23 luglio 2007
Il messaggio del Papa ai giovani della GMG 2008
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Riportiamo l'unico articolo, quello di Avvenire, che i quotidiani nostrani si sono degnati di dedicare al messaggio del Papa in previsione della GMG di Sydney.
Io saro' anche cattiva a pensare male dei media, ma devo ammettere che non mi deludono mai...
Raffaella
La lettera del Papa dà i contenuti per Sydney
Nasce sotto le Dolomiti la Gmg del mondo nuovissimo
Ernesto Diaco
Sapevamo che le settimane trascorse in Cadore non sarebbero state di puro riposo. Ora veniamo a sapere che a Lorenzago Benedetto XVI non si è portato solo gli appunti per la seconda enciclica o qualche nuovo capitolo su Gesù di Nazaret. Nel silenzio del suo ritiro estivo sono entrati prima di tutto i giovani. Tra un anno esatto li incontrerà a Sydney, nell'edizione numero ventitré dell'invenzione più geniale di Giovanni Paolo II: la Giornata mondiale della gioventù. Per loro dunque ha preso in mano la penna, forse cercando i loro volti dietro i vetri della villetta alpina che lo ospita. E tra le sembianze dei coetanei trevigiani e bellunesi che lì gli hanno fatto visita. Per papa Ratzinger, infatti, non è la prima volta. Appena quattro mesi dopo il conclave, a Colonia, furono proprio i giovani a tenere a battesimo il nuovo pontefice. In quell'occasione, li mise in guardia da una religione "fai da te", e parlò loro dell'Eucaristia come di una "fissione nucleare" capace di cambiare il mondo. Da allora, si sono incontrati molte volte, in Vaticano e fuori. Non più di un mese fa, ad Assisi, ha dato ai giovani dell'Umbria l'indirizzo della felicità. «La verità - ha detto - è che le cose finite possono dare barlumi di gioia, ma solo l'Infinito può riempire il cuore». La prossima Gmg nasce dunque sotto le Dolomiti. Al turbinio di canti, colori, incontri, sorrisi manca ancora un anno, ma è giusto così. La grande festa dei Jesus-boys non è un evento isolato, lasciato alle emozioni del momento. Occorre prepararsi. E Benedetto XVI nel suo messaggio indica un preciso programma di lavoro. Ricalca, a ben guardare, l'esatto svolgersi di ogni Gmg: catechesi, preghiera e sacramenti, e poi l'invio missionario. Nella lettera consegnata ieri ai giovani del mondo (pubblicata alle pagine 8 e 9) c'è il Papa catechista che abbiamo imparato a conoscere. Ripercorre la Scrittura, spiega la Chiesa e la sua missione. Provoca i suoi uditori: chi è per te lo Spirito Santo? Questo "grande sconosci uto", risponde, è il grande "sì" alla vita e all'amore che Dio vuole per ogni creatura. Da buon educatore, il Papa dà anche un compito preciso, una responsabilità all'altezza degli interlocutori: chiede ad ogni giovane di condurre a Gesù un coetaneo. Gli adulti, sembra quasi dire, fanno fatica a entrare in comunicazione; tocca a voi toccare il cuore dei vostri compagni. Non è stato forse così, duemila anni fa? Una catena di bocca in bocca. Spesso bastavano gli occhi per contagiare di vangelo. Questa è la missione secondo Benedetto XVI. Una questione di amore e di libertà. Con buona pace di chi accusa i testimoni di intolleranza, ricorda il messaggio, «proporre Cristo non significa imporlo». Così come aveva scritto nella sua prima enciclica: «La miglior difesa di Dio e dell'uomo consiste nell'amore». Ecco la Gmg. Una nuova Pentecoste sul mondo del terzo millennio. I più fortunati potranno goderne un assaggio a Loreto, i primi giorni di settembre, per l'Agorà dei giovani italiani. Prima del prossimo incontro di Sydney, lo Spirito Santo è stato al centro di un'altra Giornata mondiale: quella del 1991 a Czestochowa. All'indomani della caduta del muro, segnò l'inizio di qualcosa di nuovo per l'Europa e molti dei suoi giovani. Le nuove generazioni portano con sé un dono, bisogna saperlo suscitare e raccogliere: cambia la storia. Giovanni Paolo II ci è riuscito. Lo farà anche Benedetto XVI. Anzi, ha già cominciato.
© Copyright Avvenire, 22 luglio 2007
Padre Bossi potrebbe incontrare il Papa a Loreto...
Bossi: vorrei essere col Papa in mezzo ai giovani di Loreto
Il missionario «si invita». Betori: una gioia, farà breccia nel cuore di molti
«Sarebbe un momento bellissimo: non ho mai incontrato il Pontefice e ci terrei a farlo», ha dichiarato da Manila il religioso del Pime
Il Segretario della Cei: la sua coraggiosa esperienza potrà servire a tantissimi giovani alla ricerca di chi fa del Vangelo la ragione della propria vita e la radice della speranza tra gli altri
Da Zamboanga Stefano Vecchia
«Vorrei incontrare il Papa». È questo il desiderio più grande di padre Giancarlo Bossi. E l'occasione buona potrebbe essere durante l'incontro con i giovani a Loreto, in programma ai primi di settembre. «Sarebbe un momento bellissimo: non ho mai incontrato il Papa e ci terrei a farlo», ha dichiarato il missionario. Ieri monsignor Giuseppe Betori, Segretario generale della Conferenza episcopale italiana e presidente del Comitato organizzatore dell'incontro dei giovani italiani a Loreto con il Papa, ha comunicato che «era già negli auspici del Comitato stesso poter avere la presenza di padre Bossi a Loreto e che - a tal fine - era stata lasciata aperta una finestra per consentirne la testimonianza davanti a Benedetto XVI e ai giovani. La disponibilità ora espressa da padre Bossi, ad appena qualche ora dal suo rilascio, viene accolta da tutti con grande gioia, certi che la sua coraggiosa esperienza di missionario potrà far breccia nel cuore di tantissimi giovani alla ricerca di chi, come padre Bossi, fa del Vangelo la ragione della propria vita e la radice della propria speranza in mezzo agli altri». Un altro segno forte di stima e considerazione per il missionario italiano ospite ora nella parrocchia di Maria Regina degli Apostoli, affidata al Pime a Parañaque, una delle municipalità della Grande Manila. Dopo la liberazione dai rapitori, padre Giancarlo auspica presto anche la liberazione dall'assalto di reporter e cameramen che lo hanno posto al centro di un'attenzione tanto inattesa quanto pressante. A parte questo, però, la sua prima giornata da uomo e missionario finalmente libero è stata serena. Sveglia alle quattro di mattina, dopo un sonno davvero ristoratore, un buon caffè all'italiana e un po' di televisione. Immancabile la telefonata alla famiglia ad Abbiategrasso in provincia di Milano, con la difficoltà a trovare qualcuno all'altro capo della linea a un'ora in cui parenti e amici erano riuniti per una preghiera di ringraziamento in parrocchia. «Poi - ha p roseguito padre Giancarlo - mi sono ritrovato ingabbiato nella prigione dei media»: telefonate e interviste fino al tardo pomeriggio, quando con il confratello e superiore dei missionari del Pime nelle Filippine, padre Gianni Sandalo, ha lasciato Parañaque per recarsi a cena dell'ambasciatore italiano Rubens Anna Fedele. Come lui stesso confessa al termine di una giornata impegnativa, soprattutto per un personaggio schivo come lui, «sono stanco ma felice per questo interesse e affetto nei miei confronti e mi rendo perfettamente conto che la mia disponibilità è un modo per ringraziare i tanti che so mi sono stati vicini». E poi aggiunge, con fare ammiccante: «Pensate che ieri un cittadino di Magenta, paese vicino al mio, ha fatto avere alla mia famiglia un salame lungo due metri pronto per quando arriverò». Personaggio frugale e capace di grande adattamento, padre Giancarlo, all'occasione, sa apprezzare piccoli piaceri delle sue origini lombarde, come il caffè fatto con la moka o un bicchierino di grappa o, ancora, alimenti della sua terra d'origine. Piccoli piaceri che nessuno si sente di negargli ora, dopo una disavventura che lo ha smagrito di almeno venti chili e lo ha anche incentivato a smettere di fumare. Nel frattempo emergono altri particolari circa le modalità del rilascio: Jaime Caringal, capo della polizia di Zamboanga, ha confermato ieri che per indurre i sequestratori a liberare l'ostaggio sono state utilizzate le armi della "guerra psicologica". Egli esclude con decisione, allo stesso tempo, l'ipotesi che sia stato pagato un riscatto o che ci sia stato una trattativa con i sequestratori o uno scambio di ostaggi. Fondamentale per il comandante Caringal l'azione di pressione degli oltre duemila soldati dispiegati nelle province di Lanao e Basilan. Dai comandi militari viene anche scartata l'ipotesi che i rapitori siano legati al gruppo di Abu Sayyaf, come indicato da padre Bossi subito dopo il rilascio, mentre appare più probabile che alcuni di loro, gi à identificati dalla polizia, siano guerriglieri fuoriusciti dal Fronte islamico di liberazione Moro, che in questa regione di Mindanao ha basi importanti e il controllo di vaste aree.
© Copyright Avvenire, 22 luglio 2007
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