20 luglio 2007
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È stato papa Giovanni Paolo II a dare per primo un impulso alla presenza femminile
ORAZIO LA ROCCA
CITTÀ DEL VATICANO - «Sono stata assunta alla Congregazione per la dottrina della Fede nel 1999 quando prefetto era Joseph Ratzinger, un cardinale eccezionale, comprensivo, attento ai problemi del personale, col quale mi sono subito trovata a mio agio». Anna Rotigliani è una delle prime 5 donne - di cui una suora - che lavorano nell´ex Sant´Uffizio, il dicastero diretto per 25 anni da Ratzinger fino alla elezione papale. Le prime donne in servizio alla Dottrina della fede che, in un certo senso, hanno contribuito a portare una ventata di aria nuova in una delle istituzioni vaticane più antiche, ma anche più temute e discusse.
Una presenza femminile, comunque, ancora molto limitata, avendo l´ex Sant´Uffizio 97 dipendenti tra laici e religiosi, coordinati da un consiglio di 19 cardinali e 2 vescovi, presieduti dal prefetto-cardinale Joseph Levada. Cifre e percentuali quasi simili alle altre istituzioni pontificie, salvo alcune eccezioni come le sezioni di restauro ed archivistiche dei Musei, dove il numero delle donne è molto più consistente. È forse anche per questo che il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone mercoledì scorso, dopo essere stato a colloquio con Benedetto XVI a Lorenzago in Cadore, ha annunciato che la Santa Sede «presto» provvederà a potenziare la presenza «rosa» nella Curia vaticana, specialmente nei vertici. «È una buona notizia - commenta Anna Rotigliani - se il cardinal Bertone lo ha detto vuol dire che avrà avuto i suoi buoni motivi, e noi siamo contente».
Stesso giudizio anche da suor Maria Sebastiana Posati, la religiosa più alta in grado della Segreteria di Stato, dove svolge il ruolo di minutante, appellativo che Oltretevere viene riservato agli impiegati. «Quando si parla di assunzioni è sempre positivo, ma lo è ancora di più - specifica suor Posati - quando si fa espressamente riferimento alle donne anche per i posti di responsabilità. Ci fa piacere, anche perché lavorare qui, in Vaticano, per servire la Chiesa e il Santo Padre è bello ed emozionante».
Malgrado l´entusiasmo di suor Posati, le donne in Segretaria di Stato sono veramente poche, solo 32 (di cui 15 suore) su 197 dipendenti tra laici e religiosi. Una percentuale, però, di gran lunga inferiore al rapporto uomo-donna tra i dipendenti della Santa Sede, dove - stando ai dati aggiornati al 31 dicembre 2006 - su 2300 dipendenti, le donne sono circa 500, vale a dire circa il 20 per cento. «C´è da dire che negli ultimi anni la presenza femminile in Vaticano è cresciuta grazie alla spinta di quel grande papa che è stato Giovanni Paolo II e che ora Benedetto XVI sta egregiamente continuando», spiega l´arcivescovo Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato. «È vero - ammette il presule, che è anche membro dell´Ufficio del Lavoro della Santa Sede - gli uomini ancora sono in maggioranza, ma a breve la presenza delle donne sarà potenziata, specialmente nei posti di responsabilità, avendo sempre come fine quell´esortazione a tenere nella giusta considerazione il "genio femminile" secondo gli insegnamenti di papa Wojtyla». Per ora il ruolo di maggiore responsabilità ricoperto da una donna in Vaticano è appannaggio di una religiosa, suor Enrica Rosanna, sottosegretario alla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, uno dei dicasteri a più alta presenza femminile con 33 donne, preceduta dai Musei (77 donne) e dalla Congregazione per l´Evangelizzazione dei popoli (42 donne). Ma solo altri due uffici dirigenziali sono in mani femminili, il ruolo di capo ufficio della Fabbrica di San Pietro, diretto da Maria Cristina Carlo-Stella, e la segreteria dei Musei vaticani, diretta da Edith Cicerchia.
© Copyright La Repubblica, 20 luglio 2007
Dove comanda la "Papessa"
La leader dei Focolarini e l’apertura di Bertone alle donne: a Roma non c’è maschilismo
GIACOMO GALEAZZI
CITTA' DEL VATICANO
Magari all’inizio qualche sacerdote non vedeva di buon occhio un movimento fondato da una donna. Ma il carisma dell’unità è stato capito dai papi e oggi sono centinaia i cardinali e vescovi legati ai Focolari. Dal rifugio svizzero di Montana, dove è in vacanza, Chiara Lubich (classe 1920, come Giovanni Paolo II), leader dei Focolarini, definita la «donna più potente della Chiesa mondiale», commenta la svolta del segretario di Stato Tarcisio Bertone che annuncia più ruoli di responsabilità al femminile.
Karol Wojtyla le ha donato la sala delle udienze di Castelgandolfo e, scherzando sui pochi mesi che li separava, la chiamava «sorella maggiore». Joseph Ratzinger, da prefetto dell’ex Sant’Uffizio, permise all’episcopato di aderire al movimento e da papa ne ha approvato la «regola». Eppure dalla Trento dei primi anni ’40 non sono mancate ombre di misoginia sul cammino di una multinazionale della spiritualità che al primo punto dello statuto cita il testamento di Cristo: «Che tutti siano uno». Oggi il volto di Chiara Lubich è con quello di Madre Teresa nel santuario brasiliano di Aparecida. Per «comporre in unità la famiglia umana», Lubich ha dovuto vincere le resistenze di un universo al maschile.
«Nella Seconda guerra mondiale ero terziaria francescana, 500 persone mi seguivano finché il vescovo di Trento, Carlo De Ferrari, m’impose di separare il Terz’Ordine dal Movimento dell’Unità che avevo creato dicendo: “Qui c’è il dito di Dio” - racconta Lubich-. In sei decenni, più che il maschilismo, nella Chiesa ho avvertito la grazia della comprensione. Giovanni XXIII ha dato l’approvazione al movimento, Paolo VI è stato un padre e ha riconosciuto la struttura organizzativa». Ora i Focolari sono in tutto il mondo e in Italia sono sostenuti soprattutto dai cardinali di Firenze, Milano e Napoli, Antonelli, Tettamanzi e Sepe; il vicario papale Ruini ha istituito con Lubich il coordinamento del laicato (in prima linea al “Family day”), il vescovo di Benevento, Mugione, ha donato l’ex seminario diocesano, i cardinali di Curia, Poupard e Mayer, come il ministro dei Laici, l’arcivescovo Rylko, hanno favorito la crescita del movimento.
Giulio Andreotti partecipa alla loro messa, Prodi («ci unisce stima e una vecchia frequentazione») partecipa ai loro raduni ecumenici a Stoccarda, mentre il Movimento per l’unità, il loro braccio politico, raccoglie adesioni trasversali in Parlamento. «In ogni partito c’è qualcosa di vero e di buono da far emergere e valorizzare per il bene comune», precisa. Più potere al femminile, però, non significa ordinazione sacerdotale delle donne: «Il valore della donna è altro, il suo contributo non è necessariamente il sacerdozio, ma la vita, l’amore, la realtà umana in cui la donna può entrare più facilmente». Hanno avuto qualche difficoltà con sacerdoti per cui le cose di Chiesa erano cose da uomini. Poi il Concilio e la conoscenza del movimento hanno aiutato a chiarire. Uno dei principali supporter è stato l’arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla. «Quando è stato eletto Papa, è stato facile il contatto con lui, così attento al “genio delle donne”. Ho avuto tante conversazioni e pranzi con lui. Mi sono sempre sentita considerata, quasi come una sorella. Nel ’98 ha riunito i movimenti e da allora replichiamo l’incontro».
Quando poi esponenti dell’episcopato vogliono entrare nel movimento, Lubich chiede il permesso al cardinale Ratzinger e lui acconsente. La formula da lui ideata è il “legame spirituale” tra Focolarini e vescovi (come il porporato di Praga, Miloslav Vlk). «Del gruppo oggi fanno parte circa 700 presuli di ogni paese, inclusi protestanti, anglicani e ortodossi - afferma -. Siamo amici di Azione cattolica e facciamo iniziative con altri movimenti. Ora la Chiesa ci ha chiesto di scrivere ciò che siamo per ottenere un riconoscimento, così abbiamo presentato gli statuti generali aggiornati e ottenuto l’approvazione. L’opera è completa».
© Copyright La Stampa, 20 luglio 2007
I dubbi dei vescovi: Gesù non le ha scelte come apostoli
CITTÀ DEL VATICANO
«Gesù ha scelto come apostoli 12 uomini e nel Vangelo le donne sono collaboratrici, a partire dalla Maddalena». L’arcivescovo di Curia, Francesco Gioia, mette le mani avanti rispetto alla «rivoluzione rosa» annunciata Oltretevere dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone («Più impostanza alle donne nella Chiesa»). «La distinzione di ruoli nella Chiesa è una tradizione che risale alla volontà di Cristo e si fonda su due millenni di Magistero - spiega il presule -. Le donne hanno già rilevanti compiti ecclesiali: nella famiglia, la madre è la prima catechista e nelle parrocchie l’apostolato femminile è il motore delle opere sociali ed educative. Questa complementarietà dei ruoli va intesa come forma di servizio». Difficile, quindi, realizzare in concreto un cambiamento dei rapporti di forza nella macchina curiale o tracciare quote rosa. «I vertici della Curia, i prefetti e segretari delle congregazioni e pontifici consigli non possono che essere uomini, avere l’ordinazione episcopale ed essere uniti al Papa e al collegio dei vescovi - puntualizza Gioia -. La questione è stata ribadita da Giovanni Paolo II, che all’antropologia femminile ha dedicato documenti illuminanti come la lettera “Mulieris dignitatem”».
Scettico sulle reali possibilità di cambiamento anche monsignor Vittorino Grossi, prima segretario e ora membro del Pontificio comitato di scienze Storiche: «Occorre distinguere il condizionamento culturale dal fatto religioso in sé. Finora ci si è sempre allineati alla tradizione apostolica e alla prassi pur non mancando eccezioni ed esempi contrastanti in due millenni di cristianesimo. In Asia Minore c’erano profetesse e ci sono giunte testimonianze di donne che presiedevano l’eucarestia. Secondo antiche eresie la Madonna era sacerdote. In realtà le donne possono coprire ogni ruolo nella Chiesa tranne quello sacerdotale. La Chiesa si è data la regola che a capo di un dicastero ci sia un vescovo, quindi necessariamente un uomo».
Il vescovo Karl Josef Romer, segretario del dicastero vaticano per la Famiglia, distingue nettamente l’apertura del cardinale Tarcisio Bertone dal no immodificabile al sacerdozio femminile: «Gesù, dopo una notte intera di preghiera, non ha scelto donne come apostoli. È significativo che in tante cose Cristo sia andato scandalosamente contro la mentalità del tempo ma non in questa. Ciò non toglie che in certi ambiti le donne possano raggiungere una funzione più alta e prendere parte alle decisioni nella gestione finanziaria o in incarichi vaticani oggi ricoperti da uomini. Non sempre nella Chiesa le donne hanno occupato posti che avrebbero potuto occupare, malgrado la femminilità sia una forma d’immagine di Dio».
© Copyright La Stampa, 20 luglio 2007
Quote rosa in Vaticano Le donne conquistano le poltrone della Curia
di CATERINA MANIACI
ROMA Donne in ascesa in Vaticano, verso posti-chiave della Curia. Lo annuncia il segretario di Stato, in cardinale Tarcisio Bertone, ma lo avevano già pensato papa Giovanni Paolo II e il suo successore Benedetto XVI. Ora, l'idea dovrebbe essere tradotta in pratica, visto che il cardinal Bertone ha voluto andare ancora più in là, dichiarando che «stiamo disegnando le nuove nomine in Vaticano, tutti lo sanno, e nel quadro delle responsabilità, dei carismi, delle potenzialità delle donne ci sono incarichi che assumeranno». Difficile sapere esattamente di chi si tratta e a quale ruolo sarebbe assegnata. Ci sono donne in vista in Curia e nei vari Pontifici Consigli, senza contare che in Vaticano sono sempre più numerose le figure femminili che sono apprezzate e sono indicate per incarichi sempre più di prestigio. Anzi, circolano battute di questo tipo: «Perché non dovremmo avere più donne? Lavorano un sacco, sono brave... Se poi fossero pure belle, la cosa non guasterebbe affatto». C'è però da fare una considerazione preliminare, per così dire. Alla guida delle varie Congregazioni (che grosso modo possiamo paragonare a ministeri e che costituiscono il cuore della Curia e quindi dello stesso Vaticano) ci sono cardinali; lo scalino più in basso, gerarchicamente, è quello del segretario, che però, spesso e volentieri, è un ruolo di grande importanza e di effettivo peso. Se si diventa segretario di Congregazione si deve avere il titolo di vescovo. Le donne, nella Chiesa Cattolica, non possono diventare vescovi, malgrado le varie pressioni esercitate da movimenti vari di matrice progressista (come quello di "Noi siamo Chiesa"). Per questo le donne non potranno assumere ruoli di maggiore importanza della qualifica di sottosegretario, come è successo a suor Enrica Rosanna, nominata qualche tempo fa appunto sottosegretario della Congregazione per la Vita Consacrata. La sua è la posizione più "elevata" e il suo nome potrebbe essere preso in considerazione per futuri incarichi di prestigio, anche per via delle sue grandi capacità, disponibilità e dedizione. Mary Ann Glendon è un'altra donna di spicco Oltretevere, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e membro del Pontificio Consiglio per i Laici. Al Pontificio Consiglio Cor Unum c'è suor Fara Gonzales, che viene da Cuba, mentre Maria Eugenia Diaz de Pfennich è membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Grande considerazione gode la norvegese Janne Haaland Matlary, vincitrice del premio San Benedetto di quest'anno, una figura di spicco del mondo politico norvegese, dove ha ricoperto il ruolo di vice ministro degli Esteri. Madre di quattro figli, una conversione "matura" al cattolicesimo, attualmente insegna all'università di Oslo; è membro del Pontificio Consiglio per la Famiglia e del Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la pace. La Matlary e la Glendon, apprezzatissime da Giovanni Paolo II e ora da Benedetto XVI, si dice che contino più di veri e propri cardinali. E da segnalare anche suor Sara Butler, che insieme con Barbara Hallensleben, fa parte della prestigiosa Commissione Teologica Internazionale. Per tutte loro ci potrebbero essere nuove prospettive nel "ridisegno" della Curia a cui sta ponendo mano il pontefice. Benedetto XVI ha indicato con grande chiarezza che vita, famiglia educazione sono i "valori non negoziabili" e i punti cruciali a cui guarda anche il suo pontificato. E sono i temi in cui le donne sono più coinvolte e chiamate in causa. È naturale attendersi che proprio in questi settori cruciali potranno essere chiamate a ricoprire ruoli sempre più importanti e, concretamente, si pensa alla Congregazione per l'educazione cattolica, o il Pontificio Consiglio per la Famiglia, la Pontificia Accademia per la Vita. Senza contare la nuova folta schiera di super-studiose sfornate ogni anno dalle varie università pontificie, dove le donne sono arrivate per ultime ma, a grande velocità, stanno guadagnando le prime posizioni. LE
FIGURE-CHIAVE IN POLE POSITION
È suor Enrica Rosanna, nominata qualche tempo fa appunto sottosegretario della Congregazione per la Vita Consacrata, la donna "più in alto" nelle cariche in Vaticano.
LE PIÙ ASCOLTATE
L'americana Mary Ann Glendon e la norvegese Janne Haaland Matlary. In Vaticano, contano già più di molti cardinali veri. La prima, Glendon, è presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali e del Pontificio consiglio per i laici; la seconda, Haaland, del Pontificio consiglio Giustizia e Pace. Sono state le teste d'uovo di Giovanni Paolo II per tutto ciò che riguarda i diritti umani; molto in sintonia e apprezzate dal cardinale Joseph Ratzinger e ora papa Benedetto XVI.
© Copyright Libero, 20 luglio 2007
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