10 settembre 2008

Da tutta l’isola l’omaggio alla «Mamma dei sardi» (Viana)


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Da tutta l’isola l’omaggio alla «Mamma dei sardi»

Dalla Barbagia come dall’Iglesiente per rinnovare i segni della devozione che continua ad essere quanto mai forte e concreta, unendo i padri alla freschezza delle giovani generazioni

DAL NOSTRO INVIATO A CAGLIARI

PAOLO VIANA

«Da mamma a mamma » Liviana Pintus ha qualcosa da chiedere. È domenica mattina e Benedet­to XVI ha appena concluso la Messa sul sa­grato di Bonaria – piazza dei Centomila è di­ventata troppo piccola – sfiorando le corde dell’identità sarda con una impeccabile e­spressione in lingua.
«Sa mama, fiza e isposa de su Segnore » , ha detto al termine dell’o­melia, e se veramente la Madonna è mamma, figlia e sposa, questa madre di Iglesias è cer­ta che abbraccerà il suo cuore gonfio di amo­re e di paura. Glielo chiede « da mamma a mamma » . Accanto a Liviana, a poche decine di metri dall’altare, siedono i due figli disabi­li: «Non chiedo che guariscano – ci dice – ma che la società li accetti, che la Sardegna di­mostri la sua proverbiale accoglienza anche verso i suoi figli diversamente abili » . Sono partiti all’alba per una trasferta massacrante. Centinaia di malati tra migliaia di pellegrini, tutti con i loro fazzolettoni bianchi e gialli, so­no arrivati su centinaia di bus e una ventina di treni straordinari, dalla Barbagia e dall’O­gliastra, dalla Gallura e dall’Iglesiente.
Uomini, donne e figli di Sardegna, « querce » secondo il Papa. Queste mamme di sentono tali: « Siamo in tante, con 600 figli malati » rac­conta Maria Sollas, capogruppo dell’Unitalsi di Cagliari e si capisce che l’atto di affida­mento di Ratzinger alla Madonna per questo « popolo delle madri » assume un significato particolare. « Noi diamo la vita perché nasca e duri » commenta Liviana, rispondendo al Papa che ha esortato le donne sarde a ri­specchiarsi nella Vergine.
Poco lontano, ecco i sacerdoti. «L’isola oggi ha mostrato a tutta l’Italia quanto forte e ra­dicato sia il suo attaccamento alla Madonna » conferma don Alfredo Tocco, parroco a Car­bonia, che ha partecipato a tutte le visite pon­tificie ma, ammette, « fa un effetto particola­re concelebrare con il Santo Padre » .
Quando sull’altare, al posto di Ratzinger, c’era Wojty­la, Gianluca Basciu era vestito da chierichet­to; oggi indossa la talare. « Benedetto XVI ha confermato l’affidamento della Sardegna a Maria, speriamo che il frutto di questa visita possa maturare nelle famiglie e tra i giovani » commenta il giovane seminarista di Olbia. Preoccupazione condivisa da padre Alberto Fazzini, responsabile del centro giovanile ge­stito nel capoluogo dai domenicani: «La pre­parazione dei nostri ragazzi – spiega – è sta­ta intensa, l’ho sperimentato in occasione del­la veglia: loro hanno un rapporto speciale con il Santo Padre, attraverso le Gmg, ma la loro gioia ogni volta è sempre nuova» .
«I nostri coetanei qui sono fieri e sinceri, la loro fede è forte, anche se hanno i problemi dei giova­ni di tante altre città del continente » testi­moniano Silvia Cocchi e Chiara Benati, che vengono da Sassuolo e sono qui con il grup- po « Giovani e riconciliazione » che collabora nell’organizzazione delle confessioni e delle comunioni. Tante, al punto da costringere sa­cerdoti e volontari a proseguire la distribu­zione fino al primo pomeriggio.
Sulla scalinata che sale al santuario, la fede ha i cento colori del mare di Sardegna. Quelli dei costumi tradizionali in raso e orbace, che fanno bella mostra di sé, malgra­do lo scirocco regali un’afa insoppor­tabile. E quelli dei chicchi di riso co­lorati, con cui la parrocchia di Santa Vittoria di Telti ha realizzato un qua­dro della Madonna sull’ultimo tratto del sagrato. Un suonatore si esibisce con le launeddas, una zampogna a tre canne senza otre. «È la stessa che si suona nel­la sagra di sant’Efisio » ci avvisa il seminarista Fabrizio Deidda che, tra un inno e l’altro, ri­spolvera il ricordo degli usi che legano con­fraternite, santuari e diocesi, in base ai quali un crocifisso che resta in una chiesa oltre il mezzodì diventa di proprietà di quest’ultima. Non è il caso, pare di capire, dell’antico ma­nufatto ligneo che sovrasta l’altare del Papa. Benedetto XVI è bersagliato dalle foto dei se­minaristi più giovani, armati di telefonini e digitali. Ha chiesto agli adulti « un supple­mento di responsabilità » per difendere i ra­gazzi dell’isola « dalla droga e da sterili diver­timenti» .
Roberto Biancu aveva 14 anni quand’è entrato nel Seminario Minore di Nuoro, insieme al fratello. Ne ha diciotto, ra­giona da uomo e difende la sua vocazione: « non tutti credono che un ragazzo possa fare questa scelta consapevolmente e si soffre per­ché le critiche prima o poi arrivano alle orec­chie dell’interessato. Ma se hai fiducia in Ge­sù non molli » .

© Copyright Avvenire, 9 settembre 2008

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