9 settembre 2008

Giovani, tifo da stadio per il Papa. Benedetto XVI: «Meglio che manchi il pane, non la giustizia» (Paracchini)


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DISCORSI ED OMELIE DEL PAPA A CAGLIARI

Giovani, tifo da stadio

E Ratzinger parla di famiglia e lavoro

«Disoccupazione e precarietà sono piaghe ma no al nichilismo»

CAGLIARI.

Il popolo dei papaboys si è stretto attorno a Benedetto XVI con tifo da stadio. A loro il Papa ha parlato, dal palco in via Roma, con parole semplici dei problemi del lavoro, della disoccupazione, della scuola, della famiglia e della fede. Ha denunciato il nichilismo trionfante e i nuovi idoli del successo e del guadagno. «Meglio che manchi il pane, non la giustizia» ha detto il Pontefice, citando un detto sardo.

© Copyright La Nuova Sardegna, 8 settembre 2008

«Meglio che manchi il pane, non la giustizia»

Il Papa ai giovani su lavoro, famiglia e fede. Fischi e poi applausi per Soru

ROBERTO PARACCHINI

CAGLIARI.

Migliaia e migliaia di braccia alzate e urla di giubilo all’arrivo di Benedetto XVI. I papaboys hanno accolto il Vescovo di Roma con un tifo da concerto rock. Decine di bambini sulle spalle dei giovani padri, berretti sventolati, striscioni colorati e un «Beee-ne-de-tto» scandito con battimani ritmati. E musica. Erano le 17,49 quanto è comparsa l’auto di papa Ratzinger. Ed è stata un’ovazione.
Poi la serata è continuata come in un dialogo ideale tra i problemi dei giovani sardi e le proposte del Pontefice. Seduto nella poltrona del grande palco, eretto in via Roma angolo largo Carlo Felice, l’intellettuale Ratzinger ogni tanto è sembrato commosso («cari ragazzi e ragazze», ha anche detto con tenerezza).
Il suo discorso è stato impostato su tre «valori importanti per costruire una società fraterna e solidale»: famiglia, formazione e fede. Il messaggio, ripreso - come ha spiegato - dall’intervento di Giovanni Paolo II (tenuto a Cagliari nell’ottobre del 1985), è stato intervallato da quindici applausi. Solo all’inizio ci sono stati dei fischi e dei mugugni. Ma non erano per il Pontefice, bensì per il saluto di apertura rivolto dal Papa al governatore della Sardegna Renato Soru. «Ho l’obbligo e il piacere - ha affermato - di salutare il presidente della Regione, onorevole Renato Soru...», e qui c’è stata la protesta. Ma Benedetto XVI ha poi precisato che senza il contributo e l’aiuto della Regione e del governatore della Sardegna (il governo dell’isola ha stanziato un milione e 400mila euro per l’evento di ieri - ndr) non ci sarebbe stata la sua visita: «Grazie, signor presidente, i giovani ricorderanno questa giornata». E a quel punto c’è stato un applauso.
Prima dell’intervento del Santo Padre, due studenti, Andreina Pintor e Antonio Cao, hanno preso la parola raccontando in modo alternato, i drammi di un’isola che «offre anche terra arida e aspre coste, difficili da vivere come le croci che anche noi giovani portiamo: anni di sacrifici per un posto di lavoro che non arriva mai».
E con un mare «che non tutti i nostri giovani hanno la possibilità di passare», ha sottolineato Pintor. Mentre Cao ha raccontato la sua vita di studente lavoratore (operaio in raffineria, oggi biologo) e ricordato le tante persone che fanno fatica a trovare un’occupazone «inerente agli studi svolti e alle loro reali capacità». Una situazione «che impoverisce molto la Sardegna della sua maggiore ricchezza: i giovani sardi».
Il discorso del Papa ai suoi ragazzi e ragazze è stato come una risposta: «Conosco il vostro entusiasmo, i desideri che nutrite e l’impegno che mettete nel realizzarli. Non ignoro, tuttavia, anche le difficoltà e i problemi che incontrate. Penso ad esempio, alla piaga della disoccupazione e della precarietà del lavoro, che mettono a rischio i vostri progetti. Penso all’emigrazione, all’esodo delle forze più fresche ed intraprendenti, con il connesso sradicamento dall’ambiente, che talvolta comporta danni psicologici e morali, prima ancora che sociali». Parole severe, poi, contro l’attuale «società consumistica in cui il guadagno e il successo sono diventati i nuovi idoli di fronte ai quali tanti si prostano». Un quadro in cui cresce «la tendenza all’individualismo, e quando ci si concentra solo su se stessi si diventa inevitabilmente fragili; viene meno la pazienza dell’ascolto, fase indispensabile per capire l’altro e lavorare insieme».
Un messaggio da guida morale, che il Pontefice leggeva, fermandosi ogni tanto durante gli applausi, particolarmente intensi anche quando ha nominato Giovanni Paolo II. E riprendendo le indicazioni del suo predecessore, il capo del Vaticano ha ribadito come il «valore della famiglia» sia «da custodire come “antica e sacra eredità”». Per questo il pontefice ha invitato i giovani a prepararsi «perchè l’amore vero non si improvvisa. L’amore è fatto, oltre che di sentimento, di responsabilità, di costanza e di senso del dovere». Ma la crisi di una società inizia «quando non sa più tramandare il suo patrimonio culturale e i suoi valori alla nuove generazioni». Da qui l’importanza della formazione intellettuae e morale. Il Pontefice, però, non si è riferito «solo alla scuola: la questione è più ampia». Infatti «c’è un’emergenza educativa che per essere affrontata richiede genitori e formatori capaci di condividere quanto di buono e di vero hanno sperimentato in prima persona». Poi il discorso è diventato più filosofico: è la «verità che vi farà liberi. Il nichilismo moderno, invece, predica l’opposto». Mentre c’è anche chi «sostiene che non esiste nessuna verità, aprendo così la strada allo svuotamento dei concetti di bene e di male». Ma «mi hanno detto che nella cultura sarda c’è questo proverbio “meglio che manchi il pane piuttosto che la giustizia”». Famiglia e formazione, però, sarebbero incompleti «senza la fede». Tutto si appiattirebbe e resterebbe schiacciato sul piano materiale».
Alla fine altri calorosi applausi e tutto si è chiuso con l’Ave Maria in sardo, interpretata da Maria Giovanna Cherchi, e il Padre nostro cantato dal Pontefice assieme ai suoi papaboys.

© Copyright La Nuova Sardegna, 8 settembre 2008

Mah...veramente il Santo Padre ha pronunciato il suo discorso stando in piedi...
R.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Tra tutti i titoli che si possono attribuire al Papa questo giornalista ne ha trovato uno che non avevo mai sentito: "il capo del Vaticano". é vero, ma orrendo come titolo...

Marco