30 maggio 2008
Nella solennità del Sacro Cuore la Chiesa celebra la Giornata mondiale per la santificazione dei sacerdoti. Intervista con mons. Piacenza (R.V.)
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Nella solennità del Sacro Cuore la Chiesa celebra la Giornata mondiale per la santificazione dei sacerdoti. Intervista con mons. Piacenza
In occasione della odierna solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Chiesa celebra la Giornata Mondiale di preghiera per la santificazione dei sacerdoti. La Congregazione per il Clero anche quest’anno ha inviato una Lettera a tutti i sacerdoti, a firma del cardinale prefetto Claudio Hummes e del segretario, l’arcivescovo Mauro Piacenza. A mons. Piacenza Giovanni Peduto ha chiesto di illustrarci i contenuti principali della Lettera:
R. - Si è voluto ribadire, in accordo pieno e motivato, con quanto richiamato dal Santo Padre nell’Enciclica Deus Caritas est, al n. 37, il primato della preghiera, documentato nella fedeltà alla Celebrazione eucaristica e all’Adorazione del Santissimo Sacramento, entrambe vissute quotidianamente, come esigenza del cuore, più che come dovere d’ufficio. Una tale radicalità evangelica è il motore di una piena identità sacerdotale e, con essa, della forza missionaria che scaturisce dalla sacra ordinazione. Si è altresì sottolineato che il servizio al Popolo santo di Dio, quello che ultimamente si chiama “pastorale”, ma che preferirei definire apostolato, è la via maestra, e mai un ostacolo, per la santificazione dei sacerdoti.
D. - Qual è la più grande testimonianza che un sacerdote può dare alla gente?
R. - Rendere presente Cristo nel mondo. Il sacerdote è un uomo totalmente “preso” dal Signore Gesù, da Lui scelto e costituito sacerdote. Egli vive del rapporto con Cristo e, questa vita interiore, deve trasparire in ogni gesto del sacerdote, nella sua intelligenza, nel suo tratto umano, nella sua capacità di comprendere, accogliere, patire e com-patire. Non c’è testimonianza più grande che quella di portare Dio ai fratelli, donando loro la Divina Misericordia e il Pane del Cielo: la Santissima Eucaristia. Perché ciò accada, non solo efficacemente, ma fruttuosamente, il sacerdote deve entrare, quotidianamente, nell’ottica del “diminuire”, perché il Signore cresca in lui e nei fratelli.
D. - Come i fedeli laici possono aiutare i sacerdoti?
R. - Il sacerdote è costituito, nelle cose che riguardano Dio, per il bene del Popolo. Quindi il ministero è per la gente, ed è fondamentale avere sacerdoti santi, che siano di esempio e di sostegno al Popolo. Il primo aiuto che i fedeli laici possono offrire al sacerdote è quello della preghiera. Essa sottolinea il riconoscimento dell’origine sopranaturale del Ministero Ordinato; riconoscimento che ha la sua maturità nel “sensus Ecclesiae”. I laici desiderano “preti-preti”, sacerdoti che non si nascondano, non siano secolarizzati, ma lieti e certi della loro identità e, perciò, capaci di proporre modelli convincenti e credibili. I laici possono aiutare i sacerdoti, chiedendo loro ciò che è proprio del ministero affidato dal Signore, collaborando motivatamente, fortemente appassionatamente, ma rimanendo al proprio posto di fedeli laici; rispettandoli, in modo che i sacerdoti siano aiutati a percepire, anche dall’atteggiamento dei fedeli laici, il mistero che è in loro. Talora ai fedeli laici è domandato anche di avere comprensione verso i sacerdoti, uomini che portano in se stessi qualcosa di assolutamente divino, unitamente alla umana fragilità.
D. - Il sacerdote agisce “in persona Christi”: ci può spiegare che cosa significa?
R. - Diciamo più precisamente “in persona Christi Capitis”. Nel ministero ordinato è Cristo stesso che è presente nella Sua Chiesa, in quanto Capo del suo Corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del Sacrificio redentore. Come insegnato dal Papa Pio XII, nella fondamentale Enciclica Mediator Dei: “E’ il medesimo Gesù Cristo di cui realmente il ministro fa le veci […] assimilato al Sommo Sacerdote, gode della potestà di agire con la potenza dello stesso Cristo che rappresenta”.
5. - Qual è la situazione dei sacerdoti oggi?
R. - Il contemporaneo contesto sociale è per certi versi inedito e per altri avvincente. È inedito perché l’anticlericalismo ottocentesco, almeno in Occidente, pare talora ripresentarsi, sotto le mentite spoglie dello scientismo, del relativismo, dell’edonismo, che paiono non riconoscere dignità della ragionevolezza dell’atto di fede e, conseguentemente, pretenderebbero di affermare la totale inutilità del cristianesimo e del sacerdozio. In tale contesto inedito, che potremmo definire di “non riconoscimento”, i sacerdoti sono chiamati ad operare. Ad essi è chiesta una grande capacità di leggere la realtà, di coglierne gli aspetti problematici, cercando di correggerli, richiamando costantemente gli uomini alla Verità, all’Assoluto. La situazione è, nel contempo, avvincente perché c’è un grande fermento, soprattutto in tanti giovani buoni e disponibili, i quali domandano ai sacerdoti di essere autorevolmente padri nella fede, guide sicure e non demagogicamente appiattiti sulle mode passeggere, riferimenti esemplari ed affidabili. In tal senso, senza mai “piangersi addosso” e superando decisamente ogni tentazione vittimistica, è necessario rispondere alla domanda che ci viene rivolta, sapendo leggere, per davvero, i segni dei tempi, di questo nostro tempo presente. E solo lo Spirito Santo ci insegna a leggere i segni dei tempi, non già lo “spirito del mondo”.
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