13 giugno 2008

Il problema per i cattolici di sinistra non è il rapporto col Pd ma con la Chiesa (Fontana)


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Il problema per i cattolici di sinistra non è il rapporto col Pd ma con la Chiesa

di Stefano Fontana

I cattolici dentro il Pd sembrano arrivati ad una crisi irreversibile. La questione è stata resa bollente da un intervento di Famiglia Cristiana, secondo cui il Pd avrebbe tradito le aspettative dei cattolici e dall’iniziativa di Rutelli di opporsi ad una confluenza del Pd nel gruppo socialista al parlamento europeo, subito sostenuta dagli ex popolari. A ben vedere, però, ambedue i fatti scatenanti non sono espressivi della radice del problema ed hanno esacerbato per i media un problema che ha cause ben più profonde.

Famiglia Cristiana rimprovera al Pd di non aver soddisfatto le attese dei cattolici. Questo però presuppone che i cattolici in quanto tali abbiano delle attese politiche. Ma non è proprio questo che di solito viene negato dalla linea che fa capo anche a Famiglia Cristiana? I cattolici che esprimono delle richieste non venivano accusati di gentilonismo, ossia di avanzare, come ai tempi del Patto Gentiloni, delle richieste di parte piuttosto che elaborare una politica vera e propria? Di non aver accettato la laicità della politica e di vantare ancora la difesa di privilegi confessionali? Non è stata proprio Famiglia Cristiana a sostenere, in passato, una linea di mimetismo e meticciato, ossia che i cattolici scendessero nell’arena politica non più con delle attese unitarie ma armati solo della loro coscienza?

Quanto a Rutelli, che ora non vuole confluire nel socialismo europeo, non si era presentato alle comunali di Roma come leader di tutte le sinistre, ben oltre i socialismi? Perché a Roma sì e Strasburgo no?

Non può essere solo questo a mandare in tilt i cattolici nel Pd. Questi sono i fuochi di superficie, ma sotto ci sono delle difficoltà molto più radicate. Qualcosa sta cambiando nel panorama della presenza dei cattolici in politica, almeno finché dura l’attuale linea Ratzinger-Ruini-Bagnasco. Dopo si vedrà.

I cattolici nel Pd sono letteralmente schiacciati tra una gerarchia ecclesiastica, che indica i temi forti di una presenza di un cattolicesimo unito pubblicamente anche se non politicamente, e una base popolare cattolica stanca di compromessi e di capziosi distinguo. La Chiesa si è posta sulla linea della presenza: principi irrinunciabili, obbligo dell’obiezione di coscienza quando in ballo ci siano valori legati alla legge naturale, coerenza dei cattolici in politica e correzione di rotta circa un eccesso di autonomia attribuita alla coscienza morale personale, rivendicazione di un ruolo pubblico della fede, che deve vedersi anche in simboli ed opere oltre che in gesti, centralità del problema di “Dio nel mondo” e lotta alla emarginazione e privatizzazione della fede, rifiuto di pensare il cattolicesimo come ‘setta’.

Si tratta di contenuti ma anche di forma. Queste scelte la Chiesa le ha fatte in prima persona. E’ stato Ratzinger a dare il là, seguito da Ruini che da un pezzo ci stava lavorando, ed ora continuato da Bagnasco. La gerarchia ha preso l’iniziativa nonostante gli ex democristiani e trovando spesso interlocutori affidabili nel mondo liberale e laico e il sostegno convinto del popolo cattolico, quello che il cardinale Biffi chiama “i semplici”. I cattolici nel Pd sono rimasti spiazzati da questo nuovo asse tra i vertici e la base della Chiesa e hanno pagato la loro tradizionale mentalità elitaria da borghesia illuminata del cattolicesimo e la loro vocazione modernista ad essere sempre più in là di dove la gerarchia dice di dover stare.

Il motivo addotto era ed è quello del dialogo col mondo, la realtà è quella di uno scivolamento secolarista verso sempre maggiori concessioni allo spirito del mondo, su cui appunto la Chiesa sta ponendo dei punti fermi.

L’idea della gerarchia è che la Chiesa non fa politica, ma che cristianesimo deve farsi anche cultura e penetrare nelle istituzioni, confutando sul piano storico, oltre che teorico, tesi della propria irrilevanza.
L’idea dei cattolici nel Pd è invece che ogni tentativo di far passare istanze di fede dentro le istituzioni è fondamentalismo. Si tratta di due posizione opposte e man mano che procede la linea ufficiale e Ratzinger e Ruini vanno per la loro strada, seguiti dal popolo cattolico delle parrocchie e dei santuari mariani, i cattolici nel Pd moriranno sempre più di asfissia, abbandonati anche dai vecchi amici di sempre. Famiglia Cristiana voleva criticare i vertici del Pd o richiamare i cattolici presenti nel Pd alla oggettiva difficoltà di quella presenza? Voleva dire a Veltroni di tenerseli buoni o a Marini e Fioroni di uscire dal partito?
Il fatto è che non si tratta di trovare un nuovo posizionamento politico, né a Roma né a Strasburgo. Il problema non sarebbe risolto da nuove collocazioni perché è politico e, prima ancora, teologico.

Una Chiesa che ricorda insistentemente che conta non solo dialogare ma evangelizzare, che non è importante andare avanti ma sapere dove si va, che senza Dio i bilanci non tornano in nessun campo, non può che tagliare l’erba sotto i piedi ai cattolici che, come quelli presenti nel Pd, sono disposti a trovare il punto di compromesso su tutte le questioni, per non parere papisti intransigenti.

© Copyright L'Occidentale, 11 giugno 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

Buon giorno, approvo totalmente le valutazioni di Stefano Fontana. Anch'io, sebbene non certo addentro agli ambienti, da tempo avevo maturato (parlando, leggendo e riflettendo) il convincimento che il vero problema per i cattolici "progressisti" (che mai significherà, poi? Chi non si allinea con loro è irrimediabilmente retrogrado?)è il rapporto con la Chiesa. E' poi di loro che si fa scudo l'aggressiva linea laicista.