23 luglio 2007
Lettera del Papa alla Cina: intervista a Raphaela Schmid
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ROMA, domenica, 22 luglio 2007 (ZENIT.org).- Il solo fatto che Benedetto XVI abbia indirizzato una lettera ai cattolici cinesi è tanto significativo quanto il suo stesso contenuto, secondo una esperta sui rapporti tra Cina e Vaticano.
In questa intervista rilasciata a ZENIT, Raphaela Schmid parla della lettera del Papa e del suo significato per la Chiesa in Cina e per il Governo cinese.
Schmid, Direttrice del Becket Institute for Religious Liberty, ha recentemente scritto e diretto un documentario televisivo dal titolo “God in China. The Struggle for Religious Freedom”.
Cosa ha indotto Benedetto XVI ad indirizzare una lettera ai cattolici in Cina?
Schmid: La motivazione principale dietro questa lettera è legata al Cardinale Joseph Zen Ze-kiun: sin da quando Benedetto XVI lo ha nominato Cardinale, egli si è adoperato instancabilmente presso la Curia romana in favore dei cinesi cattolici.
Quando Pechino, dopo un periodo di riavvicinamento diplomatico, ha illegittimamente ordinato alcuni Vescovi nel 2006, il Vaticano si è trovato spiazzato e il Cardinale Zen ha ritenuto necessaria una riconsiderazione e una chiara presa di posizione in merito alla politica cinese, al fine di non trovarsi più impreparati.
Per questo motivo nel gennaio del 2007 si è svolto a Roma un incontro per discutere la questione, da cui è poi emersa la lettera del Papa.
Qual è l’elemento principale contenuto nella lettera?
Schmid: L’elemento più significativo di questa lettera è rappresentato dal solo fatto di esistere: una lettera del Papa indirizzata ai cattolici cinesi. E questo sarà un’occasione per verificare la serietà della tanto propagandata apertura a Roma da parte della Chiesa ufficiale.
I Vescovi riconciliati - il 90% dei Vescovi ordinati illegittimamente in Cina si sono successivamente riconciliati con Roma - non hanno problemi ad incoraggiare i fedeli a pregare per il Papa alla Messa domenicale. Ma se è il Santo Padre stesso ad indirizzare loro una lettera, cosa devono fare?
Distribuirla ai fedeli e tenerne conto come un punto di riferimento fondamentale per il futuro, oppure ignorarla e proseguire come se non fosse mai stata scritta?
Sicuramente, il solo fatto di ricevere questa lettera sarà tanto significativo quanto il suo stesso contenuto relativo all’attuale situazione della Chiesa in Cina.
Vi è già qualche riscontro su come la lettera sia stata finora accolta?
Schmid: Già prima di questa lettera, i funzionari avevano convocato i Vescovi cattolici della “Chiesa aperta” (quella sotto il controllo del Partito), per coordinare una risposta che a quanto pare è quella di non fare nulla.
Dalle notizie odierne risulta che la lettera non è stata resa nota durante le Messe della domenica e che il Vice presidente dell’Associazione patriottica ha indicato che non è in programma una sua distribuzione.
Egli ha tuttavia dichiarato che i fedeli possono procurarsela gratuitamente dal sito Internet, se lo volessero. E questo pare che stia avvenendo: sono stata in contatto con i cattolici della Chiesa clandestina che l’hanno già letta.
È in atto un forte movimento popolare nella comunità della “Chiesa aperta” in favore di una comunione con Roma, anche fino al punto che il Vescovo ausiliario di Shanghai ha ammesso che “i fedeli non accettano Vescovi privi di un mandato da Roma”.
Immagino che, nonostante le direttive della gerarchia ecclesiastica, anche essi stiano consultando la lettera on-line.
Resta da vedere se e in che misura il Governo cinese vorrà tentare di porre restrizioni all’accesso su Internet: secondo le notizie, alcuni siti Internet cinesi che avevano caricato sul sito la lettera sono stati successivamente costretti a toglierla.
La lettera costituisce un cambiamento radicale nella politica del Vaticano? Cosa ha cambiato effettivamente la lettera?
Schmid: Inizialmente la stampa ha riportato le cose in modo un po’ confuso. La lettera revoca le “speciali facoltà” conferite nel 1981 tramite una lettera del Cardinale Agnelo Rossi, allora Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
A quel tempo la Santa Sede non poteva nominare direttamente dei Vescovi per la Cina e quindi concedeva ai Vescovi già presenti in loco le “speciali facoltà” per le ordinazioni episcopali senza necessità di informare preventivamente la Santa Sede, per via dei pericoli che ciò avrebbe comportato.
Ovviamente, in un'epoca di diffusione della posta elettronica e della telefonia mobile, le comunicazioni con Roma non sono più un problema insormontabile, tanto che queste facoltà speciali non sono più necessarie.La revoca di queste facoltà tuttavia non equivale al superamento degli otto punti di Tomko del 1988. La lettera infatti afferma esplicitamente che i principi fondamentali rimangono gli stessi: l’ordinazione illegittima incorre nella scomunica “latae sententiae” secondo il canone 1382.
L’ordinazione episcopale dei Vescovi nominati o riconciliati con Roma è invece pienamente valida e legittima.
I Vescovi nominati senza mandato apostolico e non riconciliati con Roma restano invece illegittimi: essi tuttavia amministrano i sacramenti in modo valido anche se non legittimo.
I cattolici possono quindi ricevere i sacramenti amministrati da loro, qualora non vi fosse altra possibilità, così come li possono ricevere dai sacerdoti greco-ortodossi.
La lettera critica o condanna qualcuno?
Schmid: Nella lettera, Benedetto XVI dimostra una straordinaria simpatia e comprensione per le difficili situazioni dei singoli sacerdoti o Vescovi, e questa mancanza di libertà religiosa in Cina rappresenta un fattore attenuante nel loro processo decisionale. Non vi sono quindi condanne o critiche di principio.Ma allo stesso tempo il Papa dimostra fermezza rispetto alle singole istituzioni quali la Conferenza episcopale della Chiesa aperta che “non può essere riconosciuta dalla Santa Sede”, a causa della sua esclusione dei Vescovi in clandestinità e dell’inclusione dei Vescovi non riconosciuti dalla Santa Sede e della stessa Associazione patriottica cattolica i cui statuti sono “incompatibili con la dottrina della Chiesa”.
Che cosa è l’Associazione patriottica cattolica?
Schmid: L’Associazione patriottica cattolica non si identifica con la Chiesa aperta o ufficiale, sebbene vi sia un certo grado di sovrapposizione. Il Papa si riferisce ad essa come a una “entità esterna” che talvolta “interferisce” nella gestione della Chiesa ufficiale.
L’Associazione patriottica cattolica è stata istituita dal Governo nel 1957, con l’intento dichiarato di dare attuazione ai “principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa”.
Questi sono i principi che la lettera del Papa inequivocabilmente definisce “incompatibili con la dottrina cattolica”.
Ai cattolici in Cina è richiesto di aderire all’Associazione patriottica cattolica?
Schmid: Nel passato ai sacerdoti e ai Vescovi veniva richiesto di aderire a questa organizzazione se volevano praticare la loro fede in luogo pubblico e con l’approvazione del Governo.
Oggi non è più cosi: il Vescovo Lucas Li di Fenxiang, per esempio, ha ricevuto l’approvazione ufficiale senza essere membro dell’Associazione patriottica.
Ma esistono ancora enormi pressioni che talvolta vengono esercitate sui Vescovi e i sacerdoti per ottenere la loro adesione all’Associazione patriottica. Nel 2001 il Vescovo Li e il suo segretario sono stati arrestati dalla polizia e sono scomparsi per circa un mese. Altri 12 preti della sua diocesi sono stati detenuti e costretti a partecipare a corsi di rieducazione al fine di convincerli ad aderire all’Associazione patriottica.
La campagna non ha avuto successo, ma l’episodio dimostra il perdurante potere in capo all’Associazione patriottica.
Uno dei motivi alla base di questo potere è di carattere economico. L’Ufficio per gli affari religiosi e l’Associazione patriottica sono responsabili della gestione delle proprietà e degli investimenti confiscati alla Chiesa in tutto il Paese.
Secondo Anthony Lam del Centro Studi dello Spirito Santo di Hong Kong, il valore totale dei beni e proprietà confiscati ammonta almeno a 130 miliardi di Yuan, ovvero circa 12,5 miliardi di Euro. Solo una parte della rendita proveniente da queste proprietà è redistribuita alla Chiesa ufficiale.
Il documento non parla di Chiesa “ufficiale” o “patriottica”, né menziona una Chiesa “clandestina”. Che significato ha questa scelta?
Schmid: Il documento effettivamente non cita queste due realtà, ma non si tratta di una novità. Il Vaticano ha sempre evitato di parlare di uno scisma tra la Chiesa “ufficiale” o “patriottica” in Cina e la Chiesa cattolica romana.
I fatti tuttavia impongono una distinzione tra questi due gruppi di cattolici: tra quelli che collaborando con il Governo hanno ottenuto il privilegio di poter esercitare pubblicamente la loro religione, sebbene al costo di dover accettare Vescovi illegittimi, e quelli che essendosi rifiutati di scendere a compromessi sono stati costretti alla clandestinità.
Tuttavia, in definitiva, il futuro di questa distinzione dipenderà dal Governo cinese e dai progressi che saranno compiuti nel campo della libertà religiosa in Cina.
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