3 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 3 maggio 2007 (3)


Vedi anche:

Il Papa, il fondamentalismo conformista e l'ipocrisia dei media

Come volevasi dimostrare...

L'articolo dell'Osservatore romano

Rassegna stampa del 3 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 3 maggio 2007 (1)

Aggiornamento della rassegna stampa del 3 maggio 2007 (2)


LA PRETESA DEL SILENZIO

Guai a sottovalutre minacce tese a limitare la libertà della Chiesa. Lo dice anche il vicepremier Rutelli. Con il suo virtuale terrorismo, la nevrosi degli anticlericali estremi apre una questione politica: la prospettiva che si vadano riducendo gli spazi di agibilità pubblica del cattolicesimo militante. Per inettitudine della loro classe partitica, gli italiani credenti sono passati in meno di 20 anni dall'ombrello protettivo, asfissiante e spesso non richiesto, della DC, alla violenta pressione verbale contro la loro gerarchia ecclesiastica.
Preti e vescovi rischiano di essere considerati cittadini di serie B, non abilitati ad esprimere pubblicamente i propri giudizi sui progetti di legge e sui trend morali del Paese. L'Italia delle lobby, ce ne sono per ogni gusto, parrebbe sempre meno disposta a lasciar agire gruppi di interesso etico che si richiamino alla fede cristiana. Le minacce a Bagnasco, scelto come bersaglio, perchè numero uno della Chiesa italiana, vengono da invisibili minoranze. Non fanno numero e non hanno per ora peso politico. Ma corposo e manifesto è il fastidio di consistenti aree anticlericali per le prese di posizione della Chiesa. Si alza la voce quando i vescovi dicono la loro su temi "de iure condendo", cioè sulle leggi importanti in elaborazione. Si vanno così con prepotenza disegnando zone off limits per i pastori di almeno 15 milioni di italiani praticanti. Non si capisce se gli anticlericali si propongano di lasciare questa multitudine pubblicamente senza indirizzo in materie decisive per la religione, come le relazioni affettive interpersonali, l'eutanasia e la procreazione. L'ultralaicismo non si ferma a contestare le tesi cattoliche, nega al clero l'opportunità, se non la liceità, di sostenerle nel dibattito nazionale. La pretesa di avere in democrazia una Chiesa del silenzio non è spiegabile in termini di scienza dela politica. E' una semplice violenza intellettuale, largamente praticata da Napoleone, assai prima che dai regimi comunisti.
Il disegno, se c'è, si rivela autolesionista. In Italia intimidire la Chiesa ha del folle. Abbiamo da poco tempo chiuso una storia rovesciata di potere temporale dei Papi. Ora fra Stato e Chiesa siamo in un equilibrio felice, che l'attuale Presidente della Repubblica ha più volte lodato.
In politica i rimbalzi dell'anticlericalismo, di quello minuscolo clandestino e di quello in doppio petto sulla scena, finiscono per fare danni soprattutto a sinistra, creano imbarazzi e divisioni. E a patirne è l'intero clima civile.

Quotidiano nazionale, 1° maggio 2007

Grazie a Gemma per questo articolo :-)
Da notare che Barbiellini Amidei ha scritto questo articolo prima dell'incidente, come direbbe Politi.



Irresponsabilità varie

Una tensione studiata Ma non prevarrà

Marco Tarquinio

Piaccia o non piaccia è così: c'è una nuova e incredibile «strategia della tensione» in questo nostro Paese. Una strategia soprattutto mediatica e mirata a scavare, con un aratro storto e trascinato all'indietro, innaturali solchi di incomprensione e di diffidenza nella società italiana. Un'operazione pianificata da quanti ritengono di poter coltivare, in quei solchi tesi a dividere «laici» e «cattolici», ambizioni politiche e raccolti elettorali. Un progetto mediocre eppure potenzialmente devastante, come ha intuito ieri l'Osservatore Romano, perché anche la più risibile e maligna delle pretese - e tale è quella di mistificare l'impegno dei cattolici per l'affermarsi della cultura della vita e a difesa della famiglia - può diventare l'innesco di incendi non solo di parole. Perché questo, purtroppo, si rischia in un Paese dove ancora resiste la malapianta della violenza ideologica. Che si nutre di esitazioni e di minimizzazioni, ma anche di esasperazioni. E il presidente Napolitano ce lo ha opportunamente ricordato con la sua robusta e motivata solidarietà al presidente della Conferenza episcopale italiana fatto oggetto di oscure minacce.
Tuttavia, anche solo l'escalation di slogan e di progetti di legge-slogan (dai Dico al cosiddetto testamento biologico) su tematiche decisive per la qualità del futuro della società italiana rappresenta un pericolo che non va sottovalutato. E, comunque, l'artificioso clima di contrapposizione che si tende a instaurare - e che si continua a nutrire di nuovi sospetti e di vecchie invettive anticlericali - è allarmante di per sé. Offre pretesti a chiunque cerchi la luce dei riflettori e sia abbastanza spregiudicato da imbastire acri comizi di circostanza. Persino, come s'è visto il primo maggio a San Giovanni, al "giovin comico" che sapendo di potersi affacciare su una duplice grande platea (quella assiepata nella piazza romana e quella raggiunta grazie a telecamere e microfoni del servizio pubblico radiotelevisivo) ha premeditato un attacco al Papa e alla Chiesa grossolano quanto a contenuti, ma di studiata e insultante perfidia. Ingiustificabile, eppure accolto con solidale comprensione da non pochi paladini del politicamente corretto.

Gli stessi che (nel nome della vera "laicità" e, manco a dirlo, dell'autentico cristianesimo) tengono banco ormai da mesi sulla scena politica e massmediatica, cercando di imporre le proprie visioni su eutanasia, sperimentazione sugli embrioni umani, matrimonio e convivenza. E che, ora, non esitano a difendere a spada tratta dalle inevitabili e severissime critiche l'ultima recluta del loro agguerrito manipolo di propagandisti.

Non ci rassegniamo ad allargare le braccia davanti a una tale deriva e al frastuono che l'accompagna. Un rumore di fondo sempre più insopportabile, che nessuno dovrebbe illudersi di poter trasformare nella colonna sonora di questa fase difficile e cruciale della nostra vicenda nazionale nella quale - non dimentichiamolo - stiamo anche decidendo con quanto rispetto per noi stessi e per la nostra storia civile e culturale intendiamo partecipare alla costruzione di un'Europa che non sia più solo un mercato.
Non ci rassegniamo, insomma, all'idea di un dibattito politico che si alimenta persino delle battutacce dell'arruffapopolo di turno pur di tenere alto il livello di un distorcente e innaturale livore e pur di puntellare il ruvido e sbilenco muro anticattolico che si vorrebbe inventare all'alba del XXI secolo. Il presidente della Repubblica, in significativa convergenza con il Segretario di Stato vaticano, ha saputo dire con serenità e chiarezza - purtroppo poco imitate da troppi responsabili politici - l'impossibilità di questo progetto divisivo. E continuare parlare con serenità e chiarezza è l'obiettivo ribadito della Chiesa italiana. Questa, e solo questa, è la realtà del nostro Paese. E va rispettata.

Avvenire, 3 maggio 2007


ATTACCO ALLA CHIESA

Padre Lombardi sulle parole del comico Rivera: «Atto irresponsabile». Ma tutti devono darsi da fare «per disinnescare le tensioni. Non bisogna trasformare una sciocchezza in una tragedia»

«È terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali»

L’«Osservatore romano»: strategia della tensione le frasi contro il Papa al concerto del 1° maggio

Da Roma Gianni Santamaria

«Anche questo è terrorismo». Non ricorre ai mezzi termini l'Osservatore Romano per definire la performance del comico Andrea Rivera, che dal palco del primo maggio - sul quale era salito come conduttore insieme all'attrice Claudia Gerini - si è lasciato andare a pesanti battute sul Papa e la Chiesa cattolica. Il giorno dopo, ieri, il giornale della Santa Sede, nella cronaca che apre la pagina delle notizie italiane, ha definito la prova un «piccolo comizio», nel quale il conduttore «ha mischiato varie cose e varie aggressioni verbali, dando vita a un confuso e approssimativo discorso sull'evoluzionismo e sui temi delle vita e della morte». In serata, parlando al Tg1, il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha definito le parole di Rivera un «atto irresponsabile», invitando poi a darsi da fare tutti «per disinnescare le tensioni e per ricreare le condizioni per un dialogo sereno nella nostra società». In questo senso, ha concluso il gesuita, «è bene che quella che in realtà è stata una evidente sciocchezza non diventi una tragedia, e non sia occasione per un riaccendersi di sproporzionati conflitti». Ma a far accendere un'infuocata polemica nel corso della giornata era stato il riferimento dell'Osservatore al terrorismo. L'articolo apparso sull'organo della Santa Sede, invece, afferma con sicurezza che «è terrorismo lanciare attacchi alla Chiesa. È terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre dell'amore per la vita e l'amore per l'uomo». E rincara la dose: «È vile e terroristico lanciare sassi, questa volta addirittura contro il Papa, sentendosi coperti dalle grida di approvazione di una folla facilmente eccitabile». Inoltre l'Osservatore sottolinea come ciò sia fatto tramite argomenti «risibili», che manifestano la «solita sconcertante ignoranza sui temi nei quali si pretende di intervenire pur facendo tutt'altro mestiere». Infine, il giornale d'Oltretevere collega la vicenda al clima di questi mesi, culminato nelle minacce al presidente della Cei Angelo Bagnasco. «Sono di queste ore anche gli slogan nei cortei inneggianti ai terroristi, i messaggi che appaiono su internet, provenienti da "br" in carcere, un'offensiva che cerca di trovare terreno fertile nell'odio anticlericale». Quest'ultimo viene «coscientemente alimentato da chi fa del laicismo la sua sola ragione d'essere, per convenienza politica». Un atteggiamento che usa «interpretazioni capziose di discorsi fatti dallo stesso presidente della Cei, discorsi condotti sempre, come si diceva, in nome dell'amore, in difesa del bene dell'uomo, ragionamenti articolati e argomentati, rivolti a chi ha l'onesta di ascoltarli». Mentre le forzature servono solo ad aprire una «nuova strategia della tensione, dalla quale trae ispirazione chi cerca motivi per tornare a impugnare le armi, per rivitalizzare organizzazioni che hanno perso su tutti i fronti, primo fra tutti quello della storia». Insomma, a far rivivere «anacronismi». «Come quella presenza sul palco a San Giovanni. Un residuato in mezzo a tanti giovani». Infine, l'articolo si chiede come ci sia finito sul palco «questo personaggio, al quale si è purtroppo costretti a concedere ora un'immeritata notorietà». «Chi l'ha scelto non ha tenuto conto del momento che stiamo vivendo. Le parole del "conduttore" forse sono solo espressione di una sconcertante superficialità. Ma la loro pericolosità non è altrettanto superficiale». Gli organizzatori, vale a dire le confederazioni sindacali, hanno preso le distanze subito per bocca dei tre segretari. «Sono frasi del tutto inopportune, tanto più in una giornata come questa», è stato il commento di Guglielmo Epifani della Cgil. Per Raffaele Bonanni della Cisl, «questo non è il luogo adatto per fare politica e fare divisioni». Angeletti (Uil) ha liquidato quelle di Rivera come «dichiarazioni stupide». Bonanni ieri ha invitato l'artista a scusarsi con il Vaticano, ma anche con i sindacati «perché ha usato impropriamente» la manifesta zione «come occasione di propaganda ideologica» e ha affermato che, con le altre due sigle dei lavoratori, valuterà nei prossimi giorni se «chiedere i danni a questa persona per aver leso, in qualche modo, l'immagine di tolleranza e di convivenza tipica del concerto del primo maggio». Rivera - già artista di strada, poi transitato dal teatro, con Gigi Proietti, alla tv, con Serena Dandini («Parla con me» su Raitre) - alla fine e si è detto «profondamente dispiaciuto di aver creato polemiche così accese nel mondo televisivo, politico e religioso» e si è detto «consapevole di non aver fatto delle esternazioni leggere», ma che non era sua intenzione offendere il Papa e la Chiesa.

Avvenire, 3 maggio 2007


Pezzotta

«Sconcerto per il concerto»

Savino Pezzotta, uno dei due portavoce (insieme ad Eugenia Roccella) del Family day, ha espresso rammarico per le invettive contro il Papa e la Chiesa che si sono registrate al concerto del 1 maggio in piazza San Giovanni. «Verrebbe da dire che c'è grande sconcerto per il concerto» commenta Pezzotta «ma non è questione di giochi di parole... le cose che sono state dette feriscono il mondo cattolico che può non piacere, ma è parte importante della società italiana». E ha proseguito: «Ci auguriamo che la "nostra" piazza San Giovanni, a distanza di una decina di giorni, sia profondamente diversa» conclude Pezzotta. «Non partiamo, lancia in resta, contro nessuno, siamo "per" e non "contro". E ci auguriamo di raccogliere consensi su questo impegno per la famiglia anche fuori del mondo cattolico».

Avvenire, 3 maggio 2007


Prodi: buon senso da parte di tutti

Coalizioni divise sul caso scatenato dal concerto del Primo maggio. Sinistra radicale e verdi difendono il comico. Centrodestra solidale con il Vaticano

Da Roma Roberto I. Zanini

Un susseguirsi di prese di posizione politiche. La polemica sulle parole dell'Osservatore romano ha quasi immediatamente scalzato quella sull'intervento del comico Rivera al concerto del primo maggio. Uno dopo l'altro numerosi esponenti della sinistra hanno attaccato il quotidiano vaticano, accusandolo, per dirla col capogruppo del Prc al Senato, Russo Spena, di essere arrivato «a un livello pericoloso di intolleranza». Un concetto, quello dell'intolleranza, immediatamente ribaltato dal leader di An Fini, collegandolo alle minacce a monsignor Bagnasco e a Cofferati: «C'è la presunzione di negare alla Chiesa il diritto di pronunciarsi ma la Chiesa che deve fare se non parlare alla coscienza dei cattolici? Attenzione, perché in Italia c'è intolleranza e ce n'è tanta. Anche chi nega un banchetto per il referendum elettorale è intollerante. E siccome abbiamo memoria degli anni passati, attenzione ai cattivi maestri e a chi trova sempre un però e un modo per non condannare». Sul fronte governativo Romano Prodi preferisce non prendere posizione. Secondo il presidente del Consiglio, in visita a Lisbona, «bisogna usare serenità e buon senso ma purtroppo sono mesi che si alzano i toni. Di questo, il Paese non ha bisogno. Il Paese ha bisogno di serenità. Questo è l'unico messaggio che va a tutti. Scriteriati ci sono sempre . Persone che usano il linguaggio al di sopra delle righe ci sono sempre. Chi ha buon senso lo usi, diceva mia madre: cerchiamo di usarlo». Sempre nella compagine di governo, però, Enrico Boselli dello Sdi fa sapere di essere «in gran parte d'accordo» con le parole pronunciate sul palco di piazza San Giovanni e di non esserlo affatto con l'Osservatore romano, perché «evocare il terrorismo a sproposito significa aprire una caccia alle streghe invocando la censura». Anche secondo Capezzone della Rnp, l'Osservatore «è andato fuori misura». Analogamente per i Verdi «le accuse a Rivera sono esagitate e immotivate, figlie di un clima preoccupante di intolleranza». A riguardo Sgobio del Pdci arriva a dire che «non siamo nella Roma papalina. L'Osservatore rischia di imbarbarire il dibattito». Molto lontana la posizione di Lusetti della Margherita, che esprime «solidarietà a tutto il mondo ecclesiastico e a tutti quei cattolici che come me si sono sentiti offesi dagli insulti di Rivera». Analogamente il ministro Mastella parla di spettacolo «indecente» e afferma di voler parlare col ministro dell'Interno affinché il 12 maggio in occasione del Family day, «in quella stessa piazza non accada nulla. C'è una forma di terrorismo culturale dal cui humus possono scaturire tante cose che spero non vengano fuori». Per Follini i fatti del primo maggio «sono il percorso più breve che conduce dai banchi della maggioranza a quelli dell'opposizione». «I comici sbagliano ma non sparano», osserva al contempo il diessino Roberto Cuillo. Alcuni parlamentari di Fi annunciano una mozione per chiedere al governo «una dichiarazione ufficiale di condanna e solidarietà». Per Maurizio Lupi, infatti, «si rischia di alimentare un clima di odio verso la Chiesa». E dopo il coro di critiche la tivù di Stato prova a difendersi: «La Rai, e in particolare Raitre - si legge in una nota ufficiale di viale Mazzini - non partecipando direttamente alla contrattualizzazione degli artisti e dei conduttori né alla stesura dei testi e della scaletta del Concerto del Primo Maggio, non ha alcuna responsabilità su quanto accaduto nel corso della manifestazione musicale di San Giovanni organizzata ogni anno da Cgil, Cisl e Uil per la Festa del Lavoro».

Avvenire, 3 maggio 2007

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