26 settembre 2008

«Misericordia e ragione le sfide della Chiesa di oggi» (Dignola)


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«Misericordia e ragione le sfide della Chiesa di oggi»

Carlo Dignola

Don Gian Antonio Bolis, 75 anni a dicembre, sta facendo le valigie: lascia la parrocchia di Osio Sotto e si trasferirà al santuario di San Donato, «quel campaniletto in mezzo al verde che si vede dalla rotonda di Zingonia. Arriva don Giuseppe Bosio, che per vent'anni è stato parroco di Bottanuco».
Don Bolis è cresciuto a Redona, quando «era ancora un paesotto di periferia». Come primo incarico è stato curato all'oratorio di Seriate, dal '57 fino al '71: «Ho vissuto lì gli anni della contestazione». In parrocchia era spuntato uno dei primi gruppi maoisti d'Italia, che voleva usare l'oratorio per ciclostilare i propri volantini politici: «È stato fatto con i soldi di tutti - dicevano - e quindi tutti hanno il diritto di servirsene. Le dirò: mi facevano pensare. Erano un po' prepotenti ma apprezzavo la serietà di metodo che usavano per indottrinare quei ragazzotti». Leggendo ad esempio insieme l'unica copia che avevano del giornale comunista e «sottolineando i passaggi importanti».
Passò poi a seguire i ragazzi di Azione cattolica: «Anche lì era il momento della grande crisi». Il vescovo Gaddi lo mandò a chiamare e gli disse: «Lei sa a che punto è l'Azione cattolica: nel settore giovani siamo ridotti a zero. Provi, un paio d'anni». Restò per un decennio: «Metà della mia vita di prete l'ho passata con i ragazzi e con i giovani, ed è stata per me una grazia di Dio. Anche se faticosa…». È convinto che i giovani di oggi non siano affatto peggio di quelli di allora: «Non è vero che non sentono gli stimoli al bene. Specie quando li incontri fuori dal branco ti accorgi che sono tutt'altro che vuoti. Ma sono fragili: quando c'è da fare uno sforzo si bloccano, dopo il primo tentativo si stancano. I genitori gli mettono lì tutto pronto, masticherebbero anche il cibo per non far fare ai figli la fatica di muovere la bocca».
Poi don Gian Antonio Bolis ha fatto il parroco: a Brembilla 7 anni, a Pedrengo 6, qui a Osio Sotto 14. «Sa che ci sono ragazzi dell'oratorio di Seriate che ormai sono nonni e ogni tanto passano di qui con la macchina e si fermano per farmi conoscere i nipotini? Dopo 40 anni!». Il problema che lo ha assillato di più negli ultimi tempi è proprio questo della mobilità, che ha un po' strappato il tessuto delle parrocchie, quel modo, intelligente, di essere Chiesa che ti sta vicino: «Ogni anno qui a Osio Sotto sono circa mille le persone che si muovono. Per un parroco anche solo parlare con la gente è diventato molto complicato. La grossa difficoltà oggi è sentire il bisogno di avere un rapporto da fratello a fratello, non voler fare solo il predicozzo ufficiale la domenica e accorgersi invece di poter incontrare le persone in maniera molto limitata. Con tutto il nostro impegno, ogni anno noi entriamo in casa di circa 400 famiglie, ma sono più di 4000. Andiamo da chi battezza un bambino, benediciamo la casa, e non raramente è gente non sposata».
Ricevono ancora volentieri il parroco? «Apprezzano la visita, la considerano un regalo: hanno paura di essere discriminati perché convivono, o che addirittura non vogliamo battezzare il loro bambino».
Don Bolis considera suoi parrocchiani tutti, non solo quelli più assidui: «Ne conosco di gente brava, anche se non viene mai in chiesa. Qui a Osio Sotto ne abbiamo un po' in tutti i settori del volontariato. Non un gruppo di "galoppini", ma tanta gente che sente che è bello fare qualcosa per il bene della comunità. Anche gruppi che non hanno un legame con la parrocchia fanno delle ottime cose. E sanno sacrificarsi». È rimasto questo fondo di altruismo, di solidarietà umana, eredità dei secoli di storia cristiana. Ma quanto alla religione - dice don Bolis - gli uomini di oggi sono un po' «sguarniti».
Tanta gente non conosce i concetti fondamentali: «Hanno smesso di andare al catechismo quando hanno fatto la Cresima e si sono fermati lì. Leggono giusto qualche articolo di giornale… Cristo lo accettano, anche se su un piano troppo superficiale rispetto alle esigenze della cultura di oggi. Ma basta che la Chiesa proponga obblighi o indirizzi o consigli che entrano nella morale familiare e sessuale, e lì si comincia a non andare d'accordo. Certo, oggi ci sono sul tappeto problemi che la Chiesa non ha mai affrontato con tale gravità: la vita, la scienza... in questo momento ci stanno venendo un po' tutti addosso». Anche un parroco «un tempo faceva la sua dottrina, faceva bene i suoi tridui e pace amen. Oggi è più difficile. Io seguo con molto interesse lo sforzo che sta facendo questo Papa per aiutare la gente a capire che più pensi, più ragioni e più ti avvicini alla fede. Mentre la convinzione che c'è in giro oggi, detta in termini un po' sempliciotti è esattamente quella contraria: "Prima - si pensa - i preti ce la davano ad intendere, adesso che la scienza ci insegna come stanno le cose ci accorgiamo che credere è una cosa da sciocchi". Penso che questo sarà uno dei problemi che impegnerà la Chiesa negli anni futuri: la ragione».
Assieme a un altro, dice don Bolis: «La misericordia. Il passo del Vangelo che oggi commento più volentieri è quello del Buon pastore che lascia le 99 pecore al sicuro per andare a cercarne una. Dio è come un padre, e un padre e una madre non diranno mai: "Ho già degli altri figli, anche se uno va alla malora cosa vuoi che me ne importi?". Le cose fondamentali del cristianesimo sono queste: ragione e misericordia. Se si parte da lì, allora alla gente si possono fare anche gli altri discorsi; se si parte invece dagli obblighi, mi pare che ci mettiamo su un binario morto».
Lo ha colpito molto un discorso che Benedetto XVI ha fatto a braccio quest'estate a un gruppo di preti che ha ricevuto mentre era in vacanza a Bressanone: «Loro gli chiedevano come dovevano comportarsi di fronte alla richiesta di sacramenti da parte di famiglie non proprio regolari, e in cui anche la fede c'è e non c'è. "Quando ero più giovane - ha risposto il Papa - ero piuttosto severo. Con il passare del tempo ho capito che dobbiamo seguire piuttosto l'esempio del Signore, che era molto aperto anche con le persone ai margini dell'Israele di quel tempo. Era un Signore della misericordia, troppo aperto - secondo molte autorità ufficiali - con i peccatori. Quindi se possiamo vedere ancora un piccolo barlume di desiderio di fede io dico: accogliamoli. Mi sembra che sia giusto essere piuttosto larghi". Lo trovo un discorso bellissimo: me lo sono imparato a memoria. Poi dicono che questo Papa è rigido, che è un reazionario! Questa della misericordia è la porta principale dalla quale la Chiesa deve uscire per andare incontro al mondo di oggi».
Ha mai avuto ripensamenti sulla sua vocazione? «Sinceramente - risponde don Bolis - non mi sono mai pentito, nemmeno per un attimo, di essere prete. Anzi, man mano che passavano gli anni mi sono scoperto sempre più capace di apprezzare la grandezza del dono che ho ricevuto. Credo di non aver mai detto una cosa di cui non ero convinto solo perché la dovevo dire in quanto prete».
Cosa tiene in piedi oggi un sacerdote? «Può sembrare ovvio, ma io dico: la grazia di Dio. Non le etichette. Abbiamo davanti un mare a volte davvero in tempesta, ti arrivano addosso delle onde che se non stai attento ti sbattono contro gli scogli. Un prete che oggi pensa di fare il prete solo con le sue doti è già fallito in partenza. Se non ci fosse la grazia di Dio ci converrebbe dire: lasciamo perdere».
Ora don Bolis si ritira nel suo santuario di San Donato, ma dice che quando in parrocchia ci sarà qualche bisogno sarà «ben contento di fare il tappabuchi». Là avrà «un po' più di tempo per ascoltare la gente. Vengono tanti nonni in bici con i nipotini, tante donne passano a dire un'Ave Maria. Lo sa che quando c'è la processione dietro alla statua di San Donato partecipa quattro volte la gente che in parrocchia segue il Santissimo per il Corpus Domini? Io un po' mi arrabbiavo, ma non è che ho ottenuto molto. C'è gente che magari a Messa non viene ma al santuario ci va, e porta anche i figli».
Non va mai in pensione, un prete.

© Copyright Eco di Bergamo, 26 settembre 2008

Leggo con una certa noia:

Poi dicono che questo Papa è rigido, che è un reazionario!

Beh, questo lo dicono i giornali e certi sacerdoti...
R.

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