20 settembre 2007

Battuta del Papa sulle tasse: gli articoli del Giornale e della Gazzetta del sud


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Il Papa: le tasse non piacciono lo dice la storia di ieri e di oggi

di Andrea Tornielli

Le tasse, specie quando aumentano, non piacciono e questo lo insegna la storia.
È quanto ha affermato ieri mattina Benedetto XVI, aggiungendo a braccio una battuta durante l’udienza del mercoledì in Piazza San Pietro. Il Papa ha tenuto una meditazione sulla figura di San Giovanni Crisostomo, vescovo di Costantinopoli, del quale ricorre il sedicesimo centenario della morte e ha ricordato quanto avvenuto nell’anno 387, in occasione della «rivolta delle statue». «Il popolo - ha spiegato Benedetto XVI - abbattè le statue imperiali, in segno di protesta contro l’aumento delle tasse». Sollevato lo sguardo dai fogli, muovendo la mano e con il sorriso sulle labbra, ha aggiunto: «Si vede che alcuni corsi della storia non cambiano...». Un accenno riferibile al dibattito in corso nel nostro Paese e alle polemiche degli ultimi due mesi, che la folla di fedeli ha sottolineato con un applauso.

A che cosa si riferiva il Pontefice? A quanto avvenne ad Antiochia, dove Giovanni era presbitero, in un momento in cui il vescovo era assente, la gente rovesciò l’effigie dell’imperatore e dei suoi familiari. La reazione poteva essere durissima, dato che Teodosio non esitava, in questi casi, a sedare nel sangue ogni insubordinazione. Decisivo fu il ruolo di Giovanni Crisostomo, che con le sue ventidue prediche di Quaresima, le sue omelie più famose, riportò la popolazione a uno spirito di penitenza, mentre il vescovo di Antiochia a Pasqua riusciva a rabbonire lo stesso Teodosio impedendo conseguenze catastrofiche per la città. Altri tempi, ovviamente. Allora chi governava aveva potere di vita e di morte. Ma l’esasperazione per una pressione fiscale avvertita come asfissiante e ingiusta può ben essere considerata una costante e dunque l’esempio - e la successiva considerazione aggiunta a braccio di Benedetto XVI - certamente azzecati.

Come si ricorderà, il tema delle tasse in relazione alla fede cristiana ha tenuto banco tutta l’estate. Aveva cominciato il premier Romano Prodi lamentandosi, dalle colonne di «Famiglia Cristiana» per il fatto che nelle omelie domenicali i sacerdoti nel nostro Paese non ricordano mai il dovere di pagare le imposte. Parole che avevano suscitato più di una reazione polemica. A proposito dello «sciopero fiscale» ventilato dal leader della Lega Umberto Bossi era intervenuto poi il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, rispondendo alla domanda di un giornalista al Meeting di Rimini: «Noi siamo con il Vangelo che dice “Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio” e con San Paolo che invita a pagare le tasse». «Naturalmente - aveva aggiunto - come è stato già detto da esponenti di Chiesa e da me stesso, tutti dobbiamo fare il nostro dovere anche nel pagare le tasse secondo leggi giuste e nel destinare i proventi a opere giuste e nell’aiuto ai più poveri e ai più deboli». Bertone aveva quindi invitato la classe politica a fare proprio il Salmo 71: «Dovrebbe essere il programma del politico cristiano: rendere giustizia ai poveri e salvare la vita ai miseri. Il politico deve avere attenzione nei confronti dei più deboli e dei poveri e far sì che non ci siano ingiustizie nella distribuzione delle risorse dello Stato».
Nel corso della catechesi di ieri, Ratzinger, commentando la figura di Giovanni Crisostomo, ha ricordato anche le sue prediche sul matrimonio. «Gli sposi ben preparati sbarrano la via al divorzio - ha osservato - tutto si svolge con gioia e si possono educare i figli alla virtù».
Sempre ieri, infine, sono arrivate le prime conferme per il momento ancora ufficiose sul viaggio che Benedetto XVI farà alla metà di aprile 2008, visitando gli Stati Uniti. L’occasione principale dell’importante trasferta sarà un discorso alle Nazioni Unite, dove già parlarono i suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II.

© Copyright Il Giornale, 20 settembre 2007


Battuta a braccio nella celebrazione di San Giovanni Crisostomo
Citazione storica del Papa Le tasse non sono mai piaciute

Marisa Sallevi

CITTÀ DEL VATICANO
Anche nella contrarietà delle persone verso le tasse «si vede che alcuni corsi della storia non cambiano»: è la battuta a braccio pronunciata dal Papa durante l'udienza generale, davanti a circa 15 mila fedeli.
Benedetto XVI analizzava la figura di San Giovanni Crisostomo, vissuto nel terzo secolo e in particolare una serie di omelie pronunciate dal santo durante la cosiddetta rivolta delle statue (in quell'occasione la popolazione dell'impero in Oriente prese a distruggere le statue dell'Imperatore contro l'imposizione delle tasse). «Si vede che alcuni corsi della storia non cambiano...», ha commentato papa Ratzinger con un sorriso.
Le parole di Giovanni Crisostomo (che significa «bocca d'oro») furono rivolte alla plebe di Antiochia, che nel 387 si era ribellata all'aumento delle tasse imposto da Teodosio per risanare le casse imperiali e ne aveva abbattuto le statue. Di fronte alla minaccia di ritorsioni da parte dell'imperatore, Giovanni, arcivescovo di Costantinopoli, difese il cristianesimo che veniva messo sotto accusa: «i giudei e i pagani devono comprendere che i cristiani sono i salvatori, i protettori, i capi e i maestri della città». Nel contempo, però, il santo vescovo criticava le passioni eccessive che portano alle rivolte e attaccava gli spettacoli licenziosi.
Le buone relazioni con la corte non gli impedirono tuttavia di rimproverare la stessa imperatrice Eudosia di essersi accaparrata gli averi appartenuti a una vedova. Una denuncia che gli costò l'esilio.
Proseguendo a illustrare l'insegnamento di San Giovanni Crisostomo, il Papa ha quindi ricordato che la «temperanza» è una virtù anche nel matrimonio, ed educati ai «fini» delle nozze, gli «sposi ben preparati sbarrano così la via al divorzio, tutto si svolge con gioia e possono educare i figli alla virtù. Fin dall'inizio della vita, occorre proporre ai bambini la famiglia come una piccola chiesa domestica». «La presenza autenticamente cristiana dei fedeli laici nella famiglia e nella società rimane ancora oggi più che mai attuale», ha detto il Papa ricordando come San Giovanni Crisostomo si sia preoccupato soprattutto di «accompagnare con i suoi scritti lo sviluppo integrale della persona, nelle sue dimensioni fisica, intellettuale e religiosa». L'educazione alla fede, ha spiegato il Pontefice, è un processo che parte dall'infanzia, «età in cui si manifestano le inclinazioni al vizio e alla virtù». «La legge di Dio – ha ricordato – deve essere fin dall'inizio impressa nell'anima» perché «di fatto è questa l'età più importante». Per questo i genitori debbono premunire «fin dalla più tenera età» i bambini «con armi spirituali» e insegnare loro «a segnare la fronte con la mano».
«Vengono poi – ha proseguito Papa Ratzinger – l'adolescenza e la giovinezza» e infine «il fidanzamento e il matrimonio». E agli sposi, Crisostomo indica la «virtù della temperanza» e del matrimonio, sottolineando «la ricca trama di rapporti personalizzati». «Gli sposi ben preparati – ha detto in questo contesto Papa Ratzinger – sbarrano così la via al divorzio: tutto si svolge con gioia e si possono educare i figli alla virtù. Quando poi nasce il primo bambino, questi è come un ponte; i tre diventano una carne sola, poiché il figlio congiunge le due partì, e i tre costituiscono una famiglia, piccola Chiesa».
Per il Papa teologo, San Giovanni Crisostomo, di cui quest'anno si celebra il 16. centenario della morte, si colloca tra i Padri che più hanno lasciato insegnamenti scritti: 17 trattati, più di 700 omelie e 241 lettere. «Ogni suo intervento – ha concluso – mirò sempre a sviluppare nei fedeli l'esercizio dell'intelligenza, per comprendere e tradurre in pratica le esigenze morali e spirituali della fede».

© Copyright Gazzetta del sud, 20 settembre 2007

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