3 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 3 maggio 2007 (2)


Vedi anche:

Il Papa, il fondamentalismo conformista e l'ipocrisia dei media

Come volevasi dimostrare...

L'articolo dell'Osservatore romano

Rassegna stampa del 3 maggio 2007


Aggiornamento della rassegna stampa del 3 maggio 2007 (1)


IL SENSO DELLA MISURA

EDMONDO BERSELLI

Dal palco di piazza San Giovanni, uno dei conduttori del concerto del Primo maggio ha rivolto parole irridenti alla chiesa e al Papa. L´Osservatore Romano ha stilato un giudizio durissimo: «vili attacchi» assimilabili a un atto di «terrorismo». Le parole non sono equivocabili. La reazione del giornale della Santa Sede indica che non ci sarebbe differenza, sfumatura, distanza fra l´anticlericalismo, anche il più volgare, e un´aggressione di stampo terroristico. Fra una battuta di spirito, quale che sia, e quella che il Vaticano considera l´apertura di «una guerra strisciante». Fra le parole slabbrate di un intrattenitore e una «nuova stagione della tensione».
Con il terrorismo è sempre opportuno essere chiari. Non c´è dubbio infatti che i recenti atti di grave intimidazione di cui è stato bersaglio il presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, vanno segnalati come qualcosa di intollerabile.
e in questo senso la solidarietà espressa all´alto prelato dal presidente della Repubblica costituisce un gesto di chiarezza esemplare, che chiama a una condivisione esplicita tutti i cittadini. Non sono possibili sottovalutazioni o giustificazionismi quando alla polemica si sostituisce il gesto violento della spedizione di un plico contenente una pallottola.
Ma detto questo sarà il caso di distinguere. Ora, può essere vero che il presentatore Andrea Rivera ha sbagliato tutto. L´occasione, i toni, i modi, lo stile. Non c´era alcun bisogno di celebrare la festa dei lavoratori ironizzando sul Papa che «non crede nell´evoluzionismo», e concludendo che «infatti la chiesa non si è mai evoluta». Oppure infilando una sequela di sarcasmi sul comportamento ecclesiastico nel caso Welby («Non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato i funerali di Welby. Invece non è stato così per Pinochet, per Franco e per uno della banda della Magliana. È giusto così, assieme a Gesù Cristo non c´erano due malati di Sla, ma c´erano due ladroni»).
Si tratta di espressioni inadeguate all´occasione festosa, pronunciate durante un raduno che aveva richiamato una folla di 700 mila persone, e che possono avere offeso anche la sensibilità di non pochi fra i presenti in San Giovanni. Infatti si è assistito al pronunciamento immediato dei vertici sindacali: Epifani, Bonanni e Angeletti hanno censurato «l´inopportunità» e la «stupidità» delle battute del conduttore, rendendosi conto del disagio e della divisione che esse avevano generato, in un momento che ovviamente doveva essere di sintonia e di allegria popolare.
Si poteva chiudere qui l´incidente, considerandolo tutt´al più una brutta caduta di gusto. Fastidiosa, deprecabile, come è fastidioso e deprecabile l´eccesso polemico durante un evento collettivo, a cui dovrebbe presiedere sempre il senso del limite, dell´educazione, anche semplicemente della convenienza. Ma il giornale della Santa Sede non si è limitato a deprecare. Ha individuato nelle parole del presentatore Rivera il sintomo di una deriva indiscriminata e violenta. Di un atteggiamento intrinsecamente «terroristico». Perché secondo l´Osservatore «è terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell´amore. È vile e terroristico lanciare sassi questa volta addirittura contro il Papa, sentendosi coperti dalle grida di approvazione di una folla facilmente eccitabile».
Non sono stati pochi ad avvertire una dismisura in queste parole, se è vero che in serata anche il direttore della sala stampa vaticana, padre Lombardi, in una intervista al Tg1, si è preoccupato di smorzare i toni. Il fatto è che a prendere alla lettera le parole del giornale vaticano ne deriverebbe che il nostro paese sta vivendo un conflitto acutissimo, una specie di guerra di religione in cui ci sarebbe una evidente continuità fra le diffuse parole di critica verso la Chiesa e i gesti di minaccia rivolti verso le autorità religiose: «Sono di queste ore – ha scritto l´Osservatore – gli attacchi e le minacce... Sono di queste ore anche gli slogan nei cortei inneggianti ai terroristi, i messaggi che appaiono su internet, provenienti da br in carcere, un´offensiva che cerca di trovare terreno fertile nell´odio anticlericale».
Sarà il caso di rivendicare che questa continuità non esiste. Anzi, riesce sconvolgente pensare che la gerarchia ecclesiastica interpreti il rapporto con chi ha idee diverse come la scena di uno scontro frontale, dai contorni addirittura luttuosi. È razionale una simile descrizione della contrapposizione di opinioni? È sociologicamente adeguata? È realistica la rappresentazione di una chiesa assediata dai nemici, comunque vittima di un´aggressione barbara? La realtà, non inficiata da eventuali singoli ed esasperati atti di inciviltà, o talvolta di più banale ineducazione, è che in questo momento si sta svolgendo nell´Italia contemporanea una discussione accesa che investe tutta la sfera della laicità.
È vero che la chiesa giudica alcune istanze, relative alla vita e alla "naturalità" della famiglia, non negoziabili, non discutibili, non trattabili politicamente. Ma è altrettanto vero che nella società e nella politica sono presenti altre concezioni, altrettanto legittime. Trasferire questa contrapposizione sullo scenario irrazionale di una presupposta guerra di civiltà costituisce una ferita fondamentale proprio alla struttura laica della politica democratica. Ed è superfluo ripetere che la chiesa ha il pieno diritto di esporre e sostenere le proprie convinzioni, nonché di chiedere rispetto per i propri orientamenti. Ma non è affatto superfluo ribadire con ragionevole fermezza che il confronto delle opinioni, siano pure quelle espresse nella malagrazia della polemica, costituisce la condizione fisiologica della vita collettiva. Cioè la normalità della contrapposizione, come del dialogo, fra i cittadini. Richiamare l´alone nefasto del terrorismo quando sono in gioco soltanto parole, per quanto sgradevoli, significa introdurre una distorsione ulteriore, la cui prima vittima è proprio la libera e civile espressione del confronto democratico.

Repubblica, 3 maggio 2007

Questo articolo e' giustissimo. Il commentatore ha ragione, ma c'e' un piccolo particolare: il confronto e' sempre salutare, ma la preposizione "con" che e' intrinseca nella parola "confronto" (mi batto con, dialogo con...) presuppone che ci sia un contraddittorio, o no? Non mi risulta che sul palco di San Giovanni (di fronte alla cattedrale del Vescovo di Roma, non dimentichiamolo!) ci sia stata la possibilita' per la Chiesa di rispondere a certe banalita'. Mi sbaglio? Il sedicente artista ha deliberatamente aizzato la "platea" contro il Papa approfittando del momento di gloria che gli veniva offerto. Padre Lombardi ha ragione: si e' trattato di una sciocchezza, dettata dalla superficialita' di una persona, ma il problema e' un altro! Era necessario usare il palcoscenico di un concerto per offendere il Papa? Era proprio necessario attendere che le telecamere si accendessero per fare proclami anticlericali? Non c'era per questo "comico" la possibilita' di dire la sua in una sede diversa? Proviamo rispondere a queste domande e ci renderemo conto che cio' che e' accaduto e' grave ed e' giusto che l'Osservatore lo abbia fatto notare.
Non piace la posizione della Chiesa sui temi etici? Da' sommamente fastidio un Papa che fa il suo dovere? Lo si dica ma non utilizzando il mezzo pubblico senza contraddittorio.
E state tranquilli, cari editorialisti: nessuno vi impedira' mai di criticare la Chiesa ed il Papa (questo Papa). Ormai tutto cio' e' diventato il vostro pane quotidiano e la Chiesa, che e' madre, non vi sottrarra' la possibilita' di vendere i vostri giornali :-)
Anche io li acquisto...che poi spesso lo faccia solo per smascherare i teatrini e' un altro discorso :-)

Raffaella


Parole di piombo

di Michele Brambilla

A molti è sembrata esagerata l’etichetta di «terrorista» che l’Osservatore Romano ha affibbiato al Carneade Andrea Rivera, o quantomeno al contenuto del suo demagogico e sconnesso discorso pronunciato dal palco di piazza San Giovanni, allestito per la festa del primo maggio. Anche a noi il termine utilizzato dal quotidiano della Santa Sede è parso fin troppo importante: più che un terrorista, questo Rivera ci è parso solo uno che non sa quel che dice.

Tuttavia, dicendo che certi discorsi spesso sono parenti stretti di gesti violenti, l’Osservatore Romano ha toccato un nervo scoperto. Specie noi italiani, abbiamo una lunga esperienza di quanto le parole pesino come le pietre. Abbiamo memoria - o almeno dovremmo averne - di quanti danni fecero negli anni Settanta quei cosiddetti cattivi maestri che se ne guardarono bene dall’impugnare le armi - troppo pericoloso - ma che aizzarono i più scalmanati a farlo.

Non è tanto lo strimpellaro Rivera a preoccupare, infatti, quanto ben altre voci, considerate anche autorevoli perché di politici o intellettuali, di uomini di lettere o di spettacolo; persone che da tempo seminano rancori, predicano odio, dipingono l’avversario politico o ideologico come la quintessenza di ogni male.

Non è il caso di ricordare quanto e cosa è stato scritto e detto, da una dozzina di anni a questa parte, su Silvio Berlusconi. Basta ricordare che il nostro è un Paese talmente singolare che una riforma del lavoro - anche se concepita da uomini di sinistra moderata - è considerata come il via libera al precariato; e ogni giuslavorista che metta mano a quella materia è considerato un nemico dei lavoratori. Troppi slogan, troppo livore urlato nelle piazze e sui giornali. Sembra restare lì, quell’odio: ma poi c’è sempre qualcuno che lo raccoglie e pensa di passare alle vie di fatto. D’Antona e Biagi li hanno ammazzati negli anni scorsi, non in quelli di piombo, considerati tanto lontani e irripetibili.

Allo stesso modo - visto che siamo partiti dagli attacchi al Papa, e implicitamente anche dalle pallottole spedite a monsignor Bagnasco - bisogna riflettere sul clima che si è creato attorno alla Chiesa cattolica. Un conto è criticare la Chiesa; un conto è difendere la propria libertà nel dissentire. Altro, e ben diverso conto, è sostenere che la Chiesa attenta alla nostra libertà; che non deve intervenire; che le sue sono indebite ingerenze; insomma che deve tacere. Questa pretesa corrisponde all’eliminazione dell’avversario; certo non fisica, nelle intenzioni di chi pronuncia certi discorsi. Ma così come c’è qualche estremista che con i D’Antona e i Biagi ha deciso di «farsi giustizia» da sé (naturalmente in nome degli oppressi), qualcun altro potrebbe decidere che l’unico modo per silenziare Bagnasco - o chi per lui - sia quello di usare il silenziatore. Non pensate che sia fantasia: chi ha deciso di far scortare l’arcivescovo di Genova addirittura quando dice messa, evidentemente ha raccolto più di un segnale preoccupante.

Non bastano le parole di circostanza del presidente Napolitano. Tantomeno servono i non chiarissimi discorsi di Prodi, che ieri - invitando «tutti» ad abbassare i toni - ha perso una buona occasione per fare distinzione tra i Rivera e i Bagnasco.

È davvero brutto, il clima, se anche un cattolico di sinistra come Savino Pezzotta viene insultato perché si fa portavoce della difesa della famiglia, e viene chiamato «oscurantista» da una rivista chic come Micromega. È davvero brutto, se un ministro della Repubblica stravolge il senso di un discorso del presidente della Cei facendo credere che abbia equiparato Dico e pedofilia, additando così chi (non) ha pronunciato quel discorso al pubblico disprezzo. E, indirettamente, facendone un obiettivo dei nuovi estremisti.

Ecco perché l’allarme sul «terrorismo delle parole» non va liquidato come una caduta di stile dell’Osservatore Romano: è un allarme che scuote, o almeno dovrebbe scuotere, le coscienze di molti protagonisti della vita politica e giornalistica del Paese. Gente ben più importante di un riccioluto menestrello trasteverino, subito scaricato da quei sindacati che gli avevano incautamente dato la parola.

Il Giornale, 3 maggio 2007

GRAZIE!


La Stategia della tensione contro la Chiesa

Brutto spettacolo quello a cui si è assistito a Piazza San Giovanni in Laterano a Roma in occasione della festività del Primo Maggio. Ci si aspettava un concerto e parole di solidarietà e di esaltazione del mondo del lavoro ed invece sono stati propinati sproloqui sulla Chiesa e sul Papa tanto che, per dirla tutta, oltre che pessimo lo spettacolo si è trasformato in una invettiva che è divenuta offensiva non solo nei confronti del Pontefice Benedetto XVI ma anche di tutti i lavoratori che alla dottrina e alla gerarchia di Santa Romana Chiesa credono. E si, perché forse gli organizzatori di quello scempio di spettacolo non lo sanno, ma i lavoratori non sono tutti atei e miscredenti, anzi forse la maggior parte di quanti hanno festeggiato il Primo Maggio è credente e magari pure cattolica. Ma che “ci azzecca”, avrebbe detto Antonio Di Pietro, la festa dei lavoratori con le offese alle autorità religiose?

Durante la festa del lavoro ci si aspetta che venga stigmatizzato quanto non va nell’universo operaio e che vengano messe in rilievo le situazioni di disagio che alcuni o tutti i comparti lavorativi conoscono. Invece, abbiamo assistito alle inaccettabili performances di un Alessandro Rivera che francamente appaiono miserande. Se si volevano fare comizi anticlericali allora di potevano scegliere altri luoghi ed altre occasioni. Invece si è scelto di usare violenza alle coscienze di quanti a Piazza San Giovanni erano andati per ascoltare un concerto dedicato a tutti i lavoratori e non solo a chi poteva essere d’accordo con le tesi del Rivera. Le incredibili dichiarazioni rilasciate contro la Chiesa durante il Primo Maggio, fanno da “pendant” agli attacchi e alle minacce contro Monsignor Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Proprio questi attacchi al presidente della Cei devono indurre in riflessione, poiché non sono nati, a mio modo di vedere, dal nulla o dall’iniziativa di un pazzo isolato, ma si avvalgono di un sistema politico-culturale al cui interno si ripartiscono i compiti con precisione. Le manifestazioni tardive di solidarietà valgono quanto le citazioni di Darwin: ad annebbiare le coscienze e preparare quel fruscio di fondo opportuno per attutire il rumore quando ci saranno le esplosioni di violenza anticattolica. C’è un modo, però, per far sentire la solidarietà a Monsignor Bagnasco e alla Chiesa: essere tutti in piazza il 12 maggio per manifestare in favore della Famiglia, quella famiglia fatta così come ce lo ha insegnato la Chiesa. Così facendo si darà la risposta più valida ai facinorosi che pensano di rappresentare tutto il mondo ed invece sono espressione solo di frange guidate da cattivi maestri.

Il Meridiano


Concerto 1° maggio: dichiarazioni strumentali contro il Papa
I Papaboys: Alcuni di noi erano in Piazza, ma non ci sentiamo più rappresentati da certi personaggi

Continua il clima di ‘intimidazione' e ‘polemica strumentale', oltre che di vigliaccheria, contro il Santo Padre Benedetto XVI e contro la Santa Sede. Da parte di chi? Da parte di una sinistra estremista ed organizzata che non ostenta la strumentalizzazione di personaggi del mondo dello spettacolo per scagliare infamia contro chi, nonostante le proprie debolezze, continua a portare in questo mondo malato parole d'amore, di pace e di fraternità.



‘Alcuni dei ragazzi della nostra Associazione, circa un migliaio - dichiara il Presidente Nazionale dei Papaboys Daniele Venturi - ieri hanno partecipato insieme a tanti amici al Concerto del Primo Maggio in Piazza San Giovanni - e si sono trovati violentemente attaccati nel profondo del proprio credo cristiano da uno dei conduttori della giornata, con parole che rasentano il più vile terrorismo mediatico. Sfruttare centinaia di migliaia di giovani, che la pensano in maniera diversa dal conduttore sul palco - è un atto grave che deve far riflettere, sia gli organizzatori - televisivi ed artistici - , sia i responsabili della comunicazione: con l'impegno che la cosa non si ripetà mai più, perché dovrebbero essere richiesti provvedimenti gravi ed immediati, come la rimozione dai propri incarichi di responsabili di Concerto e di palinsesti."



"Non ci sentiamo rappresentati da personaggi discutibili, - continua il Presidente dell'Associazione Nazionale dei Papaboys - e non condividiamo il contenuto delle offese rivolte verso il massimo rappresentante terreno della nostra Religione Cristiana. Oltre al Presidente del Consiglio Professor Romano Prodi ed ai Sindacati, le Istituzioni non sono intervenute in maniera coerente e ‘presente'. Non c'è educazione, non c'è rispetto: valori persi per strada da chi dovrebbe garantire la crescita dei giovani. Sono stati molti i ragazzi della Piazza a non condividere le affermazioni del signor Andrea Rivera, ma questo i giornali non lo scriveranno mai: ed è l'ora di finirla, perché davvero non se ne puo' più!"

Giornale Valtellina

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