18 giugno 2008

A duemila anni dalla nascita dell’Apostolo delle genti...sulle tracce di Paolo (Sir)


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A duemila anni dalla nascita dell’Apostolo delle genti

Il 28 giugno, con un incontro ecumenico nella basilica di San Paolo fuori le mura, si aprirà a Roma l’Anno Paolino, indetto dal Papa in occasione del bimillenario della nascita dell’Apostolo delle genti, che si concluderà il 29 giugno 2009. “Far conoscere meglio il grande valore e la ricchezza dell’insegnamento di San Paolo” e “pregare, agire e operare per l’unità della Chiesa” sono, secondo il card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della basilica, i “compiti” affidati da Benedetto XVI alla ricorrenza giubilare (cfr SIR 41/2008). Nei prossimi giorni la Cei renderà noto il programma di iniziative per questo importante appuntamento. Del significato dell’Anno Paolino e dei suoi possibili frutti abbiamo parlato con il biblista Bruno Maggioni.

Il primato di Dio.

“Occorre ritornare a parlare del primato di Dio – afferma Maggioni – riportare Cristo al centro della vita degli uomini di oggi, partendo dalla loro esistenza quotidiana”; una “missione” nella quale San Paolo, “con la sua teologia incarnata e non da tavolino”, è un “autentico maestro”. Non ha dubbi il biblista: “l’uomo di oggi è stanco di parole vuote che non toccano in profondità la sua vita, ma ha sete di parole di senso e di speranza, lo vedo quotidianamente nella mia esperienza di prete”; per questo l’Anno Paolino può costituire “una preziosa occasione per fare conoscere l’insegnamento “radicale e liberante” dell’Apostolo. “Ciò che colpisce in San Paolo – osserva don Maggioni – è l’occasionalità da cui nascono i suoi scritti, sempre legati alla necessità di risolvere qualche problema (teologico, morale, di ordinamento della chiesa). Essi, pur nella profondità dei contenuti, sono dettati dalla stretta attualità quotidiana, da una grande pluralità di spunti ma sono al tempo stesso caratterizzati da grande unitarietà”.

La vera cultura.

Non si tratta, insomma, di una “teologia da tavolino”, ma di un’elaborazione “che nasce dalla fede e dalla esperienza missionaria di Paolo” e che “ha sempre il baricentro in Cristo morto e risorto”. Per il biblista, l’aspetto “più affascinante dell’Apostolo è non tanto dire quello che l’uomo deve fare per Dio ma, anzitutto, quello che Dio fa per l’uomo”. Ed oggi, in un’epoca di relativismo e “pensiero debole”, colpisce anche la “radicalità, che a volte può apparire eccessiva, con cui egli afferma la sapienza e la potenza della Croce, la forza di Dio nella debolezza dell’uomo. È come un forte richiamo a mettere questo aspetto al centro della nostra pastorale”. “Paolo ha rivelato il Vangelo ai sapienti e ai non sapienti, senza distinzioni” prosegue don Maggioni, secondo il quale questo è un ulteriore monito “a rivolgersi a tutti. A fare cultura non sono solo i cosiddetti uomini di cultura, i filosofi o gli opinionisti; la vera cultura viene dall’uomo”.

No alle divisioni.

Ulteriore sottolineatura dell’Apostolo delle genti sulla quale, “per la sua attualità”, si sofferma il biblista, “la valorizzazione dei diversi carismi presenti nella comunità cristiana: manifestazioni dello spirito a condizione che non creino divisioni ma convergano tutti verso quello stesso centro comune che è Cristo. Le specificità – ammonisce - devono esprimere la ricchezza e la profondità della nostra fede, non dare luogo a conflitti!”. E così anche per il cammino ecumenico: “Paolo ha fondato diverse chiese, ma non ha mai accettato divisioni. Quando una comunità era in grado di reggersi da sola, egli si spostava in altre regioni e ne creava di nuove, ma ha sempre voluto che fra tutte regnassero unità e comunione, perché il Cristo annunciato è sempre lo stesso, il salvatore di ogni uomo”. Per Paolo, sottolinea il biblista, “la comunione era importante quanto l’annuncio: credo che in lui il Papa veda un forte simbolo di unità e come tale voglia proporlo oggi, in un contesto certamente diverso, ma nel quale celebrarne la figura e l’insegnamento può costituire uno stimolo e un auspicio anche per il cammino ecumenico, partendo dalla valorizzazione di ciò che unisce e dall’ambito concreto della carità”.

Autorità e libertà.

Don Maggioni auspica che l’Anno Paolino “porti ad un generale rinvigorimento della fede” ed insiste sull’importanza, “non scontata”, che “tutta la pastorale sia incentrata sul primato di Dio. Parlare di Cristo: questo è il baricentro di tutto, ciò su cui dobbiamo realmente concentrare il nostro impegno come ha fatto San Paolo… le altre cose vengono da sé”. La missionarietà, del resto, “è un compito essenziale e urgente per ogni cristiano e si traduce anche in gesti concreti d’amore: sull’esempio di Paolo occorre lasciare nel mondo tracce tangibili dell’amore di Dio attraverso il dono gratuito di sé, senza chiedere nulla in cambio e senza distinguere fra i destinatari, come il buon samaritano”. “Mi auguro – conclude il biblista – che nel corso di questo Anno la gente si avvicini di più agli scritti dell’Apostolo; anche se talvolta inquietano e possono apparire un po’ difficili non bisogna scoraggiarsi. Forse le sue pagine non saranno pienamente comprensibili, ma sono così belle che vale la pena leggerle e meditarle. Ai preti vorrei chiedere di predicarlo di più e di tenere ben presente il suo insegnamento sulla vera autorità e sull’autentica libertà”.

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