20 settembre 2007

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MARCO TOSATTI

Benedetto XVI legge i giornali, o almeno vede la televisione: e prende spunto - come ieri - dalla storia antica per scherzare su un tema delicatissimo, le tasse. Lo fa in maniera sufficientemente neutra per non farsi interpretare o strumentalizzare dai politici, come invece è accaduto al suo Segretario di Stato al «meeting» di Rimini nell'agosto scorso. Durante l’udienza generale papa Ratzinger rendeva edotte decine di migliaia di fedeli sulla vita e le opere di san Giovanni Crisostomo («bocca d’oro», a causa della sua eloquenza), un grande personaggio della storia della Chiesa, nativo di Antiochia, la città siriana che si trova oggi nel Sud della Turchia. «Tenne omelie contro gli ariani, seguite da quelle commemorative dei martiri antiocheni - ha detto il Papa - e da altre sulle festività liturgiche principali: si tratta di un grande insegnamento della fede in Cristo, anche alla luce dei suoi Santi. Il 387 fu l’"anno eroico" di Giovanni, quello della cosiddetta "rivolta delle statue". Il popolo abbatté le statue imperiali, in segno di protesta contro l'aumento delle tasse. In quei giorni di Quaresima e di angoscia a motivo delle incombenti punizioni da parte dell'imperatore, egli tenne le sue 22 vibranti Omelie sulle statue, finalizzate alla penitenza e alla conversione». A questo punto Benedetto XVI ha alzato gli occhi dal discorso, e sorridendo ha improvvisato: «Si vede che alcuni corsi della storia non cambiano...».
Un’annotazione leggera leggera; ma nell’estate in cui il presidente del Consiglio ha rimproverato alla Chiesa di non stigmatizzare a sufficienza gli evasori fiscali, con logico seguito di polemiche e rabbuffi, è comunque un gesto coraggioso. Ma se Benedetto XVI ha volato a quote rarefatte, Tarcisio Bertone con piglio salesiano il 24 agosto ha detto pane al pane (e cioè a Prodi): «Noi siamo con il Vangelo che dice di dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, e con San Paolo che invita a pagare le tasse». Poi ha precisato: «Tutti dobbiamo fare il nostro dovere anche nel pagare le tasse secondo leggi giuste e nel destinare i proventi delle tasse a opere giuste e all'aiuto dei più poveri e più deboli». Per togliere ogni dubbio, ha citato anche il salmo 71 che agli occhi dei cattolici impegnati nella cosa pubblica «dovrebbe essere il programma del politico cristiano: rendere giustizia ai poveri e salvare la vita ai miseri». Quindi, chi gestisce l’autorità è tenuto ad «avere attenzione ai più deboli e a far sì che non ci siano ingiustizie nella distribuzione delle risorse dello Stato».
Parole chiare, ma interpretabili. E così nei giorni in cui Umberto Bossi minaccia una «rivolta delle statue» padana, la Lega esulta per quello che viene definito «l'avallo vaticano alla mobilitazione contro le imposte inique». «Le dichiarazioni del cardinal Bertone - dichiarò il leghista Roberto Calderoli - rappresentano il miglior viatico per la rivolta fiscale che intendiamo mettere in atto, una vera benedizione». L’ala laica della maggioranza gridò all'ingerenza ecclesiastica in questioni di esclusiva competenza dell'autorità civile. Il porporato fu difeso, contro i suoi compagni di schieramento padani, dal capogruppo dell'Udc alla Camera, Luca Volontè: «È incomprensibile per chi conosce la dottrina sociale della Chiesa e la storia dei cristiani tirare per la giacchetta il cardinale Bertone e usare le sue parole in un senso o nell'altro». E in effetti, a ben vedere, il Segretario di Stato si è limitato a dire, in parole piane, quello che il catechismo della Chiesa, valido per tutto il mondo, dice quando parla di tasse e fisco. Rafforzato da un documento della Cei («Educare alla legalità») che ricorda che «tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva».

© Copyright La Stampa, 20 settembre 2007


Santo anti-corruzione

Il dottore della Chiesa che sfidò i potenti

Giovanni «Crisostomo» è uno dei 33 Dottori della Chiesa ed è commemorato come santo. Nato ad Antiochia (probabilmente nel 349), nel 398 diventò patriarca di Costantinopoli. Fu un eccelso oratore: la sua eloquenza è all'origine dell’epiteto Crisostomo, in greco antico «Bocca d'oro». Si impegnò con passione fino alla morte (avvenuta sulle rive del Mar Nero nel 407) a predicare sia contro la rilassatezza dei costumi ecclesiastici sia contro la corruzione e i privilegi dei potenti. Tanto che l'imperatrice Eudossia, con l'appoggio del patriarca di Alessandria, indisse un processo contro di lui e lo fece deportare e condannare all'esilio. Papa Giovanni XXIII pose il Concilio Vaticano II sotto la sua protezione.

© Copyright La Stampa, 20 settembre 2007


Le tasse di Prodi fanno ridere anche il Papa

di RENATO FARINA

Cuntènt, Prodi? Era stato Romano, su Famiglia cristiana, a lamentarsi con i preti perché non parlano mai di tasse durante le omelie o la dottrinetta all'oratorio. Seguirono risposte furiose di teologi e di politici, di cardinali e di onorevoli: pro e contro. Citazioni del comma numero tot del catechismo e della lettera ai Corinzi, no agli Efesini, insomma ai Romani di san Paolo, anzi di san Giacomo. Morta lì. Era rimasta una scazzottata estiva di carta e inchiostro. Finché ieri durante la più solenne delle catechesi al mondo, quella che si tiene ogni mercoledì in piazza San Pietro, il nostro premier è stato accontentato dal Sommo Pontefice. Possiamo dirlo? Lo ha sotterrato con una risata, anche se propriamente Ratzinger al massimo sorride. Ma la battuta c'è stata, eccome. Il premier voleva che i sacerdoti battessero i pugni sulla balaustra del pulpito per chiedere al pueblo di alzare le mani dinanzi al Modello Unico? Pronti. Ieri il Papa ha parlato di tasse. Ecco la sequenza. Il tema della lezione papale è san Giovanni da Antiochia, detto Crisostomo, cioè Bocca d'oro per la sua eloquenza spettacolare. Visse nel quarto secolo dopo Cristo ad Antiochia, oggi in Turchia, a quel tempo una città immensa, di mezzo milione di abitanti. Il Papa racconta: «Il 387 fu l'"anno eroico" di Giovanni, quello della cosiddetta "rivolta delle statue". Il popolo abbatté le statue imperiali, in segno di protesta contro l'aumento delle tasse». Pausa. Sorriso. Alza lo sguardo dai fogli. Aggiunta a braccio: «Si vede che alcune cose nella storia non cambiano». Sorriso suo, travolto dagli applausi e dall'ilarità dell'udienza generale. Continua serio: «In quei giorni di Quaresima e di angoscia a motivo delle incombenti punizioni da parte dell'imperatore, egli tenne le sue 22 vibranti Omelie sulle statue, finalizzate alla penitenza e alla conversione. Seguì il periodo della serena cura pastorale (387397)».

Rivolta di popolo

Curiosità. Cosa avrà voluto dire il Papa davvero? Ha dato voce al sentimento popolare. Le rivolte, anche quelle cristiane, sono ribellioni del popolo contro il potere per le tasse e la corruzione. Le tasse imposte al tempo della corruzione sono insopportabili. La Chiesa non può mettersi dalla parte degli esattori. E neanche aiutare la gente a buttar giù le statue. Deve chiedere al potere di smetterla di sperperare i fondi erariali e di essere più moderato nelle richieste di denaro. Peraltro, Crisostomo non fu tenero con i cittadini. Li difese dalla vendetta imperiale, ma chiese - come ricorda il Papa penitenza. Insomma: smetterla di essere quel popolo senza Dio che ha sempre la tentazione di essere rincorrendo gli idoli. Ratzinger ha spiegato bene chi è Crisostomo. Quanto ci tenesse all'educazione dei bambini. E a imporre al potere civile di rispettare i deboli, specialmente le famiglie, e tra queste quelle costituite di orfani e vedove.

Il ritratto

Come dicono quelli che sanno le cose, diamo un'occhiata al contesto, a quanto accadde a quel tempo in Asia Minore. E alla figura di Giovanni Crisostomo. Un tipo che prima della conversione non si era fatto mancare nulla. Aveva perso il padre - un militare di rango, cristiano - quando era appena nato. La giovanissima madre lo educò secondo il Vangelo, gli trasmise una sensibilità acutissima verso i dolori del mondo. Ma dai quattordici ai diciotto anni frequentò le compagnie di una città florida e gaudente. Giovannino fu alla scuola del massimo retore pagano del tempo, Libanio, il quale poi si lamentò del «furto che la Chiesa mi fece». Giovanni era il più bravo. Gastronomo, incantatore, e il resto che uno immagina: «Ero incatenato alle passioni», confessò. Ma lo sguardo della madre e l'insegnamento di un vescovo lo ri-convertirono e si battezzò adulto. Si ritirò in un eremo, ma gli pareva troppo comodo, scese in città, e divenne il più grande predicatore del secolo. Durante le sue omelie si prendevano appunti. Era ammirato anche dall'imperatore di Costantinopoli, Teodosio II. Cristiano sì, ma come sua moglie, propenso a portar via ai poveri per dare a se stesso e alla corte. Finché giunse la notizia di un aumento delle tasse ad Antiochia, e scoppiò il finimondo. Non se ne poteva più. Come direbbe Ratzinger: la storia si ripete. I tartassati cittadini distrussero le statue dell'imperatore e della sua famiglia (del fratello, della moglie Flacilla e dei due figli). L'imperatore avrebbe giudicato veniale il linciaggio di esattori e guardie tributarie. Ma la demolizione della effigie propria e di quella dei suoi cari lo indusse all'ira funesta: decise di radere al suolo la città e di sterminarne gli abitanti. Arresto, processo, sentenza di morte, esecuzione e demolizione del palazzo. Il tutto a un ritmo frenetico. Gli antiochesi in preda al panico si rifugiarono chi nelle chiese chi sui monti. Tanti morirono di fame e di stenti. Le autorità cittadine erano mute. Impotenti. Crisostomo raccolse il po- polo nella cattedrale, ogni giorno di quella Quaresima svolse un'omelia. Consolò, diede speranza. Furono i famosi discorsi "Alle statue". Un esempio? «Che cosa posso dire? Non ci sono parole, suppliche, speranze od orazioni... Solo lacrime. Chi ci ha fatto il malocchio, miei cari? Chi ci ha invidiato? Da dove è venuto tutto questo gran cambiamento? Non c'era città più modesta della nostra, e adesso è la più misera... Non c'era città più beata della nostra e adesso è la più sventurata... Fuga senza guerra, rivoluzione senza battaglia...Dap pertutto silenzio pieno d'orrore e di desolazione. Pianto sulle montagne... perché non c'è sulla terra uno pari a colui che fu insultato. Poiché è il re, il capo e la testa di tutti gli uomini sulla terra. Per questo dobbiamo rivolgerci al re. Dobbiamo chiedere il suo aiuto». Realismo dunque. Riconoscimento dell'autorità, appello perché il re ragioni e scusi le esagerazioni. Crisostomo invocò dal popolo il buon senso e intervenne presso i messi imperiali. Così interruppe le persecuzioni dei cittadini e a far sospendere le sentenze di morte degli arrestati. Il vescovo andò a Costantinopoli, implorò. E fu la pace (e tasse minori). Crisostomo commentò: «Il Re è filantropo, il Vescovo è grande. Ma soprattutto, Dio è misericordioso». Scrivono gli storici: «Gli abitanti di Antiochia appresero subito la buona notizia e il popolo cominciò a celebrare con gioia indescrivibile. Crisostomo in una delle sue omelie disse: «Dio sia lodato, perché ci ha concesso la grazia di celebrare oggi con grande gioia questa sacra e solenne festa. Restituì il capo al corpo ed il pastore al gregge» . Tassa patrimoniale

Così, finì la grande avventura dei cittadini e Crisostomo riuscì in quei momenti difficili non solo a consolarli ma anche a ravvivare la loro fede e farli diventare veri cristiani. Il suo intervento salvò la città dalla distruzione. Commentava: «Basta un uomo che dimostri zelo e fervore per correggere la situazione sociale». Crisostomo fu fatto vescovo di Costantinopoli. Ed ebbe il coraggio di redarguire la corte per la vita dissoluta e l'imperatrice perché si era incamerata i beni di una vedova (vogliamo chiamarla tassa patrimoniale?). Questi fatti gli causarono l'esilio e a causa soprattutto dell'odio di vescovi e clero conformisti. Come direbbe Ratzinger: «Si vede che alcune cose nella storia non cambiano». Cuntènt Prodi? O troppa grazia sant'Antonio? Giovanni Crisostomo

IL SANTO PADRE ANDRÀ IN AMERICA

Il primo viaggio del 2008 di Papa Benedetto XVI sarà negli Usa, e più precisamente al Palazzo di Vetro di New York. Magari ad aprile, «in occasione della sessione primaverile dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite», trapela dal Vaticano. Emmevi

© Copyright Libero, 20 settembre 2007

Inopportuna la polemica con Prodi. Ma davvero pensiamo che il Papa si interessi di cio' che accade nei palazzi della politica italiana? Ricordo, inoltre,che il Papa non si limita a sorridere ma spesso ci regala sonore, e trascinanti, risate...
Racconto io come ho visto la sequenza: il Papa parla delle statue, poi solleva gli occhi dal foglio, sorride e fa la battuta. Poi prosegue ma, trascinato dai fedeli, si fa scappare un altro sorriso senza alzare lo sguardo
:-))
R.

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