23 novembre 2007

Enciclica "Spe salvi": il commento di Mons. Bruno Forte a Radio Vaticana


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Sarà pubblicata il 30 novembre la seconda Enciclica di Benedetto XVI intitolata "Spe salvi", salvati nella speranza. Il commento di mons. Bruno Forte

Venerdì prossimo 30 novembre sarà pubblicata la seconda Enciclica di Benedetto XVI intitolata Spe salvi, ovvero salvati nella speranza. Il documento pontificio sarà presentato nella Sala Stampa vaticana alle 11.30 dal cardinale Georges Cottier, pro-teologo emerito della Casa Pontificia, e dal cardinale Albert Vanhoye, professore emerito di Esegesi del Nuovo Testamento presso il Pontificio Istituto Biblico. Il testo dell’Enciclica sarà pubblicato inizialmente in otto lingue: latino, italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese e polacco. Il servizio di Sergio Centofanti:

A quasi due anni dall’Enciclica sull’Amore, la "Deus caritas est", ora Benedetto XVI ci offre l’Enciclica sulla speranza. “Cristo è speranza per il mondo – ha spesso sottolineato il Papa – perché è risorto, ed è risorto perché è Dio”. “Forti di questa speranza”, secondo il Pontefice, non dobbiamo aver paura delle prove che “per quanto dolorose e pesanti mai possono intaccare la gioia profonda che ci deriva dall’essere amati da Dio”. Certo, c’è il mistero grande del male, della morte: nel mondo c’è l’ingiustizia, le violenze, il dolore. Dio stesso non ha spiegato questo mistero che con la sua morte in croce e con la sua risurrezione:

“Attraverso le piaghe di Cristo risorto possiamo vedere questi mali che affliggono l’umanità con occhi di speranza. Risorgendo, infatti, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice con la sovrabbondanza della sua Grazia. Alla prepotenza del Male ha opposto l’onnipotenza del suo Amore. Ci ha lasciato come via alla pace e alla gioia l’Amore che non teme la morte”. (Messaggio Pasquale dell’8 aprile 2007)

Noi cristiani siamo chiamati a portare nel mondo la speranza, ma – afferma il Papa – occorre che la “fede diventi vita in ciascuno di noi”:

C'è allora un vasto e capillare sforzo da compiere perché ogni cristiano si trasformi in "testimone" capace e pronto ad assumere l'impegno di rendere conto a tutti e sempre della speranza che lo anima (cfr 1 Pt 3, 15). Per questo occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia l'evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del Cristianesimo, fulcro portante della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza ogni paura e indecisione, ogni dubbio e calcolo umano. Solo da Dio può venire il cambiamento decisivo del mondo. (Omelia allo Stadio comunale di Verona – 19 ottobre 2006)

L’Enciclica sulla Speranza, dunque, segue l’Enciclica sulla Carità: ascoltiamo in proposito la riflessione dell’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, intervistato da Sergio Centofanti:

R. - Certamente è un tema di vivissima attualità. Si può dire che se l’amore, la carità è la buona novella contro le solitudini ed anche le lacerazioni sul piano della giustizia e della convivenza dei singoli popoli, la speranza è quella che offre l’orizzonte di senso che dopo il tramonto dei grandi orizzonti dei miti ideologici, sembra essere largamente assente. C’è una penuria di senso e di speranza, e sembra che proprio ritornare alla speranza, rimotivare il senso della vita e della storia possa essere una forma concreta della carità per il tempo in cui noi stiamo vivendo.

D. - San Paolo nella Lettera ai Romani(8,24) scrive: “Nella speranza siamo stati salvati”...

R. - Credo che il significato profondo di questa espressione, che dà anche poi il titolo alla prossima Enciclica, stia proprio nell’evidenziare come per quanto l’esperienza della grazia, della fede, tocchi il cuore e cambi la vita, le riserve, “l’impossibile possibilità di Dio”, come amava dire Karl Barth contenuta in questa esperienza, è sempre eccedente rispetto ad ogni possibile esperienza temporale e storica. Vorrei dire con questo che quando tu incontri Dio, il Dio di Gesù Cristo, ciò che vivi in questa esperienza che ti cambia il cuore e la vita è proiettato verso il suo domani, il domani della sua promessa, anche se sei chiamato a viverlo nella fedeltà dell’oggi. Mi sembra che il Papa, sottolineando fin dal titolo questa dimensione di “salvati nelle speranza” ci voglia richiamare al senso escatologico del cristianesimo; quello che a volte è stato messo in ombra di fronte alle urgenze dell’oggi, dell’immediato. Anche qui credo che ci sia un segno epocale: l’escatologia ritorna al centro delle inquietudini del cuore umano. Interrogarsi sul destino ultimo, sulla vita, sulla morte, sul giudizio, sulla vita eterna, mi sembra che siano temi di cui tutti oggi riscopriamo i valori di fronte al tramonto delle grandi ideologie di fronte alla caduta di speranza e di senso ad essa conseguita, di fronte a questo bisogno di motivare, su un fondamento non caduco e passeggero contingente e provvisorio ma ultimo e definitivo, il nostro impegno storico.

R. - Gesù nostra speranza. Ma noi cristiani sappiamo portare al mondo questa speranza?

D. - Intanto per i cristiani la speranza non è qualcosa, non è la proiezione in avanti di un desiderio o una rassicurazione mondana. La speranza è Qualcuno, Qualcuno che è venuto ma, anche, inseparabilmente, Qualcuno che verrà: è Gesù Cristo. Questa è la novità cristiana e in questo senso il cristianesimo è portatore di senso e di speranza in maniera unica e perfino paradossale. Di fronte al villaggio globale, nella crisi dei modelli ideologici, di fronte alla ricerca di senso della vita e della storia, profonda nel cuore dei giovani, al di là di ogni apparenza, noi andiamo ad annunciare Gesù Cristo e Cristo è la speranza che non delude. Questo è il senso profondo della nostra missione, a questo non possiamo sottrarci, e a questo credo che voglia richiamarci il Papa con questa Enciclica che aspettiamo perciò con grande gioia e, è il caso di dire, con grande speranza!

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