2 giugno 2007

Video BBC: gli articoli di Ferrara e di Bellasio


Vedi anche:

Aggiornamento della rassegna stampa del 2 giugno 2007 (2)

Le pagelle di Massimo Introvigne

Video BBC: lo speciale di Avvenire

Rassegna stampa del 2 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 2 giugno 2007 (1)

Gli articoli che i vaticanisti non hanno scritto...

Guardate un po' che cosa ho trovato (Gli articoli che i vaticanisti non hanno scritto 2)

SPECIALE: Il documentario della BBC dice il falso: ecco le prove!


La tv, i cristiani, la democrazia e Chateaubriand

Dobbiamo forse canonizzare in tv l’ignoranza di massa, santificare la stupidità corriva, premiare la viltà opportunista ideologicamente corretta, parificare e omologare il tutto nella coazione a pensare che la natura del sacerdozio è questionabile in nome della lotta alla pedofilia? No
Giuliano Ferrara

Del Conduttore Unico delle Coscienze non intendo parlare. La sua è una posizione povera, il livello della manipolazione professionale è estremamente basso (lo analizza e racconta in altra parte del giornale Daniele Bellasio, che ha visto il programma di giovedì scorso). Parlo invece di monsignor Rino Fisichella, che è uscito pulito da un tuffo nella spazzatura perché è gagliardo e bravo. Anzi, non parlo nemmeno di lui, parlo dell’unica cosa importante: la relazione tra il mondo cristiano e i mass media.
I cristiani si chiedono da duemila anni se, alla sua seconda venuta, Cristo troverà la fede nel mondo. Non si sa. Si sa che potrebbe trovare il talk show, il format privilegiato del relativismo contemporaneo, lo strumento di manipolazione più adatto a nascondere la verità o almeno a impedire la ricerca della verità. Il talk show se ne lava le mani, perché non è laico ma solo secolarista o neosecolarista, e lo share chiede la liberazione del bandito Barabba. La chiede in nome del fatto che ciascuno di noi preferisce essere lasciato in pace e individua nella ricerca della verità una minaccia al suo apparente benessere: posizione tipica del secolo e dei secoli, ma in particolare del secolo ideologico, diversa distinta e opposta a una vera posizione laica. La verità non soffre l’idea di un’altra verità in conflitto con essa, come dimostra il Papa quando discute della divinità del Signore con il
rabbino Neusner, ma le chiacchiere, quelle le soffre, soffre la coralità sottomessa al brusio infinito dell’opinione corrente. Il
problema è antico, e c’è un caso tipico, e fulgido, da segnalare.
Alla fine del Settecento, a Londra, Chateaubriand (1) scrive il suo “Genio del Cristianesimo”.
Il 14 aprile del 1802 pubblica.
Sono centinaia di pagine. E’ un’apologia dotta, fervente, luccicante e qua e là scombiccherata della religione cristiana. Ma non è un libro teologico o almeno non sta nella teologia o nella dottrina la sua intensità significativa, la sua densità semplice che fu il segreto di un grande e controverso successo. Il libro fu un tentativo di interrompere la messa in onda del talk show volterriano. “Voltaire, attaccando il cristianesimo, conosceva troppo bene gli uomini per non cercare di impadronirsi di questa opinione che si chiama opinione del mondo; perciò ha impegnato il suo talento nello sforzo di definire una sorta di bon ton dell’empietà.
E ci è riuscito rendendo la religione ridicola agli occhi della gente frivola” (“Génie du Christianisme”, pag. 704, Garnier Frères, Editeurs, ed. 1828). Non è precisamente questa la regola del moderno
talk show e di quel linguaggio televisivo che impasta i fatti fino a farli lievitare nella sua ombra, li rende suggestivi con l’immagine documentaristica, ne sequestra la verità complessa a colpi di sondaggi e statistiche manipolate ma facili, e li ributta nel pollaio come becchime a buon mercato, accompagnati dalla complice demenza della filosofia di MicroMega?
Chateaubriand era un convertito del cuore, fu romanziere di se stesso, politico contraddittorio, romantico ispirato e uomo insieme
lucente e tenebroso (le sue memorie furono scritte dall’oltretomba), ma questa l’aveva azzeccata. Scopo e piano della sua opera, scritta divinamente in ogni senso ma perfettamente umana e laica nella sua tessitura, erano fusi in un brand molto moderno:
cristiano è bello. Alla sapiente diffamazione volterriana, quando le puttanate sul clero morboso e chiuso erano scritte da un grande opportunista della Raison (che ci fece un sacco di soldi e si fece erigere una cappella nel suo castello) e non dagli scrivani della Bbc, replicati nella letteratura televisiva da ludibrio di Raidue e dei suoi complici aziendali, Chateaubriand oppose la luce della cultura, dell’arte, la bellezza della parola cristiana, dell’immagine, dell’architettura, del grande delirio estetico che aveva fondato il mondo occidentale su basi anche orientali, ebraiche e greche, traendo nei secoli il sacro dal profano e sviluppando una lectio divina monoteista e trinitaria, in cui sembrava che cielo e terra prendessero contatto, dall’orgetta interessante ma eccitata del paganesimo antico.
Il Conduttore Unico delle Coscienze è notoriamente di un’ignoranza abissale. Non per altro, ma perché ha studiato una sola cosa nella vita: come suggestionare il pubblico e offrirgli, sotto il simulacro della discuzzione in tv, un banale pregiudizio comprato al mercato. Come sbocco nel mercato del lavoro, lo studio affannoso e sudato era come si dice perfettamente propedeutico, e redditizio. Come servizio pubblico, caro il mio dottor Cappon, anzi Cappone, è uno sconcio. L’autore dello sconcio, mi dicono, ha cercato tutta la sera di far dire a monsignor Fisichella, che non ha abboccato, l’unica cosa che a lui interessava, a parte lo scopo ultimo e primo di dare l’impressione che il mestiere del prete, “ma naturalmente
stiamo parlando soltanto di fatti specifici, per carità”, è quello di farsi i bambini; la cosa che lo interessava era separare la chiesa, che si difende bene da sola, dai suoi difensori laici, che corrompono invece la verità. Anche questa il CUdC l’aveva orecchiata
(forse ha letto qualche articolo di Enzo Bianchi, di quelli più brevi). Ma gli era rimasta nel padiglione auricolare.
Si parva licet componere magnis, anche Chateaubriand fu criticato aggressivamente da chierici e laici, quando pubblicò la sua apologia del cristianesimo. Presentare quella religione laicamente come regno della bellezza equivale a corromperla, gli dicevano. Usare argomenti non eminentemente teologici, che non scaturiscano da
una fede vissuta, vuol dire fare della religione uno strumento, gli dicevano. E lui rispondeva così: “Quest’opera è concepita per essere letta dal letterato più incredulo, dal più leggero dei giovanotti, e letta con la stessa facilità con cui il primo scrive un libro empio, il secondo un romanzo pericoloso.
Dunque voi volete, gridano questi rigoristi così ben intenzionati verso la religione cristiana, voi dunque volete fare della religione
una cosa alla moda? Ah! piacesse a Dio che fosse alla moda, questa religione divina, nel senso che la moda è l’opinione del mondo!”
(ibidem, pag. 704). E a queste parole seguivano quelle già citate, e geniali, sulla necessità di interrompere la messa in onda del catechismo volterriano.
Noi laici che non possiamo e non sappiamo non dirci cristiani non abbiamo il problema di Chateaubriand, non difendiamo il cristianesimo come religione, anche quando ne sentiamo il vigore e la persuasività sul piano storico e teologico. Noi facciamo apologia della democrazia liberale rettamente formata e intesa, un sistema che non deve per statuto canonizzare l’ignoranza di massa, santificare la stupidità corriva, premiare la viltà opportunista ideologicamente corretta, parificare e omologare il tutto nella coazione a pensare che la natura del sacerdozio è questionabile in nome della lotta alla pedofilia; un sistema che per essere fedele a se stesso non deve per lo meno lasciare tutto questo senza risposta, e senza una risposta fondata anche sul bello, sul poetico, sul mirabile che c’è dietro la grandezza e la miseria, la superbia e l’umiltà di una grande avventura dello spirito universale qual è il cristianesimo. E ci preoccupiamo, perché non abbiamo ancora capito se il mondo cristiano, al quale ci affratellano idee di un certo spessore, come quelle di persona e di essere umano, abbia percepito fino in fondo la sfida della volgarità
quando a portarla siano i mass media.
Non sono io che devo difendere Fisichella, un vescovo, figuriamoci, un successore degli apostoli, è Fisichella che deve difendermi dai chierici del mio tempo, esercitando con me e con tutti gli uomini
liberi il diritto a una parola che sia bella e forte, bella perché forte e forte perché bella.

(1) François-René de Chateaubriand (4 settembre
1768 - 4 luglio 1848), scrittore e uomo politico francese

Il Foglio, 2 giugno 2007


SANTORO, UN INGRANAGGIO BEN RODA TO MA INGRIPPA TO

La manipolazione con l’imprimatur: applausi e share

di Daniele Bellasio

Roma. Dan Brown non vuole l’imprimatur del Vaticano. Michele Santoro è più ambizioso, vuole il coro “bella ciao” degli amici, l’appoggio non ostentato dei poteri neutri, la legittimazione di quelli che sceglie come avversari, per poi dire sui titoli di coda:
ringrazio tutti, visto?, che discussione civile.
Per Santoro era facile. Costringi un direttore generale indebolito, Claudio Cappon, a comprare un filmato di cui tutti parlano perché attacca la chiesa sul più abbietto dei delitti sessuali. Neanche un ingrediente pulp trash manca. Se poi ti censurano – ipotesi lontana dalla realtà, nonostante la chiesa abbia il potere di mettere a tacere tutto, a tacere davanti a 5 milioni di italiani – se ti censurano, si diceva, fai di censura virtù teologale. Se vai in onda, a parte la botta di share assicurata (21 per cento), scrivi una trama presunta sottile, sebbene casereccia, inviti un alto prelato e non punti sui fatti di cronaca – “sono casi singoli”, ha ripetuto – per evitare che ti sia risposto che sono “casi singoli”. Ma la butti sulla dazione di male ambientale, sul fumus occultationis, sul clima, sulla confusione tra diritto canonico e diritto penale, tra segreto processuale e segreto criminale; ti arrampichi sul terzo livello, su quanto dista il cupolone di Roma da un bimbo che per il dolore vuole morire in una baracca brasiliana, sulla cupola del silenzio, sul pastore che abbandona le pecorelle vittime delle violenze di altri pastori. Se l’accusa è di fumo, ti avvolge ed è più difficile liberarsene: un po’ comunque impregna i vestiti, quasi impossibile difendersi. Però nei meccanismi più semplici possono entrare granelli. Non basta rimandare in onda due volte l’ingrifato prete con le sopracciglia mefistofelicamente tirate all’insù che racconta come avvicinava le ragazzine. Non basta non citare, ovviamente, casi di accuse poi rivelatesi sbagliate. Non basta continuare a proiettare sugli schermi della controscena la fotografia del Nosferatu che violentava in Irlanda, con il suo volto flaccido e seminascosto da un paio di occhiali da sole stile Al Capone e da un’ombra proiettata sul suo corpaccione come fosse l’ingresso dell’inferno. Non basta inquadrare dal basso il volto, naturalmente triste e imbarazzato, di monsignor Rino Fisichella per ribadire: vedete, se lui è qui, io sono io, non un Santoro qualunque.
Non basta tutto ciò, perché alla fine poche frasi restano nell’aria più del fumo. “Provo tristezza”. “Vado a testa alta”. “Non dovevano diventare preti”. “Chiunque sa denunci ciò che sa. Tra le vittime c’è la chiesa”. Vedi che a volte qualcosa va storto, e tu laico da Piazza Navona ti messaggi con l’amica ancora più laica: “Forte questo Fisichella”.
Dunque se Marco Travaglio all’inizio declama una commovente lettera a Indro Montanelli, tanto per tornare ai presunti rivali che ti legittimano, tanto per ricordare censure subite, tanto per evocare che tra i cattivi resta sempre il Cav., tanto per citare un grande toscanaccio della destra anticuriale, poi ti capita che il placido monsignore ricorda quel toscanaccio, a Pasqua e a Natale, seduto nella chiesa di Piazza Navona, proprio Piazza Navona. Chi diffida delle frasi del tipo “guarda che io ho tanti amici ebrei”, avrà diffidato anche dell’esordio santoriano “guardi che io ho amici preti”, ma certo molti hanno sorriso benevoli alla risposta dell’accerchiato Fisichella: “Anche io”. Se poi hai bisogno di rendere autorevole la Bbc e la rubrica Panorama chiedendo a un tuo redattore: “E’ autorevole Panorama?”, risposta: “Sì, lo dice anche John Allen”, vaticanista americano che peraltro ha criticato quel reportage, e la flemma di Fisichella aggiunge di aver letto “Can We Trust the Bbc?”, libro di Robin Aitken, venticinque anni alla Bbc e più di un dubbio sull’obiettività della stessa, se ciò accade, vuol dire che non tutto è prevedibile. Certo, lo storto – come quell’errore su Ratzinger colpevole nel ’62 – può essere raddrizzato un po’ nella traduzione del filmato, e mentre sta per notarlo un ospite in studio si può premettere: sì, lo abbiamo corretto, la frase era un po’ ambigua. L’autorevole ha bisogno di correzione? Vedi che non tutto è prevedibile. Ma come?, tu costruisci un finale sulla chiesa che si disinteressa delle vittime e – a parte le smentite: c’è la tal associazione, il tal processo è iniziato – poi salta su un ragazzo invitato perché delle Acli, magari progressista, e come ti smonta tutto? “Avete dipinto la chiesa come una mafia… ne faccio parte anche io e ne sono orgoglioso”. Allora giri su Vespa e sul terzo segreto di Fatima.

Il Foglio, 2 giugno 2007


Grande, grandissimo, Bellasio :-)))

Per la cronaca il vaticanista John Allen critico' aspramente il video della BBC. Fu a lui che il pedofilo (ex prete) che compare all'inizio ed alla fine del filmato scrisse per chiarire che non si trattava di un'intervista alla BBC ma di una registrazione ad uso dei suoi avvocati. Disse anche che erano state omesse molte precisazioni sul "Crimen sollicitationis" (vedi http://ncrcafe.org/node/530). Bella obiettivita', cara BBC!

Raffaella

4 commenti:

mariateresa ha detto...

cara Raffaella, devo dire che dopo tanta rassegna stampa (grazie davvero)l'impressione netta è che Monsignor Fisichella ne sia uscito davvero a testa alta, suscitando anche ammirazione
Riguardo ai vaticanisti,sì è veramente curioso,cominciano a sentirsi adesso, magari su giornali locali o io ne ho sentito qualcuno in radio (Magister e Politi) o stamattina in televisione.Ma sui giornali no.Noto che anche sul blog di Accattoli questa domanda, sulla latitanza dei vaticanisti, è stata posta con tutta forza, ma la risposta è stata vaga ed eventuale.....Insomma non è stato un caso, ma una scelta editoriale, una scelta che secondo me li ha umiliati professionalmente ( e la cosa non è avvenuta solo in questa occasione). Devo dire anche che nessuno di quelli che ho sentito ha dato ragione al documentario, anche fra i tradizionalmente più ostili.
Ancora grazie per tutto il lavoro umano e documentario che hai fatto.

Luisa ha detto...

Luigi Accattoli ha risposto sul suo blog in maniera più dettagliata. È più che chiaro che i vaticanisti sono stati tenuti in disparte perchè l`affare "video BBC" è stato condiderato come affare dipendente dalla rubrica media e non religiosa !
Non penso che questa decisione sia molto piaciuta ai vaticanisti che hanno dovuto apparentememte subirla!
Poi noi siamo liberi di pensare quello che vogliamo circa questa linea redazionale.
Se le accuse portate contro il Papa e contro la Chiesa non erano della competenza dei vaticanisti,perchè allora l`anno scorso ne hanno potuto parlare, come Politi ,e non oggi? E quali articoli allora sono della competenza dei vaticanisti?
Mah, mi sembra che ci siano molte lezioni da tirare da questa triste storia, e non per ultimo la constatazione o meglio confermazione del funzionamento dei media ,che deve renderci sempre più attenti , responsabili e.....svegli!
E ancora grazie a Raffaella alla quale sono infinitamente riconoscente, e sai che ti dico, spero, anzi sono sicura che sei piena di forza e coraggio, perchè , ho l`intuizione che sconfina nella certezza,che dobbiamo aspettarci altri episodi di questo genere, ma dovunque i media vorranno andare, non ci trascineranno con loro , sapremo smontare e denunciare i loro giochetti che del resto diventano sempre più visibili, risibili e infantili!

Anonimo ha detto...

Cara Mariateresa, grazie a te per l'appoggio e per i post cosi' intelligenti ed arguti.
Condivido la tua riflessione sui vaticanisti. Si e' persa una grande occasione di fare del buon giornalismo riportando dati e fatti.
Non sarebbe stato difficile visto che i testi erano gia' stati scritti lo scorso anno in occasione del discorso del Papa ai Vescovi irlandesi sulla pedofilia.
E' come se qualcuno (qualche potere forte, qualche lobby) avesse chiuso a chiave gli archivi dei giornali.
La mia amarezza non accenna a diminuire ma ora, piu' che mai, ho la certezza che la corretta informazione si forma leggendo direttamente i testi scritti o pronunciati dal Papa. Leggiamo, quindi, i giornali, guardiamo i tg, ma poi formiamici una nostra opinione personale.
Mons. Fisichella e' una persona eccezionale.
Ciao
Raffaella

Anonimo ha detto...

Grazie a te cara Luisa :-)