9 settembre 2008

Benedetto, il Papa della vera laicità, sfida i credenti (Iannuzzi)


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Su segnalazione di Maria Pia leggiamo:

Oltre la politica

Il Papa della vera laicità sfida i credenti

di Raffaele Iannuzzi

Benedetto XVI ha riscoperto la Sardegna, isola carica di memoria e così profondamente radicata nella genealogia antropologica e culturale del Mediterraneo, come luogo della storia umana, spazio di ridefinizione della dinamica dell’incarnazione di Dio. Del Dio di Gesù Cristo – un tema caro al teologo Ratzinger -, nato dal ventre di una donna, Maria. In questo contesto storico-teologico, la sua affermazione dichiaratamente politica, non va confusa con un promemoria politicistico.

E non solo perché si tratta del Papa, ma anche, direi soprattutto, perché Benedetto XVI ha compreso che la politica, in Italia, ha perso la storia. Dunque, quel fondamento divino-umano che Dio ha usato per manifestare la Sua potenza. Questa è la storia dell’incarnazione. Questa è anche la storia umana. Se perdiamo questo momento, rischiamo di tradurre politologicamente o, peggio, policististicamente, le parole del Papa, che sono, invece, sia meta-politiche che iper-politiche. Meta-politiche perché fondative della politica stessa; iper-politiche, perché superano ciò che oggi la politica può dare, appunto, il fondamento di se stessa. Il cattolicesimo come fenomeno politico – ancorché esso non produca più né politica, né politici – diventa il vettore di una metamorfosi sociale e culturale. La metafora del recupero del fondamento meta-politico della politica.

Il richiamo alla necessità "di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile” – le parole dell’omelia di domenica scorsa, a Cagliari, di fronte a centomila persone, fra cui Berlusconi e Letta – recano questa cifra puntuale, indicano una meta e un percorso, nello stesso tempo. Il paradosso – creativo, e anche questo ha compreso il Papa – è che, mentre i cattolici sono diventati fantasmi nella vita politica, almeno nel senso di unità culturale ed operativa, essi sono chiamati a riedificare quanto la politica stessa, aliena dal cattolicesimo, ha distrutto. Si tratta di un percorso laico, infatti i soggetti chiamati in causa sono i laici nella loro vocazione - che potrebbe essere letta anche nel senso weberiano (das Beruf, sfumando le accentuazioni individualistico-luterane) -, e nella società tale percorso deve essere compiuto. Non può più esistere alcun partito cattolico – il Card. Ruini ha prima tematizzato e poi sistematizzato questo pensiero, rendendolo luogo comune e narrazione della storia dei cattolici post-Dc -, né può più darsi alcuna sintesi unitaria del cattolicesimo tale per cui, attorno ad essa, si possa riedificare un nucleo aperto di politici “cattolici”.

Ratzinger è un laico nel metodo, proprio perché teologicamente impeccabile (in ogni senso): la partita del cattolicesimo politico si deve giocare nella competizione aperta. La società di Ratzinger è aperta e i cattolici sono laici anche perché, in essa, cercano e trovano, con la ragionevolezza e la fondatezza della fede pensata e vissuta, punti di convergenza sui diritti naturali e sui fondamenti della vita e della vita associata.

Il richiamo ai giovani della Sardegna verte proprio su questi due punti: la formazione intellettuale e morale e la fede sincera e profonda. I pilastri della laicità credente e, per ciò aperta alla realtà creata e voluta da Dio, con l’atto della creazione e con il secondo atto della creazione e redenzione, l’incarnazione del Dio di Gesù Cristo.

La grandiosa novità teologica di Papa Benedetto è rendere questa verità patrimonio comune per la costruzione di una società a misura d’uomo (la civiltà “sostenibile”). E’, questa, la laicità religiosa del XXI° secolo.

Un continuum con la tradizione – poiché essa è dinamismo spirituale – e, insieme, una “rottura epistemologica” con molta ermeneutica cattolica post-conciliare, così confessionalistica nel suo porsi in apparente contrasto con le dimensioni culturali prodotte dal cattolicesimo tradizionale (di fatto, un clericalismo alla rovescia e di ritorno). Cagliari ha significato tutto questo. Comprenderlo significa evitare di mettere il vino nuovo negli otri vecchi.

© Copyright L'Occidentale, 8 settembre 2008

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