23 luglio 2007

Lettera del Papa alla Cina: il Vaticano attende la mossa di Pechino


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Ora deve chiedere l’approvazione della Santa Sede

Li Shan diventa vescovo “Sarà l’uomo del dialogo”

FRANCESCO SISCI

PECHINO

La Cina ha nominato 18 luglio, a sorpresa, padre Joseph Li Shan come nuovo vescovo di Pechino ancora senza l'ultima benedizione del Pontefice di Roma. La mossa appare come una risposta del Governo cinese al Vaticano dopo la lettera del Papa ai cinesi il 30 giugno scorso. Questo passaggio sarà cruciale per misurare le possibilità vere di normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Cina e Vaticano. Pechino potrà inoltre misurare concretamente quanto sia affidabile, secondo i suoi criteri, il Vaticano in un rapporto diplomatico.
Li Shan, appena quarantenne, era in una lista di candidati al soglio vescovile concordato con il Vaticano, ma non c’era stata ancora una decisione finale sul suo nome da parte di Roma. Ora si tratta di vedere se Li Shan si rivolgerà al Papa per ottenere la nomina prima della cerimonia religiosa di assunzione dell'incarico. Questo si augura il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone: Joseph Li Shan è una scelta «molto buona e idonea» - ha dichiarato a Cadore - ma ora deve essere chiesta l’«approvazione» della Santa Sede. Li Shan è un personaggio molto gradito ai cattolici di Pechino, è una personalità neutra tra le tante correnti che dividono il clero cinese, non è troppo con l’Associazione patriottica, leale al governo, né con la Chiesa clandestina, legata a Roma. Inoltre è uno dei pochi presuli della capitale effettivamente originario di Pechino.
Al predecessore di Li Shan, il vescovo Fu Tieshan, morto ad aprile, non fu concesso di recarsi a Roma per chiedere la nomina anche dal Papa. Comunque, se Li Shan si presentasse alla cerimonia di ordinazione - che potrebbe avvenire tra qualche settimana - senza la nomina del Papa, il vescovo verrebbe automaticamente scomunicato. Così si getterebbe un’ombra sull’intera diocesi di Pechino, a meno di un anno dalle olimpiadi, quando affluiranno nella capitale frotte di turisti da tutto il mondo, compresi (presumibilmente) anche molti cattolici, che non potrebbero andare a messa in una diocesi con il vescovo «scomunicato».
Per la Cina, in questo momento, è fondamentale misurare le vere intenzioni del Vaticano. In occasione della lettera ai cinesi, Pechino aveva presentato delle richieste all’ultimo minuto a Roma, che sono state rifiutate. Del resto la lettera non è un attacco alla Cina. La risposta di Pechino allora vuole essere uguale e opposta: nomina un vescovo che nella sostanza dovrebbe essere in linea con le richieste di Roma, ma nella forma e nei modi calpesta alcuni calli del Vaticano. Sembra che la Cina inviti Roma a chiudere la partita con un 1-1 - la lettera contro la nomina - e a raggiungere un accordo su Li Shan prima della sua investitura.
Subito dopo la scelta del nuovo vescovo di Pechino si sono intrecciate consultazioni frenetiche tra Pechino e Roma. Il governo cinese ha infatti pochissima familiarità con le procedure religiose cattoliche, ma ha indicato come vorrebbe procedere con i vescovi dopo la normalizzazione delle relazioni diplomatiche: elezione locale, nomina locale e poi benedizione dal Papa.

Nella sostanza, comunque, con la scelta di Li Shan Pechino lascia aperta la porta al dialogo. Se avesse voluto chiuderla, avrebbe potuto nominare al seggio vescovile uno dei padrini della Associazione cattolica patriottica.

Molti della Associazione sono ostili a una riconciliazione con Roma nel timore di perdere il potere che hanno acquistato in questi anni di separazione con il Vaticano. L’Associazione patriottica ha ufficialmente la guida dei 4 milioni di cattolici registrati, ha le mani su quasi tutte le proprietà immobiliari (un tempo della Chiesa romana in Cina) e ampio accesso alle risorse finanziarie dello Stato, da sempre generoso con gli organismi religiosi ufficiali.
Alcuni nell’Associazione temono che una riconciliazione con Roma possa sottrarre loro tutto questo potere molto concreto e poco religioso. D’altro canto, nel Governo c’è chi teme la corruzione dell’Associazione e vorrebbe una normalizzazione dei rapporti anche per mettere ordine nella confusa situazione dei cattolici cinesi, purché questo non sia una semplice resa alle richieste vaticane.

© Copyright La Stampa, 23 luglio 2007


A Lorenzago presenti anche trenta diaconi con le loro famiglie arrivati in pulman

A pranzo si parla di Cina

Il cardinale Zen ospite insieme a Scola e Bagnasco

LORENZAGO. La Cina passa per Lorenzago. Ne hanno parlato il papa e il cardinale Joseph Zen, a pranzo; commensali anche il patriarca Angelo Scola e il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco. Ovviamente non si sa che cosa si sono detti. Probabilmente i quattro hanno affrontato anche altri temi. Le condizioni di sicurezza, ad esempio, in cui vive Bagnasco, arcivescovo di Genova. Bagnasco era assolutamente inatteso a Lorenzago. E’ arrivato sorridente, mentre la celebrazione della messa stava per finire. E i giornalisti se lo sono trovato davanti all’improvviso.
Gli hanno rivolto soltanto la domanda sulla sulla liberazione di padre Bossi, con risposta di soddisfazione e di ringraziamento per quanti avevano operato affinché il missionario venisse restituito alla sua attività pastorale.
Zen era il più “braccato” dai media. Prima di lui era arrivato un pullman con trenta diaconi e le loro famiglie. Inavvicinabili anche loro. E lui, il porporato, più di loro. Che cosa gli volete chiedere - mettevano le mani avanti gli uomini della santa sede - prima che il cardinale abbia trattato di questi temi con il santo padre?
Molto delicato, infatti, è il nodo della recente nomina del vescovo di Pechino, da parte della chiesa ufficiale. Il cardinale Bertone, segretariio di stato, aveva manifestato a Pieve di Cadore, una positiva considerazione, improntata alla fiducia. Pare, invece, che Zen non sia altrettanto ottimista. Sta di fatto che il vescovo di Hong Kong non ha aperto bocca né prima né dopo. Ed a proteggerlo dai media ha provveduto lo stesso patriarca Scola, accompagnandolo velocemente dall’ingresso della piazza al palco dell’Angelus. Bagnasco ha mantenuto il riserbo pure lui.
Il pranzo nella villetta del papa è stato preparato dalle donne “consacrate” che curano la cucina di Ratzinger, ma qualche aiuto pare sia venuto anche dalle cucine del seminario di Treviso.
A Lorenzago erano presenti anche i vescovi Giuseppe Andrich, di Belluno, Ducoli, vescovo emerito, e Andrea Mazzocato di Treviso, ma dopo l’Angelus hanno preso strade diverse. A colazione con Benedetto XVI erano stati domenica scorsa. (fdm)

© Copyright Corriere delle Alpi, 23 luglio 2007

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