22 novembre 2007
La rivoluzione delle staminali adulte (esperimenti senza embrioni): "Avvenire" intervista il prof. Shinya Yamanaka
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SCIENZA & ETICA
«Così ho ringiovanito le cellule»
Yamanaka: si potranno ottenere staminali pluripotenti dal proprio corpo
DI VIVIANA DALOISO
Diretto e di poche parole, decisamente poco abituato al palcoscenico mediatico così lontano dal suo laboratorio silenzioso «arrampicato» – come dice lui – al secondo piano di un vecchio edificio universitario di Kyoto. Shinya Yamanaka è il ricercatore giapponese che sta facendo parlare di sé mezzo pianeta grazie alla scoperta sulle cellule staminali umane 'riprogrammate', pubblicata ieri sulla rivista scientifica Cell.
Sarà forse per quella passione per la scienza nata casualmente – quando da adolescente incidenti di rugby e di judo lo costringevano a frequenti degenze in ospedale – ma di fama, Yamanaka, non vuol proprio sentir parlare. Sa che il suo metodo è destinato a mettere in discussione tutto l’impianto della ricerca degli ultimi anni, che delle cellule staminali embrionali aveva fatto la sua – apparentemente irrinunciabile – priorità. Eppure anche in queste ore non sa staccarsi dal suo lavoro, che in poco più di quattro mesi gli ha permesso di passare dal successo della sperimentazione sui topi a quella sugli esseri u- mani. Il tutto nonostante la mancanza di fondi e l’arretratezza degli strumenti (una situazione per molti versi simile a quella nostrana).
Dottor Yamanaka, come siete arrivati a ottenere le prime cellule 'riprogrammate' umane?
«Tutto è cominciato l’anno scorso, quando nelle sperimentazioni sui topi abbiamo identificato i quattro geni utili alla tecnica. Non avevamo idea del numero di fattori necessari per riprogrammare una cellula: potevano essere due come un centinaio, e il fatto che ne bastassero soltanto quattro non mi lasciò particolarmente stupito. Fummo molto fortunati, però, nel trovare la loro giusta combinazione. Con quella, la stessa dei topi, abbiamo cominciato la sperimentazione sulle cellule umane. Per quasi un anno non abbiamo avuto successo. Poi, come spesso accade nella scienza, è bastato un semplice cambiamento: differenti condizioni di coltura delle cellule, e un periodo più lungo di osservazione».
E cos’è successo?
«Da cellule adulte della pelle abbiamo ottenuto le prime 'Ips', cellule staminali riprogrammate e pluripotenti, con caratteristiche del tutto simili a quelle embrionali».
Che, tradotto in termini non troppo tecnici, significa?
«Significa che ora siamo in grado di generare cellule staminali potenzialmente capaci di trasformarsi in ogni tessuto umano senza ricorrere agli embrioni».
Perché queste cellule, con caratteristiche simili a quelle embrionali, sono così utili per la ricerca?
«Perché, a lungo termine, potranno essere utilizzate nella cura dei pazienti senza il rischio di un rigetto: le cellule adulte prelevate e riprogrammate sono le stesse del paziente. E soprattutto perché, a breve termine, potranno essere impiegate nella ricerca e nello studio delle malattie e nella sperimentazione di farmaci: riprogrammando cellule malate potremo monitorare lo sviluppo delle patologie e gli effetti dei farmaci».
Perché questa distinzione nei tempi di impiego delle cellule riprogrammate?
«Perché per inserire nella cellula adulta i quattro geni capaci di innescarne il processo di ringiovanimento siamo costretti a utilizzare dei retrovirus, che vengono incorporati nella struttura cromosomica delle stesse cellule. Questi nella maggior parte dei casi generano il cancro. Per ora non abbiamo trovato una strada alternativa».
Se le cellule staminali ringiovanite possono specializzarsi in ogni altro tipo di cellula, potrebbero anche trasformarsi in cellule germinali, cioè in spermatozoi od ovociti, e in linea teorica dare origine a un nuovo essere vivente. È così?
«Sì. Ecco perché credo sarà essenziale, in un futuro non troppo lontano, una regolamentazione appropriata dell’uso delle Ips, in modo da impedire abusi della tecnica ».
Come pensa che i risultati ottenuti dalla sua équipe abbiano influito sulla decisione di Ian Wilmut, il papà di Dolly, di abbandonare la clonazione per intraprendere la via della riprogrammazione cellulare?
«Non mi sento di rispondere. Quello che posso dire, anche rispetto al recentissimo annuncio dei ricercatori dell’Oregon Primate Reasearch Center sulle cellule staminali embrionali ottenute da scimmie clonate, è che la mia tecnica ha un enorme vantaggio: quello di non distruggere embrioni. E poi, certo, ha ancora uno svantaggio: l’impiego di retrovirus. Il nostro obiettivo, ora, è di eliminare questo svantaggio ».
La scienza contemporanea ci ha abituati al suo desiderio caparbio di libertà assoluta: pare non ci debbano essere ostacoli al suo progresso, e che la ricerca non possa avere limiti, tanto meno etici. Eppure lei sta dimostrando il successo di una scienza attenta all’etica...
«Sto dimostrando ciò di cui sono sempre stato convinto: che i limiti siano ostacoli che possono trasformarsi in risorse».
Il ricercatore nipponico spiega come è riuscito a riprogrammare un lembo di pelle umana, in grado ora di trasformarsi in altri tessuti «Il prossimo passo: evitare l’uso dei retrovirus che favoriscono la generazioni di tumori»
© Copyright Avvenire, 21 novembre 2007
Angelo Vescovi: si apre una nuova era nella ricerca
DA MILANO ENRICO NEGROTTI
«Esistono alternative per produrre cellule embrionali staminali senza produrre embrioni». Queste parole di Angelo Luigi Vescovi, docente di Biologia all’Università di Milano-Bicocca e direttore scientifico dell’Istituto «Brain Repair» di Terni, sono comparse su Avvenire nel dicembre 2004, ancora prima degli accesi dibattiti per i referendum sulla fecondazione assistita. «Sono stato buon profeta – osserva oggi lo stesso Vescovi – ma le mie parole erano basate su studi che si stavano già pubblicando: in particolare i primi risultati erano stati presentati da Alan Trouson, direttore del Monash Institute australiano, a un convegno a Boston nel giugno 2004». La strada è stata poi esplorata da altri: «Sono usciti già lavori su Nature e Cell, ora anche Science: sono le maggiori riviste internazionali, segno del valore di questi studi».
Da uno dei pionieri dello studio sulle cellule staminali in Italia viene la spiegazione dell’importanza pratica della scoperta dei ricercatori giapponesi e statunitensi: «È la dimostrazione che è possibile riprogrammare una cellula adulta e riportarla a un livello simile a quello della cellula embrionale senza però creare alcun embrione». «In prospettiva – aggiunge Vescovi – quando fosse reso possibile un loro uso clinico, queste cellule simil-embrionali sarebbero clonate dallo stesso paziente, quindi si eviterebbe ogni rischio di rigetto ».
In altre parole «viene messo a disposizione dei ricercatori un processo attraverso il quale una cellula adulta specializzata – chiarisce Vescovi – viene riportata a uno stadio indifferenziato. Si può quasi dire che eravamo davanti a un muro dietro il quale supponevamo ci fosse un mondo meraviglioso, e adesso abbiamo fatto un piccolo foro attraverso il quale abbiamo capito che quel mondo esiste: ora si tratta di allargare quel foro». Una prospettiva che ha affascinato anche Ian Wilmut: «È la dimostrazione che lo scienziato può cambiare idea se viene proposta una via più praticabile».
Occorre ancora lavorare per eliminare i problemi: si è parlato della difficoltà di elimina- re i retrovirus che sono serviti a introdurre i geni nelle cellule: «La riuscita dell’esperimento era l’obiettivo più importante – spiega Vescovi –. Per questo sono stati utilizzati vettori molto potenti in modo che i geni fossero trasportati efficacemente. Ora che il risultato è arrivato, sarà possibile studiare come evitare di lasciare i geni all’interno della cellula: usando tecniche per eliminarli, oppure impiegando vettori più labili».
Il valore della scoperta è comunque enorme: «Siamo agli inizi di una nuova era nella ricerca, come ripetono tutti gli osservatori qualificati – ricorda Vescovi –. Certamente occorre mantenere i piedi per terra, continuare a lavorare con metodo, ripetendo gli esperimenti ». Le applicazioni cliniche non sono dietro l’angolo, ma la strada sembra tracciata: «Per passare dal topo all’uomo è ci è voluto un anno. E se sono pubblicati oggi, gli esperimenti risalgono almeno a sei mesi fa: nei laboratori sono sicuramente già più avanti. La tecnica va perfezionata per avere cellule da sperimentare in clinica: non sarà subito, ma i tempi dovrebbero essere ragionevolmente brevi». «Anche noi – aggiunge Vescovi – che ci stavamo dedicando anche alle staminali dal testicolo, faremo esperimenti in questa direzione. Questi risultati confermano la validità e la liceità di scelte che perseguono vie alternative all’uso degli embrioni, quale lo studio di staminali di feti da aborto spontaneo, che stiamo effettuando all’Istituto “Brain Repair” di Terni grazie all’opera di mecenati quali il vescovo Vincenzo Paglia che ci sostiene generosamente».
© Copyright Avvenire, 21 novembre 2007
CLONAZIONE
E anche la Corea «frena» gli eccessi dei laboratori
Lorenzo Fazzini
Sta in Oriente il 'rifugio' degli scienziati pronti a manipolare gli embrioni umani anche contro la coscienza etica e spesso lo stesso interesse scientifico, una prassi da cui Ian Wilmut, il 'padre' della pecora Dolly, si è allontanato definendo improvvisamente «esaltante» lo studio delle staminali adulte. È infatti la Corea del Sud uno dei Paesi al mondo dove la ricerca sulle staminali embrionali non solo è permessa ma pure finanziata dal governo. A marzo il ministro della Scienza di Seul Kim Woo-sik ha stanziato 33 milioni di euro per tale scopo, il 20% in più rispetto all’anno precedente. Per i prossimi 10 anni saranno disponibili 463 milioni di dollari governativi per gli esperimenti sulle embrionali. Intanto però il governo sudcoreano sta cercando di porre un argine allo strapotere della ricerca biomedica: «I comportamenti dei ricercatori, la mancanza di sistemi di verifica e l’eccessiva competizione hanno causato studi falsificati», ha denunciato di recente il ministero della Scienza. E proprio in questi giorni – racconta il quotidiano «The Korean Times» – lo scienziato Hwang Woo-suk, 'falso' autore di clonazione di embrioni (le sue ricerche risultarono tecnicamente sbagliate e moralmente riprovevoli) ha ripreso le sue attività in Thailandia.
Di recente, ricevendo il nuovo ambasciatore sudcoreano in Vaticano, Benedetto XVI aveva espresso un fermo richiamo contro ogni «manipolazione dell’essere umano» e un appello affinché i «notevoli successi nella ricerca scientifica» vengano applicati «rispettando la vita dell’essere umano in ogni stadio della sua esistenza». Il Papa aveva ribadito al governo di Seul la ferma convinzione che «in nessuna circostanza un essere umano possa venir manipolato o trattato quale semplice strumento di sperimentazione».
Benedetto XVI aveva ricordato che la Chiesa «non esita ad approvare e incoraggiare la ricerca sulle cellule staminali adulte» mentre «la distruzione degli embrioni umani contraddice l’intento dei ricercatori, dei legislatori e dei funzionari della salute pubblica di promuovere il benessere umano».
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