19 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 19 giugno 2007 (2)


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Cristiani cancellati dall’Islam

GIANNI BAGET BOZZO

Benedetto XVI ha evocato con Bush le «critiche condizioni» delle comunità cristiane in Iraq. Ma è difficile per la Chiesa sollevare come problema politico la distruzione della comunità cristiana in Medioriente. La sola protesta sarebbe vista come attacco all’Islam. La shaaria grava già sull’Europa e sulle Chiese cristiane, interdice ogni critica alla religione musulmana o a Paesi musulmani. Per questo l’idea d’una manifestazione il 30 giugno, giornata della memoria liturgica dei primi martiri della Chiesa romana, a sostegno dei cristiani del mondo islamico è stata presentata da un musulmano laico: Magdi Hallam. Eppure la liquidazione dei cristiani nei Paesi musulmani è un processo recente che ha annullato la presenza del Cristianesimo nelle terre in cui ha avuto origine. Nel silenzio della Chiesa cattolica, che pure ha tanta voce in capitolo in sede internazionale, ma non evoca questa persecuzione nelle sedi diplomatiche e nemmeno nella pastorale comune. La Chiesa dei Paesi islamici è una Chiesa del silenzio costretta a subire la cancellazione senza poter dir nulla nel timore di scatenare il peggio.

Benedetto XVI è stato il primo papa a osare una critica alla dottrina coranica e alla pratica musulmana d’imporre, al prezzo della vita, l’adesione all’Islam.

Oggi in tutti gli Stati musulmani molti cristiani sono obbligati a convertirsi, sottoposti a violenza. Ciò non suscita reazioni nemmeno nei Paesi democratici dove pure la libertà di religione è la madre di tutte le libertà. Il Cristianesimo è perseguitato e nessuno solleva la questione perché perseguitare i cristiani nei Paesi islamici non è per la comunità internazionale violazione dei diritti umani. Il fatto che siano le Chiese a soffrire sembra dispensare gli Stati democratici da porre il problema del diritto dei cristiani a essere tali e a testimoniare la fede. Anche qui opera la convinzione che gli Stati musulmani non sono in grado di reggere la pressione religiosa se non a prezzo di considerare l’Islam fondamento della società. Nella sua storia l’Islam non fu così persecutore dei cristiani come lo è in questi anni: il mondo islamico teme la secolarizzazione occidentale e comprende che disgregherebbe la società in misura maggiore di quella avvenuta in Occidente con la secolarizzazione del Cristianesimo. Anche in Turchia la laicità è garantita nella sfera dello Stato, ma con il controllo islamico sulla società e degli imam sulla predica del venerdì. La sfida culturale dell’Occidente spinge i Paesi musulmani a una reislamizzazione come propria identità globale. Gli Stati reggono solo se permettono il dominio dell’Islam sulla società, quindi la shaaria anche nei rapporti politici interni.

Inoltre vi è un filone anticristiano laicista in Occidente che considera la Chiesa cattolica un avversario e vede nella repressione del Cristianesimo una politica simile a quella pensata dall’Illuminismo.

Ma che accadrà quando dal Marocco all’Indonesia ci saranno solo musulmani? I cristiani sono l’unica connessione reale dell’Occidente con i Paesi islamici. Un mondo musulmano senza Cristianesimo sarebbe l’humma islamica realizzata e l’applicazione della shaaria nei vari Stati sarebbe la sua conseguenza. E la cultura islamica non può concepire un avversario più ideale della secolarizzazione del Cristianesimo fatta in Occidente con il pericolo che essa prenda forma anche negli Stati musulmani. La fine delle minoranze cristiane crea le basi oggettive di una shaaria universale con le conseguenze politiche che ne deriverebbero anche nel diritto e nella politica dei Paesi occidentali. Le Chiese cristiane nei Paesi islamici sono una minoranza senza voce che viene bloccata e distrutta mentre essi sono l’unico punto in cui uno Stato islamico possa differenziarsi dall’Islam.

La Stampa, 19 giugno 2007


L'oscena parata gay che offende la Chiesa e i nostri giovani

di DON CHINO PEZZOLI*

Premetto che la libertà di esprimersi è un diritto di tutti. Semmai il problema consiste nel come esprimersi e far valere le proprie idee e scelte. Sabato scorso per le strade di Roma, i gay hanno esternato rabbia, avversione, aggressività verso il Papa, i vescovi, i cattolici che hanno espresso per le stesse strade il valore e la dignità della famiglia. Slogan osceni, accuse infamanti in un contesto di degrado cittadino che ha disturbato coloro che hanno il diritto di credere ancora nel buon senso umano. L'onorevole Francesco Cossiga chiede giustamente perdono al Papa «per le offese che sono state arrecate alla Chiesa di Roma, ai suoi simboli e a i suoi principi, e direttamente alla sua persona da parte dei partecipanti alla manifestazione priva di decoro e dignità». Io come educatore voglio chiedere scusa a tutti gli adolescenti e giovani per quella manifestazione carnascialesca di cattivo gusto che ha turbato o comunque offeso la loro sensibilità e il desiderio che portano in sé di un mondo adulto pulito, intelligente e ordinato. La volgarità sessuale tocca la parte profonda di questi giovani che cantano l'amore, sognano una famiglia e non un bordello. I primi offesi sono loro, i nostri ragazzi, certamente migliori di noi adulti senza scrupoli, privi di coscienza e banditori di scandali. Chiedo scusa a questi giovani che attendono da noi adulti una società responsabile dove il sesso è la forza dell'amore, della vita, e non una parata di volgarità, di esibizionismo disgustoso e becero. Certi corpi messi in esposizione con orgoglio, suscitano in chi ha buon senso, compassione, umorismo e nei giovani possono promuovere una mentalità permissiva, il consumo del sesso, una confusione che annulla i tratti biologici e psicologici maschili e femminili. Una vera orgia è stata consumata per le vie di Roma e puntualmente i telegiornali l'hanno pubblicizzata con i commenti di alcuni politici che s'attengono più all'ideologia che alla propria coscienza o sinderesi. Chiedo scusa ai ragazzi perché nelle loro famiglie le immagini sono entrate, gli slogan anche. Questo "mercato" del sesso e della omosessualità non coinvolge, semplicemente, la dimensione fisica della sessualità, ma anche qualcosa di più profondo, che interessa la parte spirituale dell'io. Nell'adolescenza abbiamo tutti sognato l'amore che doveva intrecciarsi con il desiderio dell'altro, dell'altra e tendere all'attesa dell'abbraccio, dell'unione dei cuori. L'omosessualità è una spaccatura interiore, una dissociazione che non può essere presentata come normalità. Non è mia intenzione approfondire l'origine di questa spaccatura mentale e comportamentale che considero, in parte, connessa a fattori genetici, in parte, frutto di esperienze permissive e istintive sessuali. Ciò che non accetto è la sfrontatezza nel far diventare una condizione intima, personale, una piazzata d'orgoglio, una bolgia pubblica. I giovani hanno bisogno di esempi chiari, di testimonianze di famiglie unite che lottano ogni giorno orgogliosamente per un amore aperto alla felicità, alla vita. Necessitano quindi di educatori intelligenti che li accompagnano verso incontri amicali complementari. L'uomo vuole la donna e viceversa per un completamento, per uno scambio di tratti femminili e maschili e così pervenire alla maturità. I giovani devono essere aiutati a sviluppare in sé desideri di paternità e maternità e non solo d'accoppiamento sessuale. Chiedo pertanto scusa ai giovani perché alcuni adulti cercano di strappare via dalle loro coscienze il senso del bene, la gioia di amare e di trasmettere la vita. Sì, sabato per le vie di Roma hanno sfilato i maestri della masturbazione, i corpi pronti per l'uso, le anime vuote di senso. Se potete, cari giovani, perdonateci.

* Comunità Promozione Umana

Libero, 19 giugno 2007

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