4 marzo 2007

Il dibattito su fede e ragione


Prosegue la riflessione sul rapporto fra fede e ragione da Ratisbona all'intervento del cardinale Ruini al forum dedicato al medesimo argomento.
Per una visione completa consulta anche i precedenti post:

Questioni di bioetica...

Considerazioni sulla lectio di Ratisbona e sui rapporti con gli Ortodossi

Rassegna stampa del 3 marzo 2007

La ragione, le scienze e il futuro della civiltà


CARD.RUINI: SU SCIENZA E RAGIONE RATZINGER PIU' APERTO DI HABERMAS

(ASCA) - Roma, 2 mar - Benedetto XVI riconosce alla ragione
naturale piu' di quanto Habermas non riconosca alla
razionalita' religiosa. E' quanto sostiene il cardinale
Camillo Ruini che questa mattina ha aperto con una prolusione
l'ottavo forum del progetto culturale dedicato a una
riflessione su ''la ragione, le scienze e il futuro delle
civilta'''.
Il Presidente della Cei ha offerto una riflessione dedicata
al pensiero di Benedetto XVI a Ratisbona e Verona sul
rapporto ineludibile tra fede e ragione del nostro tempo. Un
incontro che lo stesso Habermas auspica di recente pur
criticando la via seguita da Benedetto XVI. Habermas propone
un'alleanza tra religioni e ragione naturale. Ma -secondo
Ruini - l'alleanza proposta dal filosofo e' un'alleanza tra
diseguali perche' Habermas non annette uguale valore alla
fede cristiana, ai fondamenti della sua ricerca e alla
razionalita' contemporanea, ritenuta certamente superiore.
E cio' avviene perche' Habermas continua a riflettere
nell'ambito di precomprensioni. In base alle quali la fede
cristiana e la teologia siano ferme a un pensiero geocentrico
e cosmocentrico, mentre in realta' da un bel pezzo la
prospettiva cristiana e' antropocentrica e teocentrica.
Benedetto XVI ha chiarito piu' volte che il Dio della fede
cristiana e' si' il Dio della metafisica ma anche il Dio
della storia. Ratzinger supera la ragione puramente empirica
e calcolatrice ma senza annullare l'ipotesi diverse da quella
cristiana. Essa resta la migliore, ma non intende escludere
altre ipotesi. ''Proprio nel considerare la prospettiva
credente come un'ipotesi, sia pure quella migliore, che come
ipotesi implica una libera opzione e non esclude la
possibilita' razionale di ipotesi diverse - afferma Ruini -
Joseph Ratzinger-Benedetto XVI si mostra sostanzialmente piu'
aperto di J.Habermas e della ragione secolare di cui Habermas
si pone come interprete: essa infatti accetta come
ragionevole soltanto cio' che si mostra traducibile nei suoi
discorsi''.
E' in questa assolutizzazione della ragione secolare che ha
radice la dittatura o assolutizzazione del relativismo.
Lo stesso Ruini ha rilevato che, proprio in forza di questo
atteggiamento, oggi il fenomeno dell'agnosticismo e' piu'
diffuso dell'ateismo. Agnostici sono coloro che sospendono il
giudizio riguardo a Dio in quanto razionalmente non
conoscibile. Con le conseguenze pratiche.
Res/cdc



FEDE E FUTURO/2
Parla il filosofo Adriano Fabris: «Il sapere scientifico ha un approccio parziale, eppure punta all'egemonia»
Contro il pensiero unico scientista
«È decisivo riconoscere la legittimità delle tante domande di senso che salgono
dall'uomo»


Di Andrea Galli

Uno degli stimoli recenti più suggestivi per quanto riguarda la riflessione sul concetto di "ragione" viene dal discorso di Benedetto XVI a Ratisbona. Ne parliamo con Adriano Fabris, docente di Filosofia morale all'Università di Pisa.
Professore, cosa pensa della denuncia dei limiti di un una scientificità ridotta a «sinergia di matematica ed empiria» fatta a novembre dal Pontefice?
«Credo che quel passo evidenzi con chiarezza il pericolo di cadere in una sorta di "pensiero unico", unilaterale e uniforme, che verrebbe a caratterizzare il nostro rapporto con il mondo e con gli uomini. Si tratta, come viene ben detto, di un pensiero che mira ad acquisire certezze e che fa dipendere queste certezze dal rapporto sinergico di matematica ed empiria. È indubbio che esso è espressione di un progetto di egemonia da parte del sapere scientifico, nonostante la parzialità del suo approccio. Di conseguenza la filosofia, la psicologia, la sociologia e le altre discipline che si occupano dell'uomo si trasformano, appunto, in "scienze umane" e devono uniformarsi a un modello di "scienza" ben determinato. C'è il rischio però, in questa prospettiva, di ridurre all'irrilevanza questioni fondamentali, di cui queste discipline si sono sempre occupate. Fra di esse, decisiva è la questione del senso. E se gli uomini sempre di più, in questo tempo, si rivolgono con grandi aspettative alla filosofia, alla psicologia, alla sociologia e via dicendo, è perché nelle spiegazioni scientifiche, per quanto sofisticate che esse siano, non trovano risposta agli interrogativi di senso che sono propri della loro vita».
Benedetto XVI, oltre che a riflettere sui limiti, invitava a «mettere in questione», attivamente, la «riduzione del raggio di scienza e ragione». Come, secondo lei?
«Conseguenza dell'interpretazione unilaterale della ragione di cui parlavamo è anche la riduzione del problema Dio a qualcosa di "irrazionale". È questo, fra l'altro, lo sfondo ideologico che sembra legittimare tutta un a serie comportamenti sociali e di decisioni politiche perlomeno discutibili. Anche perciò vanno allargati i confini della razionalità, risemantizzando le nozioni di "ragione" e di "intelligenza", come peraltro stanno facendo oggi alcune scienze umane. Non bisogna dimenticare, infatti, ciò che ha mostrato il filosofo della scienza Paul K. Feyerabend: che l'indagine scientifica, anche quella delle scienze esatte, non può fare a meno, per il suo sviluppo, di ricorrere a presupposti ben precisi».
Potrebbe essere, questo ampliamento del raggio della scienza, la via per superare quelli che appaiono due errori contrapposti: l'esplosione della sfera magico-irrazionale e l'esaltazione della potenza trainante e taumaturgica della tecnica?
«Lo è senz'altro. Né bisogna dimenticare che il termine "scienza", così come la parola "metodo" e altre categorie del pensiero, hanno anch'essi molti significati. E su questa ricchezza semantica, precisamente articolata, bisogna far leva contro il "pensiero unico". Con un'importante avvertenza, però. È necessario elaborare un concetto di "ragione" che sia capace davvero di esprimere le esigenze vitali degli uomini. La domanda che s'interroga sul "perché" è la domanda di chi è alla ricerca di un senso: una domanda che si ripropone anche quando vengono date tutte le spiegazioni che, in una data epoca, le scienze possono avanzare. Credo che proprio recuperando uno spazio di legittimità per la domanda di senso e rivendicando a pieno titolo la razionalità dei tentativi di dare a essa una risposta, sia non solo possibile individuare la condizione per un vero dialogo fra le religioni».
La Chiesa, lo si deduce anche dalla semplice lettura del discorso di Ratisbona, difende la nobiltà e l'altissima capacità della ragione umana. Si batte contro chi la vuole appiattire, sminuire o amputare. Eppure questa posizione viene ancora rovesciata dai suoi critici in una caricaturale accusa di oscurantismo. Come spiegare questa mistificazione?
«Viviamo pu rtroppo in un momento in cui, più che il desiderio di dialogare, prevale la volontà di contrapporsi. Ma, al di là di quest'aspetto specifico, io credo che la tesi dell'irrazionalismo religioso sia la conseguenza di un più generale tentativo ideologico di ridurre la tradizione religiosa a qualcosa di marginale, o addirittura di ghettizzarla nel privato. Salvo poi concedere al credente, con mossa politically correct, la facoltà di esprimere, beninteso solo entro questi limiti, le proprie convinzioni. Ritengo invece che proprio nella rivendicazione di una ragione aperta e allargata nei suoi spazi possa essere mostrato che l'impegno della Chiesa, anche sul piano della riflessione teorica, non è finalizzato alla prevalenza di una parte, ma si pone, una volta di più, al servizio di tutti gli uomini».

Avvenire, 3 marzo 2007


IL CARDINALE AL FORUM DEL "PROGETTO CULTURALE" DELLA CHIESA

RUINI: "LA FEDE SIA GUIDA DELLA NAZIONE"

MARCO POLITI

Il futuro delle civiltà sta nell´adesione o meno al principio che bisogna vivere «come se Dio esistesse». Il futuro del cattolicesimo in Italia sta nella sua capacità di rimanere «popolare» e rivestire il «ruolo guida» nel cammino della nazione.
Spazia da Habermas a Kant, da Agostino a Lonergan la prolusione con cui il cardinale Camillo Ruini ha aperto ieri l´ottavo forum del Progetto culturale della Chiesa italiana. E si delineano con sempre maggiore chiarezza le aporie, su cui si sta impostando la strategia culturale del pontificato di Ratzinger. Oggi «l´atteggiamento più diffuso tra i non credenti - spiega il presidente della Cei, citando il pensiero di Ratzinger - non è l´ateismo, ma l´agnosticismo, che sospende il giudizio riguardo a Dio in quanto razionalmente non conoscibile». Che conclusione ne trae il Papa? Benedetto XVI non esplora la profondità e la molteplicità dell´agnosticismo moderno, il suo intrecciarsi a tensioni spirituali e a interrogativi etici. Ratzinger conclude, invece, che l´«agnosticismo è un programma irrealizzabile per la vita umana». Chi fa l´agnostico si comporta alla fine da ateo. Chi accetta l´ipotesi dell´esistenza di Dio adotta la posizione di un credente.
Infatti la questione di Dio - è sempre il Papa che argomenta - non è eludibile, ha un valore pratico e ha conseguenze in tutti gli ambiti della vita sociale: o si vive come Dio esistesse oppure si vive come se Dio non esistesse e fosse la realtà decisiva della «mia» esistenza, origine, senso e fine dell´universo. Incentrato sulle scelte esistenziali di ciascun individuo, il dilemma di Pascal possiede una sua logica. Ma quando Ratzinger, come ha già fatto ripetutamente, esorta la società (e le istituzioni) ad agire veluti Deus daretur, cioè riconoscendo il primato della Divinità, si manifesta una visione che necessariamente entra in conflitto con la realtà dello stato moderno pluralista e multicredente. Benedetto XVI ha delineato più volte il suo assioma: le leggi dei parlamenti non possono prescindere dal Creatore, la legge naturale è quella stabilita da Dio. I riflessi di questa impostazione si sono già visti nel dibattito in corso sulle unioni civili. L´argomentare è subito salito a livelli dogmatici, lontano da qualsiasi analisi della realtà concreta della famiglia.
Che significa pretendere oggi che la società viva «come se Dio ci fosse»? A quale Dio dovrebbero ispirarsi i legislatori? A Cristo, al Dio visto da Maometto, al Dio studiato dalla tradizione rabbinica, al Budda divinizzato? E nella società composita deve imporsi il principio di maggioranza, cioè - da noi - la preminenza della religione cristiana? Ma allora si apre un altro interrogativo: quale Cristo. Quello interpretato dal Vaticano o quello degli ortodossi, che ammettono i divorzi, o quello dei protestanti, che benedicono le unioni gay? Appena si scende dalla metafisica nella sfera concreta della società e dello stato, si finisce per rendersi conto che una visione del genere conduce in un vicolo cieco.
Nella sua relazione ricca anche di altri spunti Ruini ha ripreso naturalmente il tema ratzingeriano della «fede amica dell´intelligenza». Cavallo di battaglia di Benedetto XVI: l´alleanza tra fede e ragione. Anche qui si aprono problemi. Non c´è un´istanza nella società contemporanea, che possa certificare la «vera» ragione. Tanto è vero che Ruini riferisce la critica di Ratzinger all´ultimo Habermas, perché il filosofo chiede alle religioni di «riconoscere l´autorità della ragione naturale: cioè i fallibili risultati delle scienze e i principi universalistici dell´egualitarismo giuridico.
La Chiesa ratzingeriana non è pronta a fare questo passo. I problemi tra gerarchia e società sono, dunque, destinati ad acuirsi.

Repubblica, 3 marzo 2007

Caro Politi, mi scusi, ma questo articolo e' inaccettabile. Che cosa significa "il Cristo interpretato dal Vaticano"? Ma stiamo scherzando? Occorrerebbe fermarsi dieci secondi prima di scrivere certe parole, taglienti come pietre.
Le ricordo, caro Politi, che Cristo ha indicato in Pietro la roccia su cui fondare la sua Chiesa. Questo è il cattolicesimo!
Che cosa intende per Chiesa ratzingeriana? Sappia che la Chiesa non e' di Ratzinger, come non lo e' stata di nessuno dei suoi precedessori: la Chiesa e' di Cristo e non del Papa, il quale e' successore di Pietro.
In un'udienza generale dello scorso anno, Papa Benedetto chiari' perfettamente il concetto: la Chiesa non e' di Pietro e, tantomeno, dei suoi successori.
Quando si vuole attaccare il Pontefice, si usino argomenti piu' validi...
Se intuisco bene, secondo Lei, Politi, la Chiesa dovrebbe accettare tutte le istanze della modernita' per non perdere consensi e non avere scontri?
Beh, non e' questa la mia idea di cattolicesimo.
Legga qui e qui
Ciao Raffaella

3 commenti:

Luisa ha detto...

Il " vaticanista" Politi , mi sembra abbia raggiunto, con questo articolo, l`apice dell`espressione del suo astio contro Benedetto XVI.
Dunque, Benedetto XVI, il cardinal Ruini, la Chiesa in generale ci portano in vicoli ciechi, non c`è proprio niente da salvare nel Magistero petrino.
A dire il vero, io è leggendo Politi che mi sento aspirata in un vicolo cieco.
La contraddizione può essere sana, costruttiva, far riflettere, ma Politi, con i suoi pre-giudizi, la sua feroce e costante opposizione, meriterebbe il premio della malafede , se esistesse .
Proviamo comunque a seguire il suo ragionamento. Secondo lui, pur ammettendo ( con grande difficoltà) che l`Europa sia ancora a maggioranza cristiana, come la mettiamo con Cristo? Quale Cristo ? Quello interpretato dal Vaticano? quello dei protestanti, quello degli ortodossi?
Interpretato dal Vaticano...ed è un "vaticanista" che scrive un`enormità simile.
Sì , signor Politi, siamo ancora in molti a credere ( non nel senso di essere creduli, ma aderire a un principio di fede ) che la Chiesa Cattolica con il suo Pastore che la guida, è depositaria del messaggio evangelico, il messaggio di quell`unico Cristo che è morto per noi sulla Croce ed è risuscitato , il Cristo che ha scelto Pietro per fondare la Sua Chiesa ed oggi Pietro è Benedetto XVI che,con chiarezza, forza,coraggio e dolcezza continua a trasmetterci il messaggio di Cristo che è AMORE !

Anonimo ha detto...

Grazie Luisa per il tuo post!
Sono d'accordo con la tua analisi e aggiungo che Politi, come molti altri vaticanisti, ritiene che il Papa debba scendere a patti con la cosiddetta modernita'.
Certo! Sarebbe facile per il Papa dire: benissimo! D'ora in poi la Chiesa rimarra' in silenzio, si occupera' delle proprie questioni, preghera', ma non dara' alcun contributo al mondo.
Questa e' Chiesa? Secondo me assolutamente no! Il Papa non solo ha il diritto ma anche il dovere di illuminare le nostre coscienze. Tutto cio' da' fastidio a qualche politico, qualche presentatore in vera di omelie, qualche cantante?
Pazienza! Non e' cercando a tutti i costi il consenso che un Pontefice fa il suo dovere.
Ricordiamo il Vangelo delle Beatitudini: "Guai quando tutti diranno bene di voi. Lo fecero anche i vostri padri con i falsi profeti.
Ciao :-)

Luisa ha detto...

Sì , la ricerca della simpatia e della popolarità non è veramente la priorità per un Pontefice chiunque egli sia !!
Per questo vi sono i demagoghi di servizio, e li troviamo in tutti i settori della società ....politici, animatori televisivi ( seguite il mio sguardo...), laici cattolici e purtroppo anche membri del clero !