2 giugno 2008

Card. Bagnasco: "La Chiesa in Italia luogo d'incontro per promuovere valori condivisi" (Osservatore)


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Il cardinale Angelo Bagnasco a conclusione dell'assemblea generale dei vescovi

La Chiesa in Italia luogo d'incontro per promuovere valori condivisi

di Marco Bellizi

La Chiesa, in Italia come altrove, ha a cuore il bene comune, è contraria a una concezione conflittuale del rapporto tra fede e politica ed è lontana da qualsiasi volontà di ingerenza. È quanto ha ribadito il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), in occasione della conferenza stampa che si è tenuta a conclusione della 58ª assemblea generale dei vescovi. Un incontro nel quale si sono affrontati diversi temi contingenti della vita del Paese: riguardo all'immigrazione, ha detto il presidente della Cei, accoglienza e sicurezza sono i due punti basilari. Riferendosi ai Centri di permanenza temporanei allestiti in Italia, occorre che "ciò che deve essere temporaneo non diventi troppo prolungato, tanto meno permanente. Qualunque provvedimento il Parlamento prenda - ha detto il cardinale - deve rispondere alla duplice necessità di salvaguardare la doverosa sicurezza per i cittadini e l'accoglienza che da sempre caratterizza la storia del nostro popolo".
Ma il cardinale si è soffermato soprattutto sul concetto di laicità, che "attinge - ha spiegato - la sua sorgente nello stesso Vangelo. "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" è un valore radicato nel Vangelo al quale la Chiesa tiene sia per il bene dello Stato sia per il bene della Chiesa". La Cei, ha spiegato il cardinale, rifiuta una visione integralista dei rapporti tra fede e politica e intende piuttosto proporre valori condivisibili da tutti: "Ci sono umanesimi diversi dal punto di vista culturale: c'è quello di stampo personalista dove la concezione è sostanzialmente relazionale, e quello di stampo più individualista, dove la persona è un'isola tra le isole. Ma penso - ha aggiunto il porporato - che tutte le forze in campo sempre più si ispirino a una concezione dove il valore della relazione sia sorgente ispirativa e fondante di decisioni concrete. Non credo assolutamente al pericolo di una "religione civile". In tutto il mondo la fede ha una ricaduta sociale, ma questo non comporta la creazione di una religione a servizio del trono e viceversa. Le tentazioni anche in questo campo sono umane ma noi sappiamo che la laicità attinge allo stesso Vangelo nel quale riponiamo la nostra fede, è cioè un valore radicato, al quale la Chiesa tiene sia per il bene dello Stato che per il bene della Chiesa stessa il cui compito è sicuramente quello di essere sale e lievito della storia, ma anche "luce sopra il candelabro" e "città posta sopra il monte": immagini che sono configurate insieme". Del resto, ha sottolineato il cardinale, "fede e ragione non parlano linguaggi opposti, ma la ragione viene assunta dalla fede, come ci dice Benedetto xvi, che è un attento oltre che capace utilizzatore di questo linguaggio inclusivo". E anche l'immagine del sagrato evocata dal presidente della Cei nella prolusione a questa assemblea "vuole essere un simbolo, l'indicazione che esiste un terreno d'incontro come è tradizione nella storia del cattolicesimo italiano, per il quale il sagrato è sempre stato uno spazio di congiunzione e di dialogo tra la Chiesa e il mondo, tra il sacro e il profano, uno spazio di incontro che testimonia la prossimità della Chiesa, in forme che vanno oltre le comuni iniziative pastorali".
Esiste però, ha rilevato il presidente della Cei, una difficoltà a comprendere questa realtà, della quale talvolta si coglie solo "un'immagine politica": "non ci sono forme e volontà di ingerenze nelle cose pubbliche. I vescovi semplicemente esercitano il loro magistero sui temi dell'etica. Servono serenità e oggettività nel riferirlo, perché questo possa essere capito". I mass media, cioè "dovrebbero dare una corretta informazione su quanto vescovi e Chiesa dicono". E se "è difficile sintetizzare un'enciclica in un articolo", come ha ammesso il cardinale Bagnasco, "neanche si possono accettare le "precomprensioni" da parte dei media". In tema di comunicazione, ha poi concluso il cardinale allargando il suo ragionamento all'intero sistema dell'informazione, "tutti siamo convinti della grande responsabilità che i mass media hanno in ordine alla formazione della cultura: auspico che prevalga il positivo nella comunicazione delle cose, non perché vogliamo chiudere gli occhi davanti alla realtà delle cose, nella quale c'è anche una schiuma negativa, che esiste ma è appunto schiuma. Sarebbe auspicabile dare un'informazione più attenta a ciò che di buono c'è e che dovrebbe essere riconosciuto".
Fra i temi per i quali è auspicabile una corretta informazione vi è certamente quello relativo all'istruzione. A questo proposito, il cardinale Bagnasco ha fatto notare come il sostegno invocato dal Papa per le scuole cattoliche non violi affatto le norme della Costituzione italiana: "In Italia - ha spiegato - l'attuale sistema educativo prevede la scuola pubblica", e non più "la suddivisione tra scuola statale e scuola privata. La scuola pubblica - ha continuato - può essere statale o parificata, ma sempre all'interno dell'ordinamento scolastico nazionale del quale lo Stato è garante. E se dunque tutte le scuole che rientrano in tale ordinamento fanno servizio pubblico non è corretta per gli istituti cattolici che rispettano tali requisiti (e sono la stragrande maggioranza) la dizione di scuola privata", che esclude il sostegno pubblico. Come vescovi, ha ribadito il cardinale Bagnasco, "auspichiamo che sia riconosciuta la libertà educativa dei genitori, cioè la libertà che compete loro di offrire la forma educativa che ritengono più consona, si tratta di un diritto-dovere che nessuno può sostituire". E dunque "l'intervento a sostegno della scuola cattolica da parte delle istituzioni non è un privilegio per quel tipo di scuola ma tiene presente un diritto irrinunciabile".
Infine, i temi più squisitamente politici: i vescovi italiani sono soddisfatti sia per la partecipazione al voto, sia per il nuovo clima di collaborazione scaturito dopo le elezioni. "Avevo già auspicato - ha ricordato il cardinale Bagnasco - che ci fosse una forte partecipazione al voto come fatto di democrazia e che, qualunque fosse l'esito delle elezioni, si arrivasse a un clima più collaborativo, più costruttivo per il bene del Paese. In questo senso abbiamo dato voce a un sentire diffuso tra la gente". La Chiesa in Italia si riserva di giudicare l'operato del Governo in risposta alle esigenze del Paese senza pesare la presenza dei cattolici nella distribuzione delle cariche: "I cattolici non sono necessariamente - ha precisato il cardinale - quelli che vivono all'interno di un'esperienza specifica o di un movimento. Noi guardiamo i frutti e i buoni frutti possono venire da qualunque parte".

(©L'Osservatore Romano - 1 giugno 2008)

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