3 maggio 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 3 maggio 2007 (1)
Vedi anche:
Il Papa, il fondamentalismo conformista e l'ipocrisia dei media
Come volevasi dimostrare...
L'articolo dell'Osservatore romano
Rassegna stampa del 3 maggio 2007
PRIMO MAGGIO DA CAFONI
di ANTONIO SOCCI
Sputare sulla Chiesa Cattolica è del tutto normale, è ritenuto un diritto e per molti, nei Paesi liberi d'Occidente, è perfino un dovere. Proprio mentre milioni di cristiani inermi sono stati martirizzati sotto i più diversi regimi e la Chiesa ha subìto (e continua a subire) la più immane persecuzione della sua storia. Non ha mai avuto solidarietà dalle élite dei Paesi democratici, ma solo disprezzo. Philip Jenkins - peraltro inglese e non cattolico - ha scritto un libro urticante, "The New Anti-Catholicism" per denunciare l'unico "pregiudizio" oggi accettato in America, dove tutte le minoranze (eccetto i cattolici) sono protette e rispettate per legge e per ferrea consuetudine "politically correct". Jenkins ha realizzato un minuzioso esame di media, politica e arti per concludere che la Chiesa oltreoceano è spesso considerata "un nemico pubblico" e ridotta a "stereotipo grossolano". Chi sono gli Anticattolici? "Sono soprattutto gli intellettuali e i liberal. Si dice addirittura che l'anticattolicesimo sia l'antisemitismo dell'uomo colto. "I demagoghi" spiega Jenkins "ce l'hanno con gli ebrei, gli uomini di cultura con i cattolici". Anche in Europa è un po' così. Lanciare accuse infondate e senza senso contro il Papa e la Chiesa è l'"ovvio dei popoli". Lo fanno tutti, anche nani e ballerine. In Italia la situazione è un po' migliore. (...) Il carisma e la nobiltà di figure come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno influenzato i nostri anni. Perfino i mangiapreti Radicali qua organizzano la marcia contro la pena di morte andando a chiedere la benedizione sotto la finestra del Papa (che poi vorrebbero zittire su altri temi). Quasi tutti sentono la Chiesa come un rifugio e un'àncora di salvezza. Che suscita ammirazione pure nei suoi nemici. In certi momenti però, quando interviene di più su temi scottanti, il clima si surriscalda e soprattutto per la sinistra - che ha sempre "livori in corso" - la Chiesa diventa un bersaglio perfino più detestato di Berlusconi. Si arriva addirittura a mettere in discussione il diritto di parola del Papa e dei vescovi, com'è accaduto durante il referendum sulla legge 40. È proprio la vittoria dei cattolici in quel referendum (con la stragrande maggioranza degli italiani: il 75 per cento) che non è stata perdonata da sinistra e radicali vari. Sebbene cancellata e rimossa dai giornali pesa come il segnale di un cambiamento storico rispetto agli anni Settanta. I Dico sono stati voluti proprio come prova di forza ideologica per dare un segnale di rivincita. Non c'entrano nulla le coppie di fatto, si voleva solo "dare una lezione" alla Chiesa, per indurla a scegliere la via "martiniana" (quella di prelati come Martini e Tettamanzi), cioè la sudditanza ideologica alla sinistra. Il fatto che la reazione della Cei abbia praticamente fatto saltare i Dico e prodotto una divisione nel centrosinistra ha scatenato la solita orchestra contro la Chiesa. L'attaccano e la spernacchiano tutti. Perciò l'ha fatto anche Andrea Rivera mentre conduceva il con- certo dei sindacati del 1° maggio. Ma ha esagerato e si è scatenato il finimondo. Così il menestrello trasteverino - una volta mollato dai capi dei sindacati - si è perfino detto "dispiaciuto" per le polemiche: ha detto che non voleva "offendere" nessuno. Certo, è troppo facile lanciarsi in un comizio contro la Chiesa davanti a 400mila persone (e milioni di telespettatori) per poi ritirare la mano quando i destinatari della "sassata" si inalberano. Troppo facile per i sindacati prendere le distanze a cose fatte. Troppo facile per gli organizzatori ribattere a Rivera (secondo cui quelle battute erano "concordate con gli autori del Primo maggio") che il presentatore andava a ruota libera. Tuttavia è un po' troppo facile anche prendersela con lui. Sarebbe giusto che l'Osservatore romano se la prendesse con gli organizzatori o - visto ciò che si vede e si legge - con certi giornali, certi programmi tv e con questa sinistra dove l'attacco alla Chiesa è quotidiano. Il clima è pesante. L'ex presidente Cossiga ieri ha segnalato perfino una dichiarazione di Romano Prodi che suona così: «Parte delle gerarchie della Chiesa Cattolica in Italia contrastano la realizzazione di parti del programma del governo di centro-sinistra». Sembra solo un alibi. Parole infelici. Ma Cossiga, che se ne intende più di chiunque altro, ha commentato: «Per chiarire la situazione e non fornire involontariamente motivazioni alle minacce contro monsignor Bagnasco, è necessario che il leader dell'Unione e presidente del Consiglio dei ministri Ro- mano Prodi chiarisca il senso e la portata della sua dichiarazione». In effetti il clima è teso e forse questo spiega la reazione anomala dell'Osservatore romano alla performance di Rivera. Parole durissime: «È terrorismo lanciare attacchi alla Chiesa. È terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell'amore... È vile e terroristico lanciare sassi questa volta addirittura contro il Papa, sentendosi coperti dalle grida di approvazione di una folla facilmente eccitabile. Ed usando argomenti risibili, manifestando la solita sconcertante ignoranza sui temi nei quali si pretende di intervenire». Non ricordo una reazione altrettanto dura, pur rammentando mille quotidiani attacchi alla Chiesa e al Papa. Allora le spiegazioni sono solo due. O all'editorialista dell'"Osservatore" è scappata la frizione, oppure - dopo le minacce al presidente della Cei Bagnasco e al Papa - c'è il forte timore che anche attacchi e goliardate che un tempo sarebbero passati in sordina possano alimentare - indipendentemente dalla volontà dei protagonisti - "furori ciechi e irrazionali". In effetti siamo l'unico Paese libero dove ci sono vescovi che vivono sotto scorta. La situazione dunque è allarmante. E Andrea Rivera - stando alla sua retromarcia - non ne era consapevole. Lui pensava solo di ripetere i soliti stereotipi e le banalità che a sinistra vanno per la maggiore. Lo scapigliato trasteverino poi ha aggiunto pure che «la Chiesa in cui mi ricono- sco è quella di san Francesco». A dimostrazione che in Italia il fascino del cristianesimo contagia anche gli avversari. Resterebbe solo da spiegare a Rivera (e ai tanti compagni che citano il santo di Assisi senza conoscerlo) che Francesco era mitezza e non livore, era amore a Cristo e non ecologismo neopagano, era addirittura obbedienza convintissima alla Chiesa (desiderava addirittura baciare le mani ai preti più chiacchierati come peccatori perché quelle mani comunque consacravano l'Eucaristia e perché lui stesso si diceva peccatore). La "Lettera ai reggitori dei popoli" scritta da Francesco d'Assisi è ben più "sconcertante" per le orecchie "progressiste" degli interventi del Papa e di Bagnasco: "Ricordate e pensate che il giorno della morte si avvicina" scriveva Francesco. "Vi supplico allora, con rispetto per quanto posso, di non dimenticare il Signore... Obbedite ai suoi comandamenti, poiché tutti quelli che dimenticano il Signore e si allontanano dalle sue leggi sono maledetti e saranno dimenticati da Lui. E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di avere saranno loro tolte. E quanto più saranno sapienti e potenti in questo mondo, tanto più dovranno patire le pene dell'inferno". Francesco arriva a scrivere: "Dovete dare al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato, che ogni sera un banditore proclami che siano rese lodi e grazie all'onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non farete questo, sappiate che voi dovrete rendere ragione al Signore nel giorno del giudizio". Rivera e compagni sottoscrivono?
Libero, 3 maggio 2007
Piazzata anti Papa in diretta tv Il Vaticano: questo è terrorismo
di BARBARA ROMANO
1° maggio di preoccupazione e di disgusto per il degrado politico, civile e culturale che sommerge il Paese». Mentre i capigruppo di Fi e An, Elio Vito e Ignazio La Russa ieri in aula hanno chiesto al governo di riferire a Montecitorio sui «gravissimi attacchi alla chiesa cattolica» al concerto del primo maggio. E il presidente dei deputati dell'Udc, Luca Volonté, stronca Rivera come «uno strimpellatore citofonista al servizio della Dandini in cerca di notorietà». Alla faccia del "menestrello della Roma laica". Ha picchiato duro, dal palco del Primo Maggio, Andrea Rivera, "mattatore" satirico delle notti trasteverine. Prima ha scaldato la platea invocando la «chiusura del televoto» per il processo alla Franzoni. Poi l'ha attizzata sul tema delle morti sul lavoro, con un riferimento all'uccisione di Fabrizio Quattrocchi in Iraq nel 2004, chiedendosi «perché se un operaio cade da un'impalcatura non diventa eroe nazionale? Perché non grida "guardate come muore un italiano?"». Infine, l'ha incendiata con il Papa che avrebbe detto di non credere nell'evoluzionismo: «La Chiesa non si è mai evoluta, non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato i funerali di Welby. Invece non è stato così per Pinochet, Franco e uno della banda della Magliana». È qui che è scattata la reazione dell'Osservatore Romano, che ha bollato come «terrorismo» i «vili attacchi» contro Benedetto XVI. Affondo in parte attutito in serata dal portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi, che dal Tg1 ha esortato tutti a «darsi da fare per disinnescare le tensioni» e a non trasformare «una sciocchezza» in una «tragedia», col rischio di alimentare nuovamente «sproporzionati conflitti». Ma a quell'ora la bomba era già esplosa, travolgendo tutto l'arco parlamentare. Con l'Unione lì a soffiare sul fuoco del laicismo e il centrodestra a difendere compatto il Santo Padre. Uniche eccezioni, Clemente Mastella, che sospira: «Era meglio Gianni» (con riferimento al Rivera del Milan), e avverte: «Attenti, perché in quella piazza ci saremo noi il 12 maggio» per il Family Day «e mi auguro che non succeda nulla». Renzo Lusetti, della Margherita, che giudica «offensivo» il comico. E i deputati dell'Idv, in testa il loro presidente, Massimo Donadi, che boccia la performance di Rivera come «volgare ricerca di celebrità». Mentre il premier, Romano Prodi, si barcamena tra le opposte sponde della sua coalizione: «Bisogna usare buon senso e abbassare i toni. Gli scriteriati ci sono sempre. Chi ha più buonsenso lo usi, diceva sempre mia madre: cerchiamo di usarlo». L'offensiva più dura parte dal quotidiano della Santa Sede. «Anche questo è terrorismo», accusa l'Osservatore Romano, «è terrorismo lanciare attacchi alla Chiesa. È terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell'amore, l'amore per la vita e l'amore per l'uomo. È vile e terroristico lanciare sassi questa volta addirittura contro il Papa, sentendosi coperti dalle grida di approvazione di una folla facilmente eccitabile. Ed usando argomenti risibili, manifestando la solita sconcertante ignoranza sui temi nei quali si pretende di intervenire pur facendo tutt'altro mestiere», picchia il giornale d'Oltretevere. Che prende di mira proprio Rivera, «un conduttore» che «ha tenuto un piccolo comizio nel quale ha mischiato varie aggressioni verbali, dando vita ad un confuso e approssimativo discorso di fronte a 400.000 persone e ad un più numeroso pubblico televisivo». E denuncia la «nuova stagione della tensione, dalla quale trae ispirazione chi cerca motivi per tornare ad impugnare le armi, per rivitalizzare organizzazioni che hanno perso su tutti i fronti, primo fra tutti quello della storia. Anacronismi. Come quella presenza sul palco a san Giovanni». Mentre la tv di Stato alza le mani, «la Rai, e in particolare Raitre, non ha alcuna responsabilità su quanto accaduto nel corso della manifestazione musicale di San Giovanni», precisa una nota di viale Mazzini, il consigliere Rai Sandro Curzi, invece, si schiera con Rivera contro la «pericolosa provocazione» dell'Osservatore romano, che lui giudica «irresponsabile» per aver evocato il terrorismo. E con Curzi, tutta la sinistra radicale scende in campo contro il Vaticano. Dal presidente dei senatori di Rifondazione, Giovanni Russo Spena, che chiede alla Chiesa di dissociarsi dall'Osservatore romano, all'europarlamentare radicale Marco Cappato, che grida al «delirio», al presidente dei Comunisti italiani alla Camera, Pino Sgobio, che protesta: «Non siamo nella Roma papalina». Altrettanto infiammata la reazione del centrodestra. Il primo è il leader di An, Gianfranco Fini, che attacca la «becera propaganda anticlericale» di Rivera. Al coordinatore di Fi, Sandro Bondi, «ascoltando le parole pronunciate di Rivera viene un senso
(l'articolo non e' completo, occorre aspettare che sistemino i problemi tecnici)
Libero, 3 maggio 2007
Tra minacce e vandalismi un Primo maggio di violenza
di Paola Setti
Milano - Quale sia stato il clima lo raccontano gli atti del giorno dopo. Il documento approvato all’unanimità dal consiglio comunale di Bologna, tanto per cominciare, che unisce la solidarietà al sindaco Sergio Cofferati a quella per l’arcivescovo di Genova e presidente Cei Angelo Bagnasco. E poi i telegrammi che hanno attraversato l’Italia, gli appelli a non abbassare la guardia, le inchieste aperte e il potenziamento delle misure di sicurezza. È stato un Primo maggio violento, in un incrociarsi di intimidazioni e in un crescendo di tensione che non s’è fatto mancare nulla, dalle minacce ai politici alle accuse ai religiosi, dalle aggressioni agli atti di vandalismo.
Bagnasco ancora nel mirino. Non c’è solo il palco di piazza San Giovanni. Ci sono anche nuove scritte, comparse a Napoli in via Duomo e all’uscita della metropolitana di piazza Cavour. A vergarle con vernice spray nera, in qualche caso firmate con la A cerchiata degli ambienti anarchici, alcuni giovani dei centri sociali che il Primo maggio hanno partecipato al corteo Rdb-Cub contro la precarietà del lavoro. Oltre all’alto prelato, cui sono rivolte frasi ingiuriose quali «Bagnasco ****», «Bagnasco ***** *****» e «Bagnasco: *******************», anche gli slogan «***** al clero» e «Rutelli, **********». Sempre durante il corteo «Euromayday», sono state imbrattate le saracinesche di banche e ci sono stati momenti di tensione davanti al McDonald’s.
Attacco al Referendum. Gli insulti, poi un tavolo scaraventato addosso. Nessuna conseguenza ma molta rabbia per l’onorevole Mario Segni, vittima dell’aggressione da parte di alcuni giovani estremisti di sinistra in piazza San Giovanni a Roma, nel corso del Firma day. Immediata la reazione del presidente della Camera Fausto Bertinotti, che ha invitato a «tutelare con il massimo di garanzie possibili» la raccolta di firme. Sentiti i ringraziamenti di Segni, che pure ha sottolineato come fra i responsabili del «clima finora inaccettabile» intorno alla consultazione ci sia lo stesso leader di Rifondazione per quella «assurda dichiarazione nella quale affermava che il referendum mina le basi della democrazia».
Milano, le Br e Tronchetti scritte di solidarietà ai presunti terroristi Br arrestati a febbraio sono apparse alla manifestazione per il Primo Maggio a Milano. Lungo il percorso del Mayday Parade 2007 è apparsa una scritta inneggiante al centro sociale Gramigna di Padova, coinvolto negli arresti, affiancata da una stella a cinque punte. Per il corteo sono circolate copie di una e-mail di uno degli arrestati dal carcere di Opera. Altre scritte sui muri di alcune banche attaccavano Marco Tronchetti Provera.
Le minacce a Cofferati. Le prime tre lettere firmate Pcc, Partito comunista combattente, erano arrivate lunedì scorso alle redazioni bolognesi di Carlino, Corriere e Repubblica. La quarta s’è fatta attendere fino a ieri solo perché gli uffici del Comune nei giorni precedenti erano chiusi. È identica alle prime, solo che questa è indirizzata direttamente al sindaco di Bologna. Stesso mittente, l’inesistente Gam di via dell’Inferno 1, la strada che interseca via Valdonica dove il 19 aprile 2002 fu ucciso Marco Biagi. E stesso contenuto: le minacce contro il Partito democratico e Cofferati e l’annuncio di azioni di guerra a partire da Bologna. La Procura indaga per istigazione a commettere reati contro le istituzioni e minacce aggravate dal fine eversivo: gli inquirenti sono convinti che gli autori non siano persone organiche alle Br, ma qualcuno che, con linguaggio «opportuno», «riecheggia, ma in qualche modo balbetta, le linee della seconda posizione Br».Ieri Cofferati ha annotato come alle minacce «sia giusto rispondere mantenendo tutto l’impegno di prima: la mia vita non deve cambiare». Di certo, ha segnalato, bisogna porre «molta attenzione» al «tentativo evidente di procedere a forme di arruolamento, in tempi passati riservate a quella parte di società che proponeva follie terroriste». Convinto della necessità di non cambiare abitudini anche il premier, che il Primo maggio non ha rinunciato alla consueta passeggiata per Bologna.
I vandali. Cinque giovani calabresi sono stati denunciati per danneggiamento dopo aver completamente distrutto due vagoni del treno Villa San Giovanni-Roma, con il quale sono arrivati nella capitale per seguire il concerto del Primo maggio. Alla distruzione delle due carrozze - sono stati divelti i sedili, rotti i vetri, forzate le porte degli scompartimenti e dei bagni - hanno contribuito diversi giovani probabilmente ubriachi. La maggior parte però è riuscita a fuggire prima che gli agenti della Polfer potessero identificarli, tirando il freno di emergenza poco prima della stazione Termini.
Il Giornale, 3 maggio 2007
Ha letto, Galeazzi?
Buonsenso per tutti
MASSIMO GRAMELLINI
Il sacro Buonsenso invocato da Prodi e da padre Lombardi come supremo regolatore dei conflitti fra laici e cattolici andrebbe assunto a dosi massicce anche da quegli ambienti ecclesiastici che reagiscono a ogni battuta che li riguardi con accenti da crociata. Ma come fa l’Osservatore Romano a definire «terrorismo» il comizietto pronunciato in tv da un comico durante il concerto del Primo Maggio? E come si può trasformare in un complotto degno del Codice da Vinci il gesto di tre fessi che scrivono sui muri frasacce contro monsignor Bagnasco, mentre la minaccia dei brigatisti veri contro il sindaco di Bologna viene derubricata a spiacevole routine?
Le parole hanno un peso o almeno si sperava che continuassero ad averlo in certi ambienti e su certi giornali. Terrorismo evoca un progetto di dissoluzione fisica e morale dell’avversario, portata avanti da menti lucide e assassine. Questo Rivera del Primo Maggio, con un cognome assai più illustre dei suoi meriti artistici, è un innocuo virgulto di quella sinistra pauperista che procede per slogan e pensa che Gino Strada sia la reincarnazione di Gesù. Come tanti altri cabarettisti della sua sponda è orfano di Berlusconi, che ha sostituito con Ratzinger. Preso il microfono davanti alla platea di piazza San Giovanni, lì riunita gratuitamente come ogni anno dai mecenati della Triplice sindacale, si è sentito per tre minuti al centro dell’universo e ne ha approfittato per esporre in modo sferzante la sua opinione su una Chiesa che rifiuta i funerali a Welby, simbolo dell’eutanasia, e li concede a Pinochet, simbolo della dittatura.
Una frase echeggiata mille volte nelle conversazioni della gente comune, senza che a nessuno, nel pronunciarla, venisse il sospetto di essersi trasformato in un mangiapreti e tanto meno in un fomentatore di violenze.
Anch’io l’ho pensata e ne ho discusso con un sacerdote. Il quale, anziché chiamare la Digos, mi ha pacatamente risposto che il buonsenso laico a cui m’appellavo differisce da quello cattolico: un dittatore che in punto di morte si pente dei suoi peccati ha libero accesso a determinati riti, che vengono invece preclusi a chi, nell’invocare la propria morte, dimostra di non credere ai valori di quella religione nel cui nome vorrebbe però essere sepolto. Alla fine ognuno dei due ha continuato a pensarla come prima e a rispettare l’opinione dell’altro.
Andrea Rivera avrà sbagliato il tono e il contesto, eppure quel buonsenso che non è laico né cattolico, ma semplicemente umano, imporrebbe di ridimensionare certi scoppi apocalittici di indignazione. L’invettiva anche infelice e sgradevole contro il potere è uno dei cardini della democrazia. Contro il Vaticano, che di tutti i poteri è quello con più lunga anzianità di servizio, l’hanno usata giganti del pensiero come Voltaire e giullari di genio come Fo. Eppure la spiritualità, che è cosa un po’ più seria di queste dispute da cortile, è sopravvissuta lo stesso. Sopravviverà anche ad Andrea Rivera. Ma se passa il principio che chiunque sbertuccia un’istituzione si deve poi sentire responsabile di aver alimentato l’intolleranza nei confronti della medesima, l’unica forma di libertà ancora lecita diventano i Pacchi di Rai Uno.
Un discorso a parte merita la reazione della nomenklatura sindacale, che si è dissociata dal cabarettista con una prontezza di riflessi che ai tempi della breccia di Porta Pia l’avrebbe fatta passare per papalina. Si può capire l’imbarazzo della Cisl, ma le altre due sigle della Triplice fanno riferimento da sempre al mondo dei laici. All’interno del quale è più facile trovare persone che sulla Chiesa, ma soprattutto sulla Cei, la pensino come Rivera che non come l’Osservatore Romano. Emerge la contraddizione di fondo del neonato partito democratico, che nel desiderio di tenere uniti laici e cattolici finisce inevitabilmente per appiattirsi sulle posizioni dei secondi, rischiando di spostare molti consensi verso la sinistra radicale, ma soprattutto di voler far coesistere troppe identità per riuscire ad averne una.
La Stampa, 3 maggio 2007
Incredibile! Come annunciato ieri qualcuno si permette di indignarsi perche' l'Osservatore romano si e' indignato.
Caro Gramellini, una cosa e' discutere del caso Welby dentro le mura della propria casa, altra cosa, ben piu' grave, e' prendere in mano un microfono e servirsi del MEZZO PUBBLICO (la Rai) per offendere il Papa.
Caro Gramellini, anche io pago il canone ed esigo il massimo rispetto per la mia dignita' e per la mia fede. Ognuno dica cio' che vuole ma non usi in modo sleale la tv per scopi politici e per fare propaganza del e sul nulla!
Raffaella
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