3 marzo 2007
Rassegna stampa del 3 marzo 2007
Siamo laici: rifiutiamo l'eugenetica
di Giuliano Ferrara
Vale davvero la pena costruire un mondo in cui la vita viene sacrificata alla ricerca senza limiti?
Sgombriamo il campo dalla devozione, sebbene non sempre si sia migliori quando in nome della libertà si accantona il sacro. Prendiamo il Papa, Benedetto XVI, come fosse un vecchio saggio che ha alle spalle una biblioteca di due millenni e l'unica vera comunità universale vivente, punto e basta. Lasciamo stare la fede, che troppo spesso viene trasformata in uno scudo per non pensare, per mettere la testa sotto la sabbia, per rassegnarsi, per compromettersi con il mondo, accettandolo com'è e facendosi accettare come non si dovrebbe essere (non è questa la lezione del monaco Enzo Bianchi e della sua differenza cristiana?).
Domanda laica: perché questo vecchio saggio insiste sulla questione eugenetica? Perché sostiene impavido, contro ogni consiglio di pacificazione pastorale o di compromesso con i tempi moderni, che «il futuro dell'umanità», e scusate se è poco, se ne sta appeso a quel che avviene nei laboratori della tecnoscienza, nella catena eugenetica della diagnosi prenatale e della fertilizzazione in vitro, dove ormai si pratica la medicina della soppressione, l'eliminazione selettiva del malato genetico come soluzione preveniva e finale?
Non gli converrebbe liberare la ragione e la coscienza dei fedeli, e del più vasto mondo secolarizzato che lo ascolta, offrendo un'intesa sorniona tra la cattolicità cristiana e gli stili di vita prevalenti? Certo che gli converrebbe. Una Chiesa del silenzio, che si chiuda alla realtà del mondo tecnoscientifico e all'abbassamento pauroso della norma morale, sarebbe festeggiata ovunque come compagna di strada di un'umanità liberata da troppi pensieri e da troppe prescrizioni oggi quasi incomprensibili.
Se il Novecento è stato il secolo dell'aborto e del divorzio, pensano in tanti dentro e fuori la Chiesa, passiamoci una pietra sopra: famiglia e riproduzione sono ormai una variante a capriccio del caso e del caos che governa il mondo. Se il XXI secolo si annuncia come il secolo in cui il dubbio diagnostico su una perfetta salute genetica decide al posto della natura della nascita e della morte di embrioni dotati di una struttura cromosomica umana unica e irripetibile, tu sì e tu invece no perché un medico decide della tua idoneità a vivere, perché c'è un catalogo di possibilità e di scelte sottoposto al libero desiderio di una coppia, facciamo finta di niente.
Pazienza se mancano centinaia di milioni di donne in Asia, eliminate con un'applicazione meticolosa dell'amniocentesi nelle politiche di pianificazione familiare; pazienza se l'immagine di noi stessi si rifletterà in uno specchio opaco, in cui vedremo piano piano il costo di una libertà separata dall'uso della ragione umana, per non dire della legge di natura, e per non tirare in ballo la legge divina.
E come complemento essenziale, facciamo della morte una decisione, magari di un comitato etico, formalizzata e prescrittiva e indolore, insomma eutanasica, invece che un fatto carico di significato. Non sarà tanto allegro, né privo di rischi, questo impadronimento totalitario del circuito del nascere e del morire da parte dell'uomo, ma tutto si può aggiustare con le consolazioni della fede privata e della cosiddetta libertà di coscienza, pensano molti cattolici.
Invece il Papa non cede. Non aveva ceduto il suo predecessore, quel pastore universalissimo che non la finiva di viaggiare, testimoniare, evangelizzare, ballare su tutti i teatri del mondo, e non cede il più appartato e mite professore di teologia che ora occupa il soglio di Pietro con il suo diverso stile, con la sua diversa misura delle cose, ma con identica, granitica perseveranza. Non è bastato, dice il Papa, liberarsi di Dio predicandone la morte. Non basta la scristianizzazione.
Il pensiero postmoderno vuole che ci si liberi anche della ragione, dei suoi vincoli logici, del suo rapporto essenziale con la realtà naturale. Per essere libera, la coscienza deve obbedire soltanto al desiderio individuale, dicono i neosecolaristi, e deve separarsi non solo e non tanto dalle tradizioni millenarie, deve scindere il suo legame con la ragione, cioè con il pensiero forte che fa della coscienza un luogo di distinzione fra il bene e il male, affidandosi alla volontà di potenza mascherata da pensiero debole.
Ma Joseph Ratzinger non ci sta. E la sua predicazione si mette in sintonia con dubbi veri, che nella società moderna si fanno largo in mezzo alla sciatteria penosa e all'indifferenza di tanta parte del sistema dell'informazione, in mezzo al faustismo minore di chi impugna la libertà di ricerca scientifica come un nuovo idolo. Così succede che nella laicissima Francia, dove anche le chiese sono proprietà dello stato dai tempi della rivoluzione contro l'antico regime, un medico ugonotto come Didier Sicard, presidente del comitato di bioetica, si mette a parlare contro la deriva eugenetica con le stesse parole usate dal capo della Chiesa cattolica.
E nascono fermenti non moralistici, non antifemminili, non ispirati a una idea oppressiva e di soggezione della vita civile, anche tra i laici. E tutti ci domandiamo se valga la pena di costruire un mondo in cui il diritto eguale alla vita, tutelato per tutti, sia sacrificato sull'altare idolatrico della ricerca senza limiti, fino alla creazione degli ibridi umanoidi, fino a quella logica diagnostica che non è più usata per curare, e per sradicare la malattia entro i limiti del possibile, ma per sopprimere il malato oltre i confini di un disegno moralmente impossibile.
Panorama, 2 marzo 2007
RUINI: UOMO E' SPESSO PRIOGIONIERO DEI PROPRI INTERESSI
Non confondere ateismo con agnosticismo
Roma, 2 mar. (Apcom) - Nell'attuale "clima culturale" l'uomo rimane spesso "prigioniero di una 'strana penombra' e delle spinte a vivere secondo i propri interessi, prescindendo da Dio e dall'etica". E' l'allarme lanciato questa mattina dal cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella prolusione dell'VIII Forum del progetto culturale intitolato "La ragione, le scienze e il futuro delle civiltà". "Soltanto la rivelazione, l'iniziativa di Dio che in Cristo si manifesta all'uomo e lo chiama ad accostarsi a Lui - sottolinea Ruini - ci rende davvero capaci di superare questa penombra".
Il presidente dei vescovi mette in evidenza come proprio questa "strana penombra fa sì che l'atteggiamento più diffuso tra i non credenti oggi non sia propriamente l'ateismo, avvertito come qualcosa che supera i limiti della nostra ragione non meno della fede in Dio - prosegue Ruini - ma l'agnosticismo, che sospende il giudizio riguardo a Dio in quanto razionalmente non conoscibile". In tal senso il numero uno della Cei, invita a considerare la risposta che Ratzinger offre a questo problema: "A suo giudizio infatti - afferma Ruini - l'agnosticismo non è concretamente vivibile, è un programma non realizzabile per la vita umana. Il motivo è che la questione di Dio non è soltanto teorica ma eminentemente pratica, ha conseguenze cioè in tutti gli ambiti della vita".
L'VIII Forum è il primo dopo il Convegno di Verona, che si tenuto a maggio, e il secondo dopo l'elezione di Papa Benedetto XVI. Il Papa, osserva Ruini, "ha affermato che il progetto culturale della Chiesa in Italia è 'senza dubbio un'intuizione felice e un contributo assai importante'". Si tratta di "un grande servizio che l'Italia è chiamata a rendere all'Europa e al mondo", ribadisce il presidente dei vescovi. Ruini non manca di accennare al discorso del Papa all'Università di Regensburg, e di fare un commento anche all'intervento di Habermas, ultimo dei grandi rappresentati della scuola di Francoforte ed autorevole interlocutore dell'allora cardinale Ratzinger nel dibattito a Monaco del gennaio 2004. Infine, un accenno anche al filosofo Kant.
Ruini al Forum del progetto culturale: “In Dio ragione-parola e amore si identificano”
Nella prolusione per la due giorni di lavori su “La ragione, le scienze e il futuro delle civiltà”
ROMA, venerdì, 2 marzo 2007 (ZENIT.org).- Con una articolata relazione, il Cardinale Camillo Ruini, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ha aperto il 2 marzo i a Roma i lavori dell’VIII Forum del progetto Culturale, incentrati sul tema: “La ragione, le scienze e il futuro delle civiltà”.
Di fronte ad oltre 150 intellettuali cattolici provenienti da tutta Italia, il Cardinale Vicario di Roma ha spiegato che “In Dio lógos e agápe, ragione-parola e amore, si identificano”.
Nella sua prolusione, il Presidente della CEI ha preso spunto dalle parole di Benedetto XVI, che al Convegno ecclesiale di Verona ha affermato che “il progetto culturale della Chiesa in Italia è senza dubbio un’intuizione felice e un contributo assai importante”.
Il Cardinale Ruini ha quindi precisato che “questo compito, 'culturale' nel senso più specifico e più alto del 'fare cultura', sta dentro al compito globale del 'grande sì' che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza e che rappresenta il modello fondamentale dell’evangelizzazione e della pastorale proposto da Benedetto XVI”.
Si tratta di un sì per verità e carità, ha aggiunto il Cardinale Vicario di Roma, affermando che la “forte unità tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti (...) è la chiave dell’efficacia della missione cristiana nel mondo”.
Secondo il porporato il progetto culturale ha molto a che fare con “quella missionarietà dell’intero popolo di Dio, e in esso specificamente dei laici, (…) così da tentare sempre di nuovo la saldatura tra fede e vita e da cercare di mantenere viva la caratteristica 'popolare' del cattolicesimo italiano senza ridurlo ad un 'cristianesimo minimo'”.
In merito sempre al progetto culturale, il porporato ha parlato di “processo in corso, o 'cantiere aperto'”, che ha ricevuto da Verona “un impulso di concretezza ma anche un più preciso orizzonte” (cfr. Il Cardinale Ruini traccia le “priorità” della Chiesa italiana dopo Verona ).
Ruini ha infatti spiegato che dopo “l’emergere della questione antropologica”, ora l'accento si è spostato sul “grande tema della verità, bellezza e vivibilità del cristianesimo, da pensare, vivere e proporre nelle condizioni di oggi e di domani, specialmente in rapporto alla ragione ed ai codici etici dell’Occidente neoilluminista, che tenta di universalizzare il suo secolarismo”.
Il Vicario di Roma ha quindi ricordato il discorso del Pontefice Benedetto XVI all'Università di Regensburg, incentrato sull’affermazione che “non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”, ed ha indicato come rilevante “il programma di allargare gli spazi della razionalità, proponendo così un dialogo, anzi un nuovo incontro della fede cristiana con la ragione del nostro tempo”.
Dopo aver respinto in maniera puntuale le critiche al discorso del Papa a Regensburg, sollevate dal filosofo della scuola di Francoforte Jürgen Habermas, il Cardinale Ruini ha ricordato l’Enciclica Dives in misericordia, dove Giovanni Paolo II spiegava che “la prospettiva del cristianesimo è simultaneamente e inseparabilmente antropocentrica e geocentrica”.
Citando quanto già affermato dal Pontefice tedesco, il Presidente della CEI ha ricordato che “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.
E cioè che “in Dio lógos e agápe, ragione-parola e amore, si identificano”, ha sottolineato.
Con questa affermazione il porporato ha voluto dimostrare come “il Dio biblico ama l’uomo e per questo entra nella nostra storia, dà vita ad un’autentica storia d’amore con Israele, suo popolo, e poi, in Gesù Cristo, non solo dilata questa storia di amore e di salvezza all’intera umanità ma la conduce all’estremo, al punto cioè di 'rivolgersi contro se stesso', nella croce del proprio Figlio, per rialzare l’uomo e salvarlo, anzi per chiamarlo ad un’intima unione di amore con Lui”.
“E’ questo il senso in cui il Dio biblico è agápe, amore che si dona gratuitamente, ed è anche eros, amore che vuole unire intimamente l’uomo a sé”, ha continuato Ruini.
“Il Dio della fede cristiana – ha concluso il Presidente della CEI – è dunque sì il Dio della metafisica, ma è anche, e identicamente, il Dio della storia, il Dio cioè che entra nella storia e nel più intimo rapporto con noi. E’ questa, secondo Joseph Ratzinger, l’unica risposta adeguata alla questione del Dio della fede e del Dio dei filosofi”.
Il “Progetto culturale” è stato proposto per la prima volta dal Cardinale Ruini al Consiglio Permanente della CEI riunito a Montecassino il 19 settembre 1994, per dare corpo agli orientamenti di Giovanni Paolo II nella direzione di una maggiore evangelizzazione della cultura e inculturazione delle fede in Italia.
Tuttavia è nel 1997 che viene pubblicato dalla presidenza della CEI il documento: “Progetto culturale orientato in senso cristiano. Una prima proposta di lavoro”.
In concreto il “Progetto culturale” non intende essere un nuovo settore della pastorale, ma si propone piuttosto come un altro modo di fare pastorale oggi, incentrato sul rapporto tra concezione dell’uomo e fede in Cristo, mirato a riaffermare la presenza viva e feconda della Chiesa nel mondo della cultura, a costruire una visione cristiana del mondo e a comunicare in modo originale la fede.
Agenzia Zenit
L'intervento completo del cardinale Ruini è disponibile qui "La ragione, le scienze e il futuro della civiltà" (dal blog del sempre ottimo Sandro Magister)
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