20 settembre 2007

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CITTÀ DEL VATICANO - Papa Ratzinger scherza sulle tasse, facendo un breve accenno alla «storica» avversione popolare per il pagamento dei tributi, ma l´Osservatore Romano lo censura. E´ successo ieri, all´udienza generale dedicata a S. Giovanni Crisostomo (344-407 dopo Cristo). Una figura - ricorda il Papa - «di grande eloquenza», difensore dei deboli e attento alla pace sociale. Come fece, ad esempio, nell´anno 387 quando intervenne ad Antiochia (Turchia) per sedare la rivolta dei cittadini che, per protestare contro l´aumento delle tasse, presero ad abbattere le statue dell´imperatore. Ed è proprio a questo punto che papa Ratzinger, parlando a braccio, commenta con un sorriso: «Si vede che alcune cose nella storia non cambiano...», con chiaro riferimento alle tensioni che anche oggi ci sono tra cittadini e fisco. Frase omessa, a sorpresa, nella cronaca dell´udienza fatta dall´Osservatore Romano.
S. Giovanni Crisostomo cercò - fa capire il Papa - di calmare le tensioni sociali, pur tenendo ben presente il famoso detto evangelico di «dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Un obbligo ora codificato anche nel nuovo Catechismo della Chiesa varato da papa Wojtyla nel 1992 con la supervisione dell´allora prefetto dell´ex Sant´Uffizio, il cardinale Joseph Ratzinger. Papa Wojtyla molte volte ha parlato in pubblico di tasse ricordando sempre che pagarle è «un obbligo ed un punto d´onore» (il 21 luglio 1996 a Pieve di Cadore), ma chi le evade servendosi «anche di paradisi fiscali» - ammonì il 12 marzo 1999 - «gode di privilegi ingiusti». Richiami ed interventi che lo scorso mese di agosto hanno fatto da sfondo ad una indiretta polemica esplosa proprio sulle tasse tra il premier Romano Prodi e il segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Tarcisio Bertone. Al premier, che aveva criticato la Chiesa per una certa «disattenzione» in materia fiscale, chiedendosi come mai dai pulpiti non si invitano i fedeli a rispettare i giusti tributi, Bertone ricordò dal Meeting di Cl di Rimini «i tanti interventi che la Chiesa, fin da San Paolo, ha sempre fatto sulle tematiche fiscali», senza esimersi dall´avvertire che «lo Stato è comunque chiamato a fare buon uso del gettito fiscale».
Ieri intanto è filtrata dalla Santa Sede la notizia di un prossimo viaggio di Ratzinger negli Stati Uniti. Il viaggio, secondo quanto riferisce l´agenzia AdnKronos, dovrebbe svolgersi nel mese di aprile. Benedetto XVI si recherà negli Stati Uniti per parlare davanti all´assemblea generale dell´Onu a New York per il sessantesimo anniversario della dichiarazione dei diritti dell´uomo. Possibile una visita a Ground Zero, anche se vi è ancora incertezza sulle tappe successive. Assai probabile comunque che nell´itinerario sia compresa la Casa Bianca a Washington per un colloquio con il Presidente Bush.

© Copyright Repubblica, 20 settembre 2007

L'Osservatore romano puo' avere omesso la battuta del Papa ma non il sito internet della Santa Sede. Il titolo di questo articolo e' quantomeno bizzarro.
Raffaella


LA STORIA

La Chiesa e le tasse chieste a sovrani e contadini

Quando era il Papa a fare il gabelliere

La Chiesa ebbe un sistema fiscale all´avanguardia sin dal tardo Medioevo

AGOSTINO PARAVICINI BAGLIANI

Nella sua storia plurisecolare, il papato ha sperimentato varie forme di tasse e di introiti fiscali, almeno fino alla soppressione dello Stato pontificio. In molte città dell´antico Stato pontificio – ed anche ad Avignone (che fu sede del papato nel Trecento e che gli appartenne per secoli) – si possono ancor oggi ammirare i palazzi in cui erano insediati i collettori delle gabelle pontificie. Gli archivi pontifici sono ricolmi di documenti provenienti dalle amministrazioni fiscali papali.
Non solo gli abitanti dello Stato, ma anche sovrani – come i re di Sicilia e di Inghilterra – hanno versato per secoli censi annuali alla Chiesa di Roma, perché vassalli del papa. Ed anche le varie istituzioni ecclesiastiche della Cristianità hanno regolarmente dovuto pagare tasse ed imposte, di vario tipo, alla Chiesa di Roma.
Il sistema fiscale del papato fu all´avanguardia. Fin dai primi anni del Duecento, il papato tentò di introdurre una tassa regolare per finanziare la Curia romana. Tale tassa avrebbe dovuto corrispondere alla decima parte degli introiti delle chiese cattedrali. Come controparte, il papato prometteva di togliere le tasse sulle bolle prodotte dalla cancelleria.
Questo progetto fiscale non ebbe successo, ma l´idea di esigere dalle varie chiese della Cristianità il pagamento di decime non fu dimenticata. Anzi, fu introdotta per finanziare le Crociate. Decine di collettori papali furono allora inviati nelle varie regioni della Cristianità per raccogliere le decime. Quando era ancora un giovane curiale, Benedetto Caetani, il futuro papa Bonifacio VIII (1294-1303), fece il giro di mezza Europa per raccogliere decime in Francia, in Inghilterra e persino in Danimarca. Era un´attività piena di rischi, perché talvolta i collettori venivano accolti con lanci di sassi....
La decima servì anche a scopi politici. Per finanziare la guerra contro i Colonna, Bonifacio VIII si servì anche della decima per la Terra Santa che era allora depositata a Firenze presso dei banchieri, pregando il cardinal Matteo Rosso Orsini di prelevare su di essa duemila fiorini d´oro.
Per razionalizzare la raccolta delle decime, nei primi decenni del Trecento, un papa – Benedetto XII – suddivise l´Europa in quattro parti. Ma anche questa ripartizione suscitò reazioni, soprattutto da parte dell´Inghilterra che volle essere considerata una "nazione" a parte, la quinta appunto. E ci riuscì, al concilio di Costanza (1415), durante il quale peraltro il problema delle tasse pontificie fu dibattuto a lungo, perché considerato uno dei grandi problemi che la Chiesa doveva risolvere.
I concili del Quattrocento tentarono anche di eliminare un´altra tassa pontificia, che aveva allora più di due secoli di vita, i cosiddetti "servizi", le oblazioni in denaro che vescovi e abati dovevano versare in occasione della conferma della loro elezione. Uno dei primi casi attestati riguarda un vescovo tedesco (di Würzburg). Nel settembre 1255, questo vescovo prelevò presso i banchieri romani un prestito di 215 marchi d´argento: quattro anni dopo non aveva ancora versato i 500 marchi che aveva promesso al collegio dei cardinali...
Nel Medioevo e fino alla fine dello Stato pontificio, i papi erano signori spirituali e temporali. E per sostenere ciascuno di questi ambiti, dovettero appoggiarsi su un sistema di imposte e di tasse, che proprio per la sua efficacia, sollevò non poche proteste. Celebri sono le rimostranze del più grande vescovo inglese del Duecento, Roberto Grossatesta, fondatore dell´Università di Oxford. Ma celebri sono anche i versi polemici dei due massimi poeti popolari romani, Trilussa e Gioacchino Belli.

© Copyright Repubblica, 20 settembre 2007

4 commenti:

Gianpaolo1951 ha detto...

Certo che ci vuole una bella faccia tosta per scrivere «…, ma l´Osservatore Romano lo censura.»!!!

Anonimo ha detto...

Al super informato giornalista di Repubblica, come al solito, sfugge qualche particolare.
alle varie redazioni, sito del Vaticano compreso, vengono inviati i discorsi del Sommo Pontefice in anticipo, in alcuni casi li pubblicano subito, vedi per esempio i vari messaggi in occasione di eventi particolari, in altri casi la pubblicazione viene programmata come si fa in qualunque sito costruito da un qualsivoglia dilettante come me.
Ora, se il discorso del Papa mi vien dato e so che viene pronunciato alle 10, io programmo il mio sito perchè lo mandi on line o alla 10,15 o quando ritengo opportuno ma sempre dopo che è stato pronunciato.
Al maldestro e tecnologico giornalista di repubblica sfugge un particolare, e cioè: io posso pubblicare solo quel che mi viene inviato, le battute frizzanti e brillanti estemporanee del papa nessuno le conosce proprio perchè son fuori del testo, infatti chi è corretto afferma che il papa a braccio ha aggiunto altre parole......
Visto che si trattava di una sagace battuta e non di una affermazione dottrinale, alcuni non han messo mano al testo ricevuto per aggiungerla perchè non faceva parte del testo ufficiale.
Se poi vuole essere così informato chiederemo a chi di competenza di pubblicare eventuali colpi di tosse o starnuti che il papa farà nei prossimi discorsi.
Staremo attenti mentre il papa lo legge.... non si sa mai, gli dovesse sfuggire un articolo un avverbio o altro, potremmo dire che il Papa ha cambiato il suo discorso.
Son contento che quelli di Repubblica leggano, purtroppo senza frutto, i discorsi, mi duole che ne alterino il senso, ridurre una spiegazione interessantissima sul crisostomo a quella battuta non so se è ignoranza o mala fede....forse tutte e due.
don Marco (lettore)

brustef1 ha detto...

Mi sembra che la battuta del Papa non possa in alcun modo essere considerata una presa di posizione, ma sia soltanto una osservazione piena di saggezza che, probabilmente, mirava ad alleggerire la profondità del ragionamento teologico. Sono invece convinto che buona parte dele polemiche che ne sono derivate abbiano un unico obiettivo: dimostrare, secondo un teorema preconfezionato, l'indole reazionaria di questo grande Pontefice e, in prospettiva, ridicolizzarne la figura, la parola e le opinioni. E' la democrazia avariata, bellezza.

Anonimo ha detto...

secondo voi cosa ha fatto il papa di bello? per me ha fatto cio che ha ritenuto opportuno come qualsiasi persona farebbe, cosa c'è di male teater@hotmail.it