9 settembre 2008

Il Papa esalta in sardo la Vergine di Bonaria: «Sa mama, fiza e isposa de su Segnore» (Pinna)


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DISCORSI ED OMELIE DEL PAPA A CAGLIARI

«Sa mama, fiza e isposa de su Segnore»

Il Papa esalta in sardo la Vergine di Bonaria e durante la messa lancia un inno alla vita

La statua della Madonna portata tra le migliaia di fedeli. Concelebrazione con i vescovi dell’isola

di Pier Giorgio Pinna

CAGLIARI.

La Madonna è la mamma, la figlia, la sposa per eccellenza: sa mama, fiza e isposa de su Segnore». In chiusura dell’omelia Benedetto XVI pronuncia poche parole in limba: dizione perfetta, voce limpida, nei paesi del Logudoro non avrebbero saputo fare meglio.
È un attimo: a Bonaria gli applausi si trasformano in boato assordante, non finiscono mai.
«Viva il Papa», gridano molti. Per gli oltre centomila sotto il colle sentire un pontefice esprimersi in sardo inorgoglisce, riempie di gioia. Così come il più ampio contesto, etico e politico, nel quale s’inserisce la frase. Partendo dal Deus ti salvet Maria, il Papa esorta «il popolo delle madri» a rispecchiarsi nella Madonna: nel triplice ruolo di chi, spiega, «ama, protegge, consiglia, dà la vita perché la vita nasca e perduri».
Maria, aggiunge Benedetto XVI, sia d’esempio. Come «figlia che onora la famiglia, sempre attenta alla necessità dei fratelli e delle sorelle, sollecita nel rendere la sua casa bella e accogliente». E «come sposa, capace di amore fedele e paziente, di sacrificio, di speranza». La Madonna aiuti i sardi, prosegue papa Ratzinger, «a portare Cristo alle famiglie, piccole chiese domestiche, cellule oggi più che mai bisognose di fiducia e di sostegno sia sul piano spirituale sia sul piano sociale».
A suo agio, come se non fosse la prima visita davanti al mare di Bonaria, il Pontefice osserva con sguardo ieratico ma mostrando un sorriso aperto i bambini in costume fermi sulla scalinata. Benedice le donne e gli uomini rinchiusi nei vestiti della tradizione, panni troppo pesanti in un’afa asfissiante. Poi, sempre sotto la vigile sorveglianza degli agenti della sicurezza, viene accompagnato nella penitenzieria del santuario perché possa indossare i paramenti sacri per la liturgia.
Qui innanzitutto sostituisce la mitria. È troppo larga. Con un veloce intervento lo staff del Vaticano ne recupera un’altra. Quindi conclude con rapidità queste operazioni preliminari nella stessa stanza dove già le avevano portate a termine in passato Paolo VI e Giovanni Paolo II. Per accomodarsi usa proprio la stessa imponente sedia di legno antico utilizzata dai predecessori.

La liturgia

È una sala - questa che poi di fatto pare non sia mai stata usata per le penitenze - dai severi tratti architettonici. Semplice ma accogliente. Armadi solidi e spaziosi. Quattro candelabri d’argento. Un bianco tappeto di Samugheo. Alle pareti, due grandi fotografie di Wojtyla e di Ratzinger.
Più o meno in quei minuti, davanti alle opere con temi tratti dal Vangelo e realizzate dal pittore cagliaritano di fine Seicento Domenico Conti, si cambiano nella sagrestia monumentale i vescovi dell’isola. Vicino a loro, durante la vestizione, decine e decine di modellini di galeoni, caravelle, altre imbarcazioni: solo una parte degli ex voto offerti da marinai e viaggiatori per grazia ricevuta.
Ma i riti proseguono senza soste. Ed è appunto il voluto strappo che evoca l’identità sarda a rappresentare uno dei passaggi più carichi di emozione dell’intera mattinata per tantissimi cristiani. Una cerimonia densa di richiami alle tradizioni dell’isola e ai saldi princìpi cattolici dei suoi fedeli. Con un passaggio nel quale il Pontefice afferma: «So bene che Maria è nel vostro cuore. Dopo cent’anni vogliamo ringraziarla, riconoscendo in lei la stella della nuova evangelizzazione, alla cui scuola imparare come recare il Salvatore agli uomini e alle donne contemporanei».
La tappa più rilevante sul piano religioso della visita sta per terminare.
Ma il Vicario di Cristo negli istanti che precedono l’Angelus fa altri importanti riferimenti all’isola, ai suoi drammi, alle sue difficoltà. Prima, nelle preghiere alla Madonna perché preservi la popolazione ed eviti che i giovani «siano tentati dalla droga e da sterili divertimenti». Denunciando «i troppi divorzi e i troppi dolori che affliggono la famiglia nell’isola» e chiedendo agli «adulti un supplemento di responsabilità perché ognuno si senta educatore». Poi, ritorna sul tema quando si appella a Maria rinnovandole «l’affidamento di Cagliari, della Sardegna, di ogni suo abitante».
E dice ancora: «Domandiamo a Maria, madre del Verbo incarnato e madre nostra, di proteggere tutte le mamme sulla terra: quelle che assieme al proprio marito educano i figli in un contesto familiare armonioso e quelle che, per tanti motivi, si trovano sole ad affrontare un compito così arduo. Possa ognuna svolgere con dedizione e fedeltà il quotidiano servizio nella famiglia, nella Chiesa, nella società. Per tutte, la Madonna sia sostegno, conforto, speranza».

La navicella

Un «atto di affidamento» concluso con la consegna al santuario di una rosa d’oro e di una navicella dello stesso metallo, che il Pontefice ha posto nelle mani della statua della Madonna di Bonaria, la «Dolce Regina dei Sardi». Per poi accendere il candelabro votivo. Cerimonia strettamente legata alla riaffermazione di concetti ricorrenti nei discorsi di Ratzinger: «Continui la Vergine Santa a vegliare su tutti e su ciascuno. Perché il patrimonio dei valori evangelici sia trasmesso integro alle nuove generazioni. E perché Cristo regni nelle famiglie, nelle comunità, nei vari ambiti della società. Protegga la Madonna quanti, in questo momento, più necessitano del suo materno intervento: i bambini e i giovani, gli anziani e le famiglie, gli ammalati e tutti i sofferenti».
Naturalmente un altro punto è centrato sulla questione da cui tutto ha inizio: i cento anni dalla proclamazione della Vergine di Bonaria a massima patrona dell’isola. «Nel corso dei secoli tanti personaggi illustri sono venuti a rendere omaggio a Nostra Signora», sottolinea il Pontefice, spesso interrotto da scrosci di applausi (durante l’omelia saranno alla fine ventotto, nel breve intervento prima dell’Angelus ben sei).
«I miei predecessori - rimarca - hanno voluto onorarla con particolare affetto: primo papa a tornare nell’isola dopo 1650 anni fu il Servo di Dio Paolo VI, che visitò il santuario il 24 aprile del 1970. E davanti alla sacra effigie della Madonna, sostò in preghiera pure l’amato Giovanni Paolo II, il 20 ottobre 1985. Sulle orme dei papi che mi hanno preceduto, anch’io ho scelto Bonaria per compiere una visita pastorale che vuole idealmente abbracciare l’intera Sardegna». Un evidente segno di continuità vaticana, secondo tutti gli osservatori, nell’esaltazione della Vergine di Bonaria.
Numerosissime le rievocazioni e le sottolineature dottrinarie. A cominciare dalle cerimonie d’apertura. Con la statua della Madonna che alle 8.30 viene fatta uscire dalla basilica, posta su un Pk verde e accompagnata dai Mercedari a fare un giro tra i fedeli festanti. Per giungere al saluto dell’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Mani: «Santo Padre, la Sardegna è tutta qui: l’accogliamo nel tempio che il Signore ci ha preparato. È il più bello. Questo stupendo cielo è la volta, le nostre spiagge le pareti, il pavimento è intriso d’oro. Noi con la nostra fede vogliamo fare dell’isola un lembo del regno di Dio».
Sino ad altri giudizi formulati dallo stesso Pontefice: «La Sardegna non è mai stata terra di eresie. Il suo popolo ha sempre manifestato filiale fedeltà a Cristo e alla Sede di Pietro: nel susseguirsi delle invasioni e delle dominazioni, la fede è rimasta nell’anima dellee popolazioni come elemento costitutivo della stessa identità sarda». E ancora: «Nell’isola il cristianesimo è arrivato non con le spade dei conquistatori o per imposizione straniera, ma è germogliato dal sangue dei martiri che qui hanno donato la loro vita come atto di amore verso Dio e verso gli uomini. È nelle vostre miniere che risuonò per la prima volta la Buona Novella portata dal Papa Ponziano e dal presbitero Ippolito e da tanti fratelli condannati ad metalla per la loro fede in Cristo».

Immensa gioia

Così in quasi due millenni si è sviluppata «una fede semplice e coraggiosa», che oggi «continua a vivere nelle comunità, nelle famiglie, dove si respira il profumo evangelico delle virtù proprie della vostra terra: la fedeltà, la dignità, la riservatezza, la sobrietà, il senso del dovere». Apprezzamenti che creano evidente soddisfazione tra la folla. Soprattutto dopo le ulteriori precisazioni papali: «Un secolo fa non potevano sapere allora che il ’900 sarebbe stato un secolo molto difficile, ma la vostra isola, cari amici, non poteva avere altra protettrice che la Madonna. Maria è porto, rifugio e protezione per il popolo sardo, che ha in sé - aggiunge papa Ratzinger, riferendosi anche al gruppo di trentadue ultracentenari salutato poco prima - la forza della quercia. Passano le tempeste e questa quercia resiste; infuriano gli incendi e nuovamente germoglia; sopravviene la siccità e vince ancora». «Rinnoviamo dunque con gioia - è la sua affermazione finale su questo tema - la nostra consacrazione a una Madre tanto premurosa. Le generazioni dei sardi, ne sono certo, continueranno a salire al santuario per invocare la protezione della Vergine. Mai resterà deluso chi si affida a Nostra Signora di Bonaria, Madre misericordiosa e potente. Maria, regina della pace e stella della speranza, intercedi per noi».

Canti e preghiere

Tantissime le manifestazioni di fede. Appare difficile persino contarle tutte. Sull’ultimo tratto del sagrato, la parrocchia di Santa Vittoria di Telti realizza un quadro della Madonna con chicchi di riso colorati. Al Pontefice la famiglia Puxeddu di Ortacesus (padre, madre, quattro figli, un quinto in arrivo) dona il vino, l’acqua e le ostie per il sacrificio eucaristico. Due minatori di Furtei, con il casco bianco, consegnano il prezioso Calice dei sardi.
E poi i canti, gli inni, le infiorate. Si succedono a un ritmo così incalzante da esaltare il raccoglimento dei fedeli. E da rendere più profonda l’ispirazione dei presuli sardi che celebrano la messa con il Papa: i vescovi delle dieci diocesi, i sei vescovi emeriti e il nunzio apostolico in Angola, l’ozierese Angelo Becciu. E quei riti motivano ancor di più le centinaia di sacerdoti arrivati da tutta l’isola. Che, concelebrando con papa Ratzinger, permetteranno di comunicarsi a decine di migliaia di persone. Ma per distribuire a tutti l’eucarestia non basterà la durata dellafunzione: preti e frati, in due spazi vicini all’Hotel Mediterraneo e al Nautico Buccari, accoglieranno i fedeli con in mano la pisside sino al pomeriggio. Ultime liturgie collettive solenni prima del nuovo viaggio mariano del Papa a Lourdes.

© Copyright La Nuova Sardegna, 8 settembre 2008

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