9 settembre 2008
Mons. Fisichella: «In Italia mancano strutture che garantiscano la formazione delle nuove generazioni alla politica» (Tornielli)
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«Mancano scuole di partito anche per i politici cattolici»
di Andrea Tornielli
da Roma
«Benedetto XVI sa guardare al futuro: c’è bisogno dell’impegno di giovani cattolici preparati. In Italia mancano strutture che garantiscano la formazione delle nuove generazioni alla politica».
Monsignor Rino Fisichella, vescovo, rettore dell’università Lateranense, presidente della Pontificia accademia della vita, cappellano di Montecitorio, è raggiante per le parole pronunciate domenica a Cagliari da Papa Ratzinger sulla necessità di «nuova generazione di cristiani» che si impegnino in campo sociale e politico. Proprio in questi giorni Fisichella è a Gerusalemme, alla guida di un pellegrinaggio al quale partecipano 65 parlamentari provenienti da entrambi gli schieramenti.
Il Giornale l’ha raggiunto per un commento sull’omelia papale.
Perché Benedetto XVI ha fatto quel riferimento?
«Penso che il Papa abbia voluto esprimere un desiderio, condiviso, che manifesta la sua grande lungimiranza. Sa guardare al di là del momento contingente e segnala un’esigenza oggettiva: la nostra società ha bisogno di preparare un ricambio della sua classe dirigente, compresa quella politica».
Secondo lei perché oggi i giovani si disinteressano di politica?
«Non generalizzerei. Ci sono giovani che manifestano disinteresse e perfino rigetto, ce ne sono altri con un profondo desiderio di impegnarsi nelle istituzioni. L’esperienza che stiamo facendo qui in Terra santa è significativa: nel nostro gruppo di pellegrini ci sono parlamentari di 35 o 38 anni, giovani che vogliono agire in politica senza mettere tra parentesi la propria fede. Ciò che manca oggi è la formazione... ».
Chi dovrebbe formare i giovani alla politica?
«La Chiesa presenta e approfondisce il suo patrimonio di dottrina sociale. Ma si sente la mancanza di luoghi di formazione più specifici per la vita politica. Un tempo c’erano i gruppi giovanili dei partiti, che negli ultimi decenni sono tramontati».
Tracci un identikit del politico cattolico.
«I politici cattolici sanno bene qual è l’impegno a cui sono chiamati dentro le istituzioni laiche. Nessuno può dubitare né della lealtà del mondo cattolico nei confronti delle istituzioni, né della sua maturità. Nel rispetto della laicità, il parlamentare cattolico deve saper coniugare la fedeltà al proprio credo e la fedeltà alle istituzioni che servono.
Per sintetizzare, citerei il motto del nostro pellegrinaggio, che trae spunto da una frase di Sant’Agostino: “Siamo capi ma solo se serviamo al bene di qualcuno”. L’impegno come servizio al bene comune».
C’è chi dice che la Chiesa dia troppe indicazioni di tipo politico...
«La Chiesa non ha il compito di formulare soluzioni concrete e tantomeno soluzioni uniche per questioni che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di ciascuno. Bisogna intendersi però: il cristiano ammette la legittima molteplicità delle opzioni temporali, ma è chiamato a dissentire da un pluralismo che diventa relativismo morale: la democrazia stessa ha bisogno di fondamenti solidi, di principi etici alla base della vita sociale».
Parla dei valori «non negoziabili»?
«Sì, parlo delle esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, che riguardano il bene integrale della persona: difesa della vita dal concepimento alla sua fine naturale, difesa della famiglia fondata sul matrimonio, di libertà di educazione. Temi fondamentali per la morale cristiana e la dottrina sociale della Chiesa. Vorrei aggiungere anche la libertà religiosa, la tutela sociale dei minori da ogni sfruttamento, e ancora i principi fondamentali di solidarietà e sussidiarietà».
Con i Dico si sono vissute tensioni per le scelte di alcuni politici cattolici...
«Mi sembra che quel dibattito sia stato superato. In ogni caso credo che i politici, cattolici e non cattolici, siano in grado di coniugare la laicità dello Stato con il rispetto di posizioni basate su principi etici che non sono confessionali ma appartengono alla morale naturale».
Ora però ad avanzare una proposta di riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto sono due esponenti del Pdl. Che ne pensa?
«Sono a Gerusalemme, non ho ancora letto la proposta e dunque mi astengo da qualsiasi giudizio».
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La guida spirituale di Montecitorio
di Redazione
Monsignor Rino Fisichella è nato a Codogno, in provincia di Lodi, nel 1951 e proprio a Lodi ha studiato nel collegio dei Padri Barnabiti, prima di venire ordinato sacerdote per la diocesi di Roma nel 1976. Dal1994 è rettore della Chiesa della Camera dei deputati, circostanza che lo ha portato a frequentare assiduamente gli eletti a Montecitorio. Da cinque anni organizza un viaggio in Terra santa per i politici delle due Camere: quest’anno, famiglie al seguito, lo hanno seguito circa in 60. Nel 1998 è stato consacrato vescovo ausiliare di Roma dal cardinale Cammillo Ruini e dal 2002 è rettore della Pontificia università lateranense. Promosso arcivescovo nel giugno scorso, è stato nominato dal Papa anche presidente della Pontificia accademia per la vita.
© Copyright Il Giornale, 9 settembre 2008
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