22 novembre 2007

La rivoluzione delle staminali adulte: lo speciale di "Avvenire"


Vedi anche:

La rivoluzione delle staminali adulte (esperimenti senza embrioni): "Avvenire" intervista il prof. Shinya Yamanaka

Concistoro 2007: Radio Vaticana intervista Mons. Scherer (Brasile), Mons. Bagnasco (Genova) e Mons. Farina (curia romana)

La Sala Stampa della Santa Sede ufficializza l'incontro di domani fra il Papa ed i cardinali

Anche in Vaticano sarà introdotta la meritocrazia: chi lavora di più sarà retribuito di più

Mons. Bagnasco: "La mia porpora per l’Italia"

Concistoro, card. Bertone: il Papa, come già faceva il cardinale Ratzinger, ascolterà tutti, dai più anziani ai più giovani

Concistoro straordinario: all'ordine del giorno rapporti con Ortodossi ed Anglicani (Rodari per "Il Riformista")

IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

«Usque ad sanguinis effusionem» (fino all'effusione del sangue): Giuseppe De Carli commenta il prossimo concistoro

La seconda inchiesta di Barbara Spinelli per "La Stampa": il confronto fra i due Papi (che cosa vi avevo detto?) :-)

Secondo concistoro per Papa Benedetto: lo speciale de "Il Cittadino"

UDIENZA GENERALE SU AFRAATE, IL SAGGIO: VIDEO DI SKY

CONCISTORI PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI: LO SPECIALE DEL BLOG

IL PAPA SI RECHERA' IL 2/12 ALL'OSPEDALE SAN GIOVANNI BATTISTA

Le monache di clausura fra internet, silenzio e totale sintonia con Benedetto XVI (Di Cicco, Vicedirettore dell'Osservatore Romano)

Il teologo Ratzinger: il credente come l'incredulo condividono dubbio e fede. Nessuno può sfuggire completamente al dubbio, ma nemmeno alla fede!

Il saluto dell'Angelo a Maria: "Rallegrati". La spiegazione in due interventi del Papa.

Nuovo lezionario liturgico, Mons. Betori: "Nuova traduzione, dodici anni di lavoro e molteplici apporti ecumenici e interreligiosi"

Dacia Maraini si lamenta di Radio Maria...i Cattolici si lamentano di ben altro :-)

CONSIGLIO DI LETTURA (E DI FREQUENTAZIONE): IL ROMA FESTIVAL BAROCCO

Sinodo dei Vescovi sulla parola di Dio: intervista di Radio Vaticana al cardinale Martini

Messa tridentina: boom di richieste (di giovani) in Toscana: l'inchiesta di Repubblica

La rivoluzione delle staminali adulte: esperimenti senza embrioni


SCIENZA & ETICA

Da Madison e Kyoto l’annuncio simultaneo di una scoperta che può mettere fuori gioco chi insiste nell’uso della vita umana appena formata Un’alternativa dalle grandi potenzialità

Ricerca senza embrioni, ora è possibile

Scienziati giapponesi e americani riescono a far «regredire» cellule umane adulte

DA MILANO ENRICO NEGROTTI

Imprevedibili e promettenti sviluppi per la ri­cerca sulle cellule staminali vengono dalla pubblicazione ieri su prestigiose riviste scien­tifiche di due lavori che dimostrano come sia pos­sibile riprogrammare le cellule umane adulte fa­cendole regredire a uno stadio molto simile a quello embrionale. I lavori dei gruppi di James Thomson (Università del Winsconsin-Madison, Stati Uniti) pubblicato su Science e di Shinya Ya­manaka (Università di Kyoto, Giappone) pubbli­cato su Cell aprono piste di ricerca che, quando la tecnica sarà perfezionata, renderebbero su­perfluo l’utilizzo (e la distruzione) degli embrio­ni umani per ottenere cellule staminali per uso cli­nico. Con ovvia semplificazione del dibattito che da anni contrappone chi richiede alla ricerca an­che un rispetto per la vita e chi invece predica la necessità di non porre limiti al progresso della co­noscenza.
Il lavoro di Junying Yu e James Thomson (il pio­niere degli studi sulle cellule staminali embrionali umane nel 1998) ha realizzato il proprio esperi­mento introducendo un gruppo di quattro geni in una cellula adulta (fibroblasto) della pelle u­mana. Si tratta di geni (Oct4, Nanog, Sox2 e Lin28) che sono «attivi» durante lo sviluppo embriona­le e che vengono invece poi silenziati: i ricerca­tori li hanno selezionati tra molti altri «candidati» e li hanno inseriti nelle cellule utilizzando retro­virus. Il risultato è stato che le cellule sono regre­dite a uno stadio molto si­mile a quello embriona­­le, acquisendo la capacità di differenziarsi in mol­tissimi tessuti (pluripo­tenza) ma non in tutti (to­tipotenza). Sono state svi­luppate otto nuove linee di staminali, alcune delle quali coltivate per 22 set­timane.
Analogo risultato è stato ottenuto dal gruppo di Shinya Yamanaka, che già un anno fa aveva rea­lizzato un esperimento simile con le cellule di to­po. Ora si è ripetuto con le cellule umane: anche in questo caso sono stati selezionati alcuni geni (leggermente diversi: Oct 3/4, Sox2, Klf4 e c-Myc) e sono stati inseriti tramite un vettore virale nel­le cellule adulte. Identico il risultato: si sono ot­tenute cellule staminali simili a quelle embrio­nali che sono state definite Ips (dalla sigla «In­ducted pluripotent stem cells», cellule staminali pluripotenti indotte).
La scoperta di Yamanaka era stata «annunciata» sabato scorso quando un altro pioniere, l’inglese Ian Wilmut (che nel 1996 a Edimburgo coordinò gli esperimenti che portarono alla prima clona­zione di un mammifero, la pecora Dolly) dichiarò in un’intervista a un quotidiano inglese di essere pronto a dedicarsi agli esperimenti che sta con­ducendo lo scienziato giapponese sulla ripro­grammazione delle cellule adulte, proprio per­ché «più promettenti della clonazione e prive di risonanze socialmente ed eticamente negative». Infatti la portata degli esperimenti sta proprio nel superare la necessità di utilizzo degli embrioni nella ricerca sulle cellule staminali. Anche se, pun­tualizzano gli stessi scopritori delle nuove meto­diche, ulteriori studi sono ovviamente ancora ne­cessari perché non tutti i problemi della ricerca sono stati superati. «Da circa 50mila cellule u­mane – racconta Yamanaka – abbiamo ottenuto circa 10 cellule clonate Ips. Può sembrare poco, ma significa che da un solo esperimento si pos­sono ottenere diverse linee di cellule Ips». I ricer­catori, osserva Thomson, devono ancora indivi­duare metodi per rimuovere i vettori, cioè i virus usati per portare i geni all’interno delle cellule a­dulte.
Giovanni Neri, direttore dell’Istituto di genetica medica dell’Università Cattolica di Roma, osser­va che «le premesse sono buone» ma per arriva­re a risultati clinici ci vorrà tempo. Comunque, aggiunge, «il fatto che due gruppi siano arrivati a uno stesso risultato attraverso ricerche e tecni­che indipendenti è un po’ una 'prova del nove'».

© Copyright Avvenire, 21 novembre 2007


IL COMMENTO

Il microbiologo Pessina: «Una tecnica promettente per sviluppare nuovi farmaci»

Una scoperta importante, anche se «sul­la riprogrammazione cellulare e le sue prospettive – ben più efficaci rispetto alla ricerca sulle cellule embrionali – stanno la­vorando da molti anni diversi ricercatori in tut­to il mondo, Europa compresa. Peccato che fi­no a ora non se ne sia parlato molto». Il primo commento di Augusto Pessina, microbiologo dell’Università degli Studi di Milano, sui risul­tati ottenuti da Yamanaka e Thomson suona così.

A riprova di una sensazione condivisa da molti scienziati, non solo italiani, in queste ore: che la notizia annunciata ieri su Cell e Science abbia gettato luce su una certezza troppo a lungo taciuta, e certo non per interessi scienti­fici.

«D’altra parte – continua Pessina – perché mai un 'furbacchione' come Ian Wilmut a­vrebbe dovuto improvvisamente fare marcia indietro sulla clonazione e l’impiego di em­brioni nella ricerca? La verità è che queste tec­niche non danno i successi sperati. E questo ha chiaramente influito sulla possibilità di ottene­re finanziamenti. Chissà in quanti, dopo l’an­nuncio di ieri, dirotteranno i loro fondi dalla ri­cerca sulle staminali embrionali a quella sulle adulte...».
Leggi del mercato a parte, Pessina spiega i van­taggi che i risultati della scoperta sulla ripro­grammazione cellulare potrebbero avere in tempi brevi: «Per ora metterei da parte la possi­bilità di successi sui pazienti: siamo ancora troppo lontani dalla capacità di gestire queste cellule ringiovanite, che proprio perché così si­mili alle embrionali presentano gli stessi pro­blemi nell’essere gestite. Quello che invece po­trebbe cambiare in breve – aggiunge il micro­biologo – è la nostra conoscenza su determina­te malattie e la capacità di sintetizzare farmaci capaci di curarle».
Già, perché se fino a ora scienziati e ricercatori avevano insistito sulla necessità di impiegare in laboratorio linee di cellule embrionali (com­prate a caro prezzo sul mercato internazionale) per osservare lo sviluppo di malattie come il Parkinson o la Sla, e sperimentare eventuali farmaci, d’ora in poi sarà possibile ottenere gli stessi obiettivi senza distruggere embrioni, ma usando le cellule adulte riprogrammate.

© Copyright Avvenire, 21 novembre 2007


Nasce da motivi «pratici» la svolta nei laboratori

DI MICHELE ARAMINI

La notizia che Ian Wilmut, lo scienziato scozzese padre della pecora Dolly, ha deciso di abbandonare le sue ricerche sulla clonazione e la sperimentazione sugli embrioni umani è certamente motivo di soddisfazione. In pratica Wilmut ha rinun­ciato a servirsi dell’autorizzazione recente­mente concessagli dal governo inglese di creare embrioni chimera uomo-animale.
La posizione etica di Wilmut sul valore del­la vita dell’embrione tuttavia non è cam­biata: «Siamo contrari alla clonazione a sco­po riproduttivo, ma l’embrione nei suoi sta­di iniziali non è una persona. Non vi è nes­sun accenno di sistema nervoso e non lo a­vrà per settimane». È chiaro perciò che il motivo del suo nuovo orientamento di ri­cerca consiste nel fatto che la tecnica di ri­programmare le cellule adulte, per ottene­re cellule con le stesse caratteristiche di quelle embrionali, è più conveniente ri­spetto al tentativo di indirizzare le embrio- nali a evolvere verso un determinato tipo di cellule. Una conversione etica che rispetti l’inviolabilità dell’embrione sarebbe stata auspicabile, ma al momento non c’è.
Il discorso vale sostanzialmente anche per i due team di ricercato­ri (Università di Kyoto e Università del Wiscon­sin- Madison) che sono riusciti a ottenere cellu­le staminali con caratte­ristiche simili a quelle delle cellule embrionali a partire da cellule del­l’epidermide. Sono sta­te le difficoltà insor­montabili a program­mare le cellule stamina­li nel senso voluto che hanno spinto questi ricercatori a percorrere un’altra strada.
La vicenda di cui ci occupiamo ripropone due questioni decisive. La prima è la su­perficialità con cui ci si è sbarazzati della qualità umana dell’embrione e della ne­cessità di difendere la sua esistenza, in no­me di esigenze pratiche. La motivazione u­tilitarista- terapeutica continuamente invo­cata per il bene dell’uomo viene troppo fa­cilmente applicata contro l’uomo: l’utilità dei forti a scapito dei de­boli. È necessario ri­chiamare gli scienziati al fatto che la scienza è un’impresa etica se si mette a servizio di tutti gli uomini. Per motivi u­tilitaristici non si può declassare il valore del­la vita di nessun essere umano.
La seconda questione è quella dell’autonomia della scienza e della ricerca. Sul punto è be­ne richiamare che la ricerca scientifica non è quasi mai libera, non tanto per la suppo­sta influenza opprimente della Chiesa, quanto perché risponde agli obiettivi dei fi­nanziatori, e non può fare altrimenti.
Un valore etico fondamentale come la di­fesa della vita e della dignità dell’uomo non può essere considerato come un limite al­la ricerca. Anzi: esso deve valere come sti­molo a percorrere nuove vie di ricerca. Le recenti scoperte di cui parliamo in queste pagine sarebbero forse avvenute prima se si fosse puntato decisamente, per tempo, alla salvaguardia dell’embrione e allo stu­dio delle staminali adulte. La comprensio­ne della vicenda delle cellule staminali, fi­no a questi ultimi sviluppi, ci mostra come anche la ricerca scientifica possa trasfor­marsi facilmente in ideologia. Infatti da molto tempo è chiaro che la via delle sta­minali adulte è la più promettente. Eppure si è insistito sulle embrionali con una sicu­rezza che è andata molto al di là del ragio­nevole. Perciò è necessario mantenere un’attenzione critica nei confronti del pro­getto scientifico, perché mantenga il suo va­lore etico. La scienza è condotta eticamen­te solo se si pone veramente a servizio di tutte le persone umane. Senza eccezioni.
I ricercatori hanno verificato che la nuova tecnica è più efficace e dà risultati sinora impossibili. Dunque una «conversione» non dettata dall’etica

© Copyright Avvenire, 21 novembre 2007


«È ideologico perseverare sugli embrioni»

intervista

Kenner, docente a Vienna: «Chi insiste su questa strada lo fa per interessi diversi da quelli scientifici»

DAL NOSTRO INVIATO A VIENNA
RICCARDO CASCIOLI

«È la conferma che la ricerca sugli embrioni non ha futuro, come peraltro dimostra la ricerca stessa di questi decenni. Chi insiste su questa strada lo fa per altri interessi». È lapidario il professor Lukas Kenner, uno dei massimi esperti europei di cellule staminali, nel commentare l’annuncio del 'padre' di Dolly e la scoperta annunciata ieri.
Professore all’Istituto di Patologia Clinica dell’Università di Vienna, Kenner ha fondato con altri 5 colleghi l’Istituto Ludwig Boltzmann per la ricerca sul cancro; dal 2005 è consulente scientifico dell’arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schoenborn, e del Parlamento tedesco per le cellule staminali.
Da quest’anno è anche membro della Pontificia Accademia per la Vita.

Professor Kenner, quali possono essere gli interessi legati alla ricerca sugli embrioni?

Sono convinto che si tratti soprattutto di interessi ideologici, connessi al significato della clonazione che è il vero obiettivo di tale ricerca. Altrimenti non si spiegherebbe tanta insistenza su una strada che è un vicolo cieco.
Bisogna aver chiaro che qualsiasi tentativo di collocare l’inizio della vita in un momento diverso dalla fusione dell’ovulo con lo spermatozoo da un punto di vista biologico non è giustificabile. Al contrario, separare l’attribuzione della dignità umana dall’inizio della vita biologica è bioeticamente esplosivo.

Ma se la ricerca sugli embrioni è senza futuro perché ci sono tanti investimenti su questo settore?

È soltanto il denaro pubblico che finanzia questa ricerca, dovuto all’ignoranza di politici che cedono alle pressioni di una certa cultura. Poi giocano anche le ambizioni di singoli scienziati e di singoli Paesi. Non a caso questa situazione favorisce la frode scientifica: il caso del professore sudcoreano Hwang Woo-suk è stato soltanto il più clamoroso di una lunga serie.

Lei dunque sostiene che non ci siano in ballo grossi interessi economici?

Guardi, l’unico interesse economico in questo caso sta nel fatto che l’uso dell’embrione umano è molto più conveniente.
In pratica è a costo zero, mentre l’uso di animali è molto più costoso. Un solo embrione di scimpanzé, il più simile all’umano, costa all’incirca 3mila euro. Ma anche gli esperimenti con i topi sono molto costosi: una cavia costa circa 300 euro l’anno e per una qualsiasi ricerca ce ne vuole una grande quantità.
Liberalizzare la ricerca sugli embrioni equivarrebbe dunque a un forte risparmio per i laboratori.

© Copyright Avvenire, 21 novembre 2007

Nessun commento: