4 giugno 2008
Le parole di Benedetto XVI alla Fao: una scossa per cambiare davvero (Fazzini)
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LE PAROLE DI BENEDETTO XVI
UNA SCOSSA PER CAMBIARE DAVVERO
GEROLAMO FAZZINI
«Riforme strutturali». In voga negli anni Ottanta, nei documenti finanziari che prescrivevano 'aggiustamenti' drastici ai Paesi poveri, questo binomio ieri è stato rilanciato dal Papa per dare la scossa alla comunità internazionale sull’emergenza alimentare.
È il segnale di una richiesta precisa, che va ben oltre il linguaggio di chi domandava ai soli governi del Sud del mondo passi decisi, scelte coraggiose.
È quanto il Papa ha chiesto ai rappresentanti dei Paesi riuniti per il vertice della Fao: non gesti di buonismo o soluzioni- tampone, ma «un’azione politica ». Ovvero: «Provvedimenti coraggiosi, che non si arrendano di fronte alla fame e alla malnutrizione, come se si trattasse semplicemente di fenomeni endemici e senza soluzione».
Se 100 milioni sono i 'nuovi affamati', vittime dell’impennata mondiale dei prezzi dei generi alimentari, non meno di 800 milioni sono le persone che soffrono la fame. Ergo: o gli interventi saranno profondi, convinti e corali o non si andrà lontano.
Contrariamente a quanto talune interessate Cassandre vanno sostenendo, il punto non è la scarsità di risorse a disposizione (comodo alibi spesso sbandierato per porre un freno alla natalità). «La fame e la malnutrizione – scrive il Papa – sono inaccettabili in un mondo che, in realtà, dispone di livelli di produzione, di risorse e di conoscenze sufficienti per mettere fine a tali drammi». È tempo di mettere questi temi al centro dell’agenda politica, compiendo «riforme strutturali indispensabili per affrontare con successo i problemi del sottosviluppo, di cui la fame e la malnutrizione sono dirette conseguenze».
Ben venga, allora, un soprassalto di solidarietà per affrontare la fase più acuta della crisi, come ha chiesto il direttore generale della Fao. Ben venga la proposta avanzata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, di non considerare, nei vincoli di bilancio imposti agli Stati membri della Ue, le quote destinate agli aiuti umanitari.
Ma c’è bisogno di sforzi più radicali. Gli aiuti internazionali, infatti, talora si sono rivelati un boomerang, nel momento in cui la gente rinuncia a comprare dal produttore locale quanto può avere gratis. La soluzione – come ha spiegato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon – sta nel garantire al contadino del Sud del mondo l’essenziale del suo fabbisogno, offrendogli opportunità effettive di produzione adeguata e di accesso al mercato.
C’è in gioco, insomma, un ridisegno urgente della logica economica globale, nel segno di una più equa distribuzione dei beni, di pari opportunità sul mercato globale. Ad essere chiamati in causa siamo tutti. Vale per speculatori di Wall Street che si stanno arricchendo in modo scandaloso con i futures sulla pelle dei poveri. Vale per l’Europa e gli Stati Uniti: la loro politica agricola, condotta nel segno del protezionismo e dei sussidi, è uno degli ostacoli allo sviluppo delle economie del Sud del mondo. Vale anche per il Brasile, che ha scelto la via dei biocarburanti come una corsia preferenziale: il presidente Lula ieri ha toccato i cuori dei presenti parlando della fame come di 'un insulto all’umanità', ma si è guardato dal promettere cambi di rotta circa la sua politica pro-etanolo.
La vera domanda, a questo punto, è: al di là delle dichiarazioni di principio, in che misura – singoli, popoli e comunità internazionale – siamo disposti a farci carico della crisi alimentare? Un esempio per tutti: se abbiamo a cuore il destino dei popoli nella morsa della fame potremo continuare indisturbati a mangiare frutti esotici fuori stagione, sapendo che per coltivarli i contadini locali hanno rinunciato a seminare riso o grano?
© Copyright Avvenire, 4 giugno 2008
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2 commenti:
solo una riflessione personalissima: spero che il vertice della FAO non si concluda, come altri precedenti, con la promessa di arrivare a stanziare mirabolanti cifre "entro il..."
perché poi succede che i governi cambiano, cambiano le circostanze e i problemi contingenti che ogni Stato si trova ad affrontare sul lungo termine, così che chi raccoglie l'eredità di quelle promesse fatte dieci, quindici anni prima trova immancabilmente una ragione per non mantenerle.
E allora mi auguro che, invece di promettere risultati eclatanti sulla lunga distanza, si faccia magari meno, si faccia anche poco, ma subito.
Un primo provvedimento concreto, da farsi "entro subito", sarebbe sciogliere la FAO, un enorme carrozzone di privilegiati internazionali che macina in un anno le risorse sufficienti a sfamare -davvero- milioni di persone. La prova della sua inutilità sta nel fatto che, da quando esiste, la FAO non ha minimamente intaccato il fenomeno della fame nei Paesi terzi. I funzionari sono quasi tutti "figli di papà" di politici di tutto il mondo, inviati a farsi delle meravigliose, lunghissime e costosissime vacanze romane, a spese della comunità internazionale. L'elenco dei benefits che elargisce la FAO a se stessa è impressionante, a cominciare dallo spaccio interno dove si acquistano prodotti di lusso a prezzi stracciati, grazie all'extraterritorialità. Insomma, una vergogna da eliminare senza indugi.
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