30 maggio 2008

Superiore e superiori generali sull'Istruzione: «L'autorità e l'obbedienza» alla prova delle realtà locali (Osservatore)


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Superiore e superiori generali sull'Istruzione

«L'autorità e l'obbedienza» alla prova delle realtà locali

di Giovanni Zavatta

Il documento su autorità e obbedienza nella vita consacrata c'è. La sfida secondo superiore e superiori generali riuniti in assemblea, ora sembra soprattutto questa: come far comprendere a tutti il nuovo testo vaticano, come riuscire a parlare un'unica lingua affinché l'Istruzione possa essere ascoltata, elaborata e accettata nelle varie situazioni culturali presenti nei cinque continenti. "Affinché sia compreso nel contesto australiano - afferma suor Sandra Perrett, dell'Institute of the Blessed Virgin Mary - credo che questo documento avrà bisogno di essere sfumato, modellato, per renderlo ancora più utile nella nostra particolare cultura. Nell'Australia rurale così come nelle zone dell'entroterra disabitate e selvagge, donne e uomini religiosi vivono e amministrano senza celebrare regolarmente i sacramenti e a volte limitati, a causa delle distanze, nelle relazioni con il resto della loro comunità. Donne e uomini - sottolinea suor Sandra - che non possono parlare un linguaggio esclusivo che lasci fuori più della metà della popolazione, composta anche da indigeni, per la quale Dio è più grande del "buon Padre" descritto nell'istruzione, per la quale la presenza di Dio è insieme intima e trascendente".
Nel testo si afferma che i superiori e le norme ad essi affidate sono "mediazioni umane" della volontà di Dio ed è a loro che il religioso deve far riferimento. "Ma per una congregazione come la mia - dice Carol Regan, superiora generale delle Suore della Santa Unione dei Sacri Cuori, in Nord America - dove le comunità locali sono spesso piccole, dove alcuni membri vivono singolarmente o sono soli in un particolare ministero, e dove altri necessariamente vivono in ampie comunità monastiche, i consueti, quotidiani "mediatori" in gran parte dei casi non sono quelli chiamati a svolgere il servizio dell'autorità, bensì le consorelle in comunità, i colleghi di ministero, coloro verso cui siamo mandati in missione, la quotidianità stessa".
Molti si sono chiesti perché questo argomento e perché proprio ora, se l'istruzione non sia altro che un nuovo strumento per "normalizzare" religiosi e suore. In realtà il tema presente in filigrana in tutto il documento è quello della ricerca della volontà di Dio, una ricerca che conduce a sperimentare la pace e che costituisce la fatica d'ogni giorno: "Questo anelito - ha spiegato l'arcivescovo Gianfranco Agostino Gardin, segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica - impedisce una visione riduttiva della questione, quella cioè di un richiamo disciplinare della vita religiosa, di una messa in riga delle persone consacrate scarsamente predisposte ad obbedire o di un intervento dall'alto per frenare derive anarcoidi. Il tono è più alto: ai consacrati si dice che la ricerca della santa volontà di Dio e il suo fedele compimento devono costituire come per Gesù il cibo di ogni giorno. L'autorità non è riconducibile semplicemente al governare ma consiste nel promuovere e aiutare l'obbedienza di tutti alla volontà di Dio".
Per l'America Latina, padre Domenico Di Raimondo Romo, superiore generale dei Missionari dello Spirito Santo, e per l'Africa suor Immaculate Nakato, delle Sorelle di Maria Riparatrice, si chiedono come raggiungere il giusto equilibrio fra autorità e obbedienza. Dove trovare, inoltre, in un momento storico di tensione e difficoltà, l'ispirazione evangelica che spinge molti religiosi, fedeli al loro carisma, a vivere la missione fra i più poveri e nei luoghi di frontiera.
"Oggi, in una cultura che sembra spingere in senso contrario - ha detto il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica - il consacrato è chiamato a ripetere il gesto di Pietro che, invitato da Gesù, decide di gettare ancora una volta le reti per la pesca. Egli compie un gesto improbabile e apparentemente inutile, dopo una notte di lavoro fallimentare, e lo fa unicamente perché glielo chiede il Maestro, sulla Sua parola".

(©L'Osservatore Romano - 30 maggio 2008)

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