22 novembre 2007

Concistoro, card. Bertone: il Papa, come già faceva il cardinale Ratzinger, ascolterà tutti, dai più anziani ai più giovani


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DI GIANNI CARDINALE

Domattina si riuniscono in Vaticano i cardinali in un Concistoro straor­dinario convocato da Benedetto X­VI il giorno prima della creazione di venti­tré nuovi porporati. Alla riunione sono sta­ti invitati tutti i membri del sacro collegio, elettori e ultraottantenni, compresi anche gli ecclesiastici che formalmente riceve­ranno la berretta domani. Si tratta della se­conda riunione di questo tipo dall’inizio del Pontificato. La precedente si è svolta il 23 marzo del 2006, il giorno precedente la prima creazione cardinalizia di papa Rat­zinger. In quella occasione parteciparono 136 cardinali su 193. Questa volta gli invi­tati sono complessivamente 201 (120 elettori e 81 non elettori).
Nel 2006 gli argomenti all’ordine del giorno furono quattro: la con­dizione dei vescovi emeriti; la questione sollevata dall’arcive­scovo Marcel Lefebvre; la riforma liturgica voluta dal Concilio Vati­cano II; il dialogo fra la Chiesa e l’islam. Oggi l’agenda è più agile.
Dopo una relazione del cardina­le Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la pro­mozione dell’unità dei cristiani, i cardinali sono chiamati ad e­sporre le proprie riflessioni e va­lutazioni sul momento attuale del dialogo ecumenico. Dopodi­ché, esaurito questo argomento, i porporati potranno intervenire liberamente su temi inerenti la vita della Chiesa in generale.
Nel 2006 il Concistoro iniziò con un saluto del cardinale decano Angelo Sodano, men­tre il Papa prese la parola la mattina, per e­sprimere la sua gratitudine per la parteci­pazione all’assemblea e per indicare gli ar­gomenti da discutere, e la sera, verso le 19,00, a conclusione dei lavori. Alla di­scussione parteciparono 20 cardinali la mattina e «numerosi» porporati il pome­riggio. Non furono diffusi né gli autori né i testi degli interventi.
Sulla riunione previa di domani e sul Con­cistoro per la creazione dei nuovi cardina­li prevista per sabato Avvenire ha posto al­cune domande al cardinale Tarcisio Berto­ne, Segretario di Stato di Sua Santità.

Eminenza, quale importanza riveste l’in­contro di domani?

Il Santo Padre fin da subito ha fatto cono­scere il suo desiderio di poter contare sui saggi consigli di quello che viene chiama­to anche il Senato del Papa. È poi noto co­me il cardinale Joseph Ratzinger abbia a­vuto come suo metodo di lavoro sempre quello di ascoltare con attenzione le rifles­sioni dei suoi collaboratori, dai più anzia­ni ai più giovani, prima di prendere una de­cisione. Papa Benedetto non ha cambiato la sua metodologia anche nel governo del­la Chiesa universale. L’incontro di domani si inserisce benissimo quindi in questo contesto.

Perché la scelta dell’ecumenismo come tema?

Il Papa fin dall’inizio ha detto di avere a cuore il dialogo con le altre Chiese e co­munità cristiane. Seguendo in questo l’e­redità di Giovanni Paolo II e soprattutto il comandamento di Gesù: Ut unum sint. Questo è un comandamento, non un sem­plice consiglio.

Davvero c’è un gelo ecumenico come qual­cuno ha detto dopo la recente terza as­semblea ecumenica europea celebrata in settembre a Sibiu in Romania?

Non mi sembra, se teniamo conto dei di­versi incontri avuti ai vari livelli. Il dialogo può avere dei momenti alti e dei momen­ti bassi. L’importante è avere sempre un co­stante desiderio e la volontà di arrivare al­la piena unione, senza però mai dimenti­care i doveri che tutti abbiamo nei con­fronti della verità.

Anche nel mondo cattolico si sono regi­strate rimostranze per il recente docu­mento della Congregazione per la dottri­na della fede sul subsistit in. Questo docu­mento è davvero un passo indietro rispet­to al Vaticano II?

Non credo. Non si può accusare questo Pa­pa di tornare indietro rispetto al Vaticano II. È vero però che papa Benedetto XVI, il quale è uno dei testimoni più qualificati delle assise ecumeniche, desidera che del Vaticano II sia data una interpretazione fe­dele e non arbitraria. Il documento da lei citato poi non fa altro che ribadire quanto già detto dalla Dominus Iesus.

Quali sono le speranze e le preoccupazio­ni riguardo il documento formulato a Ra­venna dalla Commissione mista interna­zionale per il dialogo teologico tra la Chie­sa cattolica e la Chiesa ortodossa sul tema «Le conseguenze ecclesiologiche e cano­niche della natura sacramentale della Chiesa. Comunione ecclesiale, concilia­rità e autorità»?

Le speranze sono molto maggiori rispetto alle preoccupazioni. Speriamo che il dia­logo su questi temi importanti proceda e che i problemi interni al vasto e comples­so mondo ortodosso si risolvano in una piena comunione tra tutte le componenti. Ne guadagnerà tutto il dialogo ecumenico.

Come mai partecipano al Concistoro an­che i neocardinali prima della creazione formale?

Come dicevo prima, il Papa ama avere il consiglio dei suoi collaboratori, compresi gli ultimi arrivati. E quindi già dal Conci­storo dello scorso anno è stato scelto il criterio di far partecipare all’incontro anche i cardinali de­signati pur se non ancora creati.

Sui media vi sono state critiche per una presunta sperequazione nel Sacro Collegio tra cardinali europei e nordamericani, molti, e cardinali del Sud, pochi. Il Natio­nal Catholic Reporter ha titolato: «Global South Underrepresesen­ted in College of Cardinals». L’An­sa ha trasmesso un dispaccio dal titolo: «Concistoro: cattolicesimo in Sud mondo, porpore al Nord». Che cosa risponderebbe a queste osservazioni?

Il Papa è sovranamente libero nel­la scelta dei cardinali. Se si considera solo matematicamente il rapporto tra fedeli e cardinali forse può sembrare che ci sia u­na sperequazione; ma se si vedono meglio i dati della distribuzione dei sacerdoti e dei vescovi nel mondo, anche le proporzioni risultano più equilibrate. Rimane sempre il fatto che il Collegio cardinalizio non è e non può essere un mera assemblea in cui vengono rappresentate con metodi demo­cratici le varie Chiese locali. È tutt’altro, co­me ripetutamente hanno spiegato i Papi nei discorsi e nelle omelie pronunciati du­rante i Concistori.

© Copyright Avvenire, 22 novembre 2007


Porpore e fedeli: la proporzione è con vescovi e sacerdoti i numeri

Italia e Usa restano ancora le nazioni più rappresentate all’interno del Sacro Collegio DA ROMA

Gianni Cardinale

Sabato la Chiesa cattolica avrà ventitré nuovi cardinali.
Tanti saranno gli ecclesiastici scelti da Benedetto XVI per il secondo concistoro del suo pontificato. Diciotto hanno meno di ottanta anni e quindi sono elettori che possono entrare in Conclave, cinque invece gli ultraottantenni. Alla fine della cerimonia quindi il Collegio cardinalizio conterà 201 membri, di cui 120 'votanti'. A dire il vero quando il Papa, lo scorso 17 ottobre, annunciò i nomi dei nuovi porporati, spiegò anche di avere intenzione di nominarne uno in più rispetto ai 17 posti previsti e di sforare quindi di una unità il tetto dei 120 stabilito fin dai tempi di Paolo VI. Ma la morte inattesa del cardinale giapponese Stephen Fumio Hamao, 77 anni, avvenuta a Tokyo l’8 novembre, ha di fatto annullato lo sforamento previsto. Dei 23 nuovi cardinali gli italiani sono sei.
Quattro gli elettori: il piemontese Giovanni Lajolo, 72 anni, presidente del Governatorato della Città del Vaticano; il toscano Angelo Comastri, 64 anni, arciprete della Basilica vaticana; il salesiano campano Raffaele Farina, 74 anni, archivista e bibliotecario di Santa romana chiesa; Angelo Bagnasco, 64 anni, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana. Due gli ultraottantenni: Giovanni Coppa, 82 anni, dal 1990 al 2001 nunzio apostolico a Praga, e il teologo francescano Umberto Betti, 87 anni, che fu perito al Concilio Vaticano II e che dal 1991 al 1995 è stato rettore della pontificia Università Lateranense. Di origini italiane sono anche altri due neocardinali: l’argentino Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, e lo statunitense Daniel Di Nardo, arcivescovo di Galveston-Houston. Dopo il concistoro di sabato quindi i cardinali elettori italiani saranno ventuno (e altrettanti gli ultraottantenni) conservando così il loro primato numerico nel Collegio cardinalizio. Seguono gli Stati Uniti con 13 elettori, e poi Francia Germania e Spagna con sei porporati elettori ciascuna.
Alcuni organi di stampa, ad esempio il settimanale statunitense National Catholic Reporter e l’agenzia Ansa, hanno sottolineato come il numero dei cardinali italiani e occidentali in genere sia sproporzionatamente superiore, considerando il numero dei fedeli, a quello dei porporati provenienti dalle Chiese del Sud del mondo. Il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, nell’intervista pubblicata qui sopra, fa notare però che se la proporzione si fa con il numero dei vescovi e dei sacerdoti, la composizione del Sacro Collegio risulta meno squilibrata di quanto possa sembrare. In effetti (e sul numero della rivista 30Giorni in uscita nei prossimi giorni comparirà un articolo statistico sull’argomento), se i tre Paesi che hanno il maggior numero di cattolici sembrano sottorappresentati tra i cardinali (il Brasile con 156 milioni di fedeli ha quattro porporati; il Messico ne ha pure quattro per 96 milioni di cattolici; le Filippine ne hanno due per 69 milioni di fedeli) è pur vero che i due Paesi che hanno più cardinali sono quelli che attualmente hanno il maggior numero di vescovi e di sacerdoti nel mondo: l’Italia, con più di 51mila preti e oltre 500 vescovi; e gli Stati Uniti, con oltre 45mila sacerdoti e più di 430presuli.

© Copyright Avvenire, 22 novembre 2007

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