13 giugno 2008

Oggi il presidente americano a colloquio con Benedetto XVI. Conversione in vista? (Il Foglio)


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Bush romano

Del cattolicesimo “apprezza la teologia e plausibilità storica”, e ora si parla di conversione

Roma. Nei Sacri Palazzi non si hanno notizie ufficiali di una prossima conversione al cattolicesimo di George W. Bush, ma non si esclude nulla e soprattutto c’è molta attesa per il colloquio privato con Benedetto XVI, previsto non, come al solito, nel Palazzo apostolico, ma nella Torre San Giovanni.
Di una conversione al cattolicesimo di Bush aveva già parlato il Washington Post del 13 aprile scorso, alla vigilia del viaggio di Benedetto XVI negli States. L’articolo, titolato A catholic wind in the White House, terminava con l’affermazione di Paul Weyrich (“un architetto della destra religiosa”) che paragonava Bush a Tony Blair e definiva il presidente Usa “a secret believer” cattolico, e con quella di John DiIulio (“primo direttore delle faith-based initiatives di Bush”) che definiva il presidente come un “closet catholic”, un criptocattolico.
Nell’articolo si citava poi un anonimo prete di New York, amico di Bush, che diceva: “Del cattolicesimo lo affascina la sua plausibilità storica. Apprezza la teologia sistematica della chiesa, la sua forza di persuasione e stabilità intellettuale”. Continuava questo sacerdote: Bush “non è inconsapevole di come l’evangelismo – comparato al cattolicesimo – può sembrare più limitato sia teologicamente sia storicamente”.
Insomma, per questo prete, sintetizza il WP, “Bush rispetta il modo in cui il cattolicesimo ha inizio, con la nozione che il papato è voluto da Dio e che il Papa è il successore di Pietro”. L’anonimo prete è don George William Rutler, un ex sacerdote anglicano passato al cattolicesimo nel 1979, oggi parroco di Our Saviour a Manhattan, che nel 1996 l’allora governatore Bush fece “Honorary Texan”. Che questa stima nei confronti della chiesa cattolica sia sul punto di trasformarsi in una conversione formale alla Blair, è un’altra storia. Un alto ecclesiastico che conosce bene la Curia romana e gli Stati Uniti dice al Foglio: “Tutto è possibile, specialmente per un born again come Bush. Certamente se qualcosa dovesse succedere, succederà dopo la presidenza, non prima. Blair docet, seppure i contesti sono leggermente diversi”.
E in effetti la conversione di Bush, che ha già un fratello accolto nella chiesa di Roma, l’ex governatore della Florida Jeb, dovrebbe essere meno problematica di quella del leader laburista. Entrambi hanno guidato una guerra che la Santa Sede avrebbe preferito evitare, ma Bush sulle questioni eticamente sensibili ha avuto sempre, al contrario di Blair, una linea praticamente identica a quella vaticana.

© Copyright Il Foglio, 13 giugno 2008 consultabile online anche qui.

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