes, della sterilizzatrice di invalidi Margaret Sanger, dei Nobel per la medicina Joshua Lederberg e Hermann Müller, dei guru del Dna Francis Crick e James Watson, di gran signori del progressismo anglosassone come Francis Galton e Aldous Huxley, fino agli appelli tipo “Intelligent, Athletic Egg Donor Needed For Loving Family”. Ad esempio, il filosofo Robert Nozick propone un “supermarket genetico” che metterebbe i genitori in grado di produrre bambini secondo i desideri.
L’eugenismo come religione dell’umanesimo evoluzionistico basata sulla biologia, in cui l’offerta tecnologico-medica fa apparire accettabile, fino a farla rivendicare, l’eliminazione dei non-conformi attraverso la retorica pulita e sentimentale del “best and brightest” (“normale”, ripete Didier Sicard).
Eugenismo “tacito e consensuale”, dice Jacques Testart, non autoritario ma richiesto dai genitori, che si guadagna il gradimento della sicurezza sociale sanitaria, depurato da ogni scoria ideologica e che caratterizza l’uomo normale per difetto e non più per eccesso di qualità. Una mitopoiesi medicoscientifica in cui dalla collettivizzazione familiaresi è passati alla maternità “responsabile”, dall’operaismo scandinavo al salutismo del fitness, dal pedagogismo luterano allo scientismo, in cui l’ingegneria sociale si allea a un olismo antropologico acreaturale che inocula linfa naturalista allo slancio futurista, l’affascinante e inebriante idea di una libertà non limitata dal dato naturale.
Non confondere antropologia e profitto
Sempre su Repubblica Michele Aramini puntava sull’industrializzazione della vita umana, argomento nobile ma che rischia di subordinare la grande questione antropologica sollevata da Ratzinger alla miscela naturale di richiesta sociale e profitto. Dimenticando che la mercificazione è una conseguenza della disumanizzazione e del riduzionismo biologico. E’ vero che della rivoluzione genocentrica che apre all’eugenetica fanno parte, fino a diventarne motore pulsante, cliniche di fertilità e mirabilia spermatiche, compagnie assicurative e kit prenatali, body e baby shopping, industria delle provette e medici dagli stipendi d’oro. Tuttavia, tutto questo viene dopo. Dopo l’idea di poter essere generato con riserva e giudicato degno di vita in base all’esito di un test genetico; dopo l’eugenetica liberale come strumento di giustizia terrena, quasi messianica; dopo la prospettiva di un allevamento selettivo dell’uomo; dopo i miraggi del cannibalismo terapeutico; dopo l’accesso al cuore del nesso fra le generazioni; dopo il trasferimento del misterioso processo della generazione dall’oscurità dell’utero alla luce fluorescente del laboratorio; dopo l’avvento dell’era della manifattura umana e della lotteria cromosomica; dopo che il genetista si è calato nell’antro da cui scaturisce il potere supremo. Come dice Marguerite Yourcenar, “il desiderio di fare il mondo prevale su quello di appropriarsi del suo significato”. L’eugenetica all’azoto liquido come rovesciamento della “favola antropocentrica”, o come lo chiama
Peter Sloterdijks, “sovvertimento agognato” dal fatalismo della nascita alla selezione prenatale. Un totalitarismo tenero, un sadismo bianco e glaciale che non scandalizza soltanto perché non fa scorrere il sangue.
Giulio Meotti

Il Foglio, 3 marzo 2007

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Poletto dal Papa: "Basta attacchi alla famiglia"

Il pontefice ha chiesto se
la Sindone è molto venerata:
«Ci sono tanti pellegrini?»


MARIA TERESA MARTINENGO

«Cerchiamo di fronteggiare questo momento, augurandoci veramente che il bombardamento contro la famiglia fondata sul matrimonio non influisca più di tanto sui buoni cristiani, chiamati a guardare a quello che dice Dio, non a quello che dicono i giornali né certe leggi». Nel giorno in cui l’VIII commissione del Consiglio Regionale ha dato il via libera ai Dico «in salsa piemontese», il cardinale Severino Poletto è stato in udienza privata dal Papa. Al termine del colloquio - 25 minuti in un clima disteso e cordiale - l’arcivescovo, che da ieri guida la «visita ad limina» dei vescovi piemontesi, si è soffermato a riflettere su alcuni dei temi al centro del colloquio. A cominciare proprio dal tema che più sta a cuore alla Chiesa. «Da anni - ha detto - siamo vigili, soprattutto sul calo demografico, come pure sulla stabilità della famiglia. Negli ultimi, abbiamo visto anche da noi crescere le separazioni, i divorzi e soprattutto le convivenze. La soluzione a questi problemi è una maggiore formazione, una catechesi più approfondita. Credo ci sia alla radice di questo, oltre ai problemi legati alla precarietà del lavoro, anche una scarsa sensibilità morale».

Molti e diversi, gli aspetti della vita e della fede nella società piemontese e torinese toccati con il Pontefice. «Il Papa ha domandato se la Sindone è molto venerata. Ha chiesto se ci sono molti pellegrini. Io ho risposto sì, ma non è visibile. E ho parlato dell’Ostensione», ha detto il cardinale con un accenno di rammarico. Papa Ratzinger aveva partecipato alla penultima. «Ho visto tanta gente all’Ostensione del ‘98», ha detto il Pontefice al custode della Sindone. Non è dato sapere se lo scambio di impressioni abbia portato con sé ragionamenti su una futura ostensione. Poi - ma il cardinale non l’ha precisato - è possibile che Ratzinger si sia informato sul dopo Simposio del 2000, l’appuntamento che ha dato origine all’impegno di esperti mondiali in vari campi scientifici per la preparazione di proposte di nuove ricerche. Il lavoro sta procedendo, avvolto dal riserbo.

«Il Papa si è anche informato sulla Fiat», ha spiegato il cardinale (che a Benedetto XVI ha anche presentato l’esperienza del Forum Chiesa-Città, con cui ha stabilito stretti contatti con le istituzioni e le realtà più rappresentative del territorio). «Grazie a Dio, la Fiat sta risalendo - ha detto Poletto - e speriamo che presto venga superata la situazione di precariato che vivono i giovani. Abbiamo bisogno che i giovani siano assunti a tempo indeterminato, per avere una sicurezza e quindi decidersi per il matrimonio e per la famiglia. La soluzione positiva che sta vivendo la Fiat speriamo dia prospettive anche a chi lavora nell’indotto».

La Stampa, 6 marzo 2007

2 commenti:

lapis ha detto...

Bello il paragone fra Papa Wojtyla e Michelangelo, da un lato, e Papa Ratzinger e Raffaello dall'altro: entrambi sono sicuramente grandi artisti di Dio. Ma a mio parere c'è qualcosa di "michelangiolesco" anche nel nostro Benedetto; il grande scultore diceva che "l'arte sta nel togliere", che il vero compito dello scultore è quello di rimuovere il superfluo dal blocco di marmo per far posto all'autentica forma. Allo stesso modo Papa Ratzinger, così essenziale e sobrio nei gesti, nella parola e nella liturgia, cerca di rimuovere molte delle sovrastrutture, vere e proprie "incrostazioni", che a volte possono rendere la fede cristiana simile a un'ideologia o a una filosofia, o a un pensiero puro, per riportarne alla luce l'essenza, per restituirle il suo autentico cuore: la Croce.

Luisa ha detto...

Grazie a Lapis per il suo magnifico commento!
Un prete svizzero ha detto recentemente che Benedetto XVI è il Mozart della teologia !!
È chiaro che se con Giovanni Paolo i gesti occultavano alle volte il fondo del suo messaggio, con Benedetto XVI, abbiamo la nuda parola, riportata alla sua essenza. L `attenzione che Giovanni Paolo ha saputo sollevare con il suo carisma è ora nutrita dall`insegnamento del suo successore. Magnifica saggezza del misterioso disegno divino!