27 gennaio 2008
Il cristianesimo e il futuro dell’Europa (Zenit)
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Su segnalazione di Luisa leggiamo:
Il cristianesimo e il futuro dell’Europa
Intervista al Vicepresidente del Parlamento Europeo
Di Antonio Gaspari
BRUXELLES, venerdì, 25 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Dove si sta dirigendo l’Europa? Che fine faranno le radici cristiane? Sopravviverà al crollo demografico e alla crisi morale che l’attanaglia? Riuscirà a rinnovare e alimentare la speranza per le nuove generazioni? In che modo riuscirà a integrare i tanti e diversi flussi di immigrati?
Queste ed altre domande ZENIT le ha rivolte a Mario Mauro, Vicepresidente del Parlamento Europeo, docente in Storia delle Istituzioni europee e autore del volume “Il Dio dell’Europa” (Edizioni Ares, 2007, pp. 152, Euro 13).
A che punto siamo con la Costituzione Europea? Ci sono delle possibilità perché le radici cristiane vengano riconosciute?
Mauro: Pur conservando elementi di incompletezza e con modesti progressi conseguiti per quanto riguarda il processo decisionale, possiamo affermare, all’indomani della firma del Nuovo trattato sull’Unione europea, che la democraticità dell’Unione sarà certamente accresciuta.
L’organo legislativo e rappresentativo per eccellenza, quello che in tutti gli Stati nazionali ha competenza esclusiva (o quasi) per quanto riguarda l’iniziativa legislativa, vale a dire il Parlamento europeo e con esso i cittadini europei, può affermare di essere il grande vincitore del Trattato di Riforma.
Trattato che non ha più un carattere costituzionale, ma mantiene importanti realizzazioni in materia di legittimità democratica, efficacia e rafforzamento dei diritti dei cittadini (con alcune importanti eccezioni per quanto concerne il Regno Unito e altri Stati membri): uno dei primi articoli del Trattato Ue definisce chiaramente i valori su cui si fonda l’Unione europea, un altro articolo ne enuncia gli obiettivi. Non essendo più un documento dal valore costituzionale l'assenza di un rimando alle radici cristiane ha meno peso e la partita si può considerare riaperta.
Lei è autore di un libro dal titolo “Il Dio dell’Europa”, può dirci quali sono le conclusioni? In che cosa crede l’Europa di oggi?
Mauro: Il libro non nasce con l'obiettivo di proporre un metodo, una chiave di lettura, che permetta una migliore comprensione del progetto politico europeo e quindi possa aiutarci nella rispondere a domandi vitali per il futuro del nostro continente. C'è un filo conduttore della storia europea che si possa considerare riannodato dal legame e dalle decisioni storiche di De Gasperi, Adenauer e Schuman? L'Europa di oggi risponde ancora al progetto dei Padri fondatori? Come è possibile riprendere in mano e chiarire questioni fondanti, quali quella del popolo europeo e delle sue aspirazioni? Cosa manca oggi nel "respiro europeo"? Perché, nonostante le bocciature della Costituzione europea, sembra che nessuno voglia affrontare con decisione il problema cardine dell’identità europea? Quali sono gli spazi disponibili per il protagonismo della società civile europea? È presente un riconoscimento reale e concreto della sussidiarietà a livello europeo?
Benedetto XVI ricorda come i grandi pericoli contemporanei per la convivenza fra gli uomini giungano dal fondamentalismo, la pretesa di prendere Dio come pretesto per un progetto di potere, e dal relativismo, il ritenere che tutte le opinioni siano vere allo stesso modo. L'involuzione del progetto politico che chiamiamo Unione europea oggi è riconducibile proprio a questi fattori.
Il problema dell'Europa nasce dal fatto che il rapporto tra ragione e politica è sostanzialmente sviato da ciò che è la nozione stessa di verità. Il compromesso, che giustamente è presentato come senso della vita politica stessa, é oggi concepito fine a se stesso.
E' per questo che si è scelto di mettere a fuoco le principali politiche dell'Unione Europea, utilizzando come filo conduttore le intuizioni dei padri fondatori e la promozione della dignità umana insita nell'esperienza cristiana. La situazione di impasse in cui naviga l’Europa deve condurci ad una profonda riflessione.
Al di là della capacità di giungere ad un buon accordo sul bilancio, il vecchio continente sta perdendo il proprio orizzonte, la propria dimensione. Dopo l’era Kohl, l’Europa è stata dominata da politici senza il coraggio necessario per poter generare il domani e senza la forza per poter mantener fede alla costruzione politica creata poco più di cinquant’anni fa dai padri fondatori. Una generazione di politici giunta ad un’idea di Europa, bocciata dai referendum francese ed olandese, per cui l’integrazione sempre più stretta è diventata un valore in se stessa.
Attualmente nell’Unione europea viene praticato un aborto ogni 25 secondi e ogni trenta secondi c’è una separazione familiare. Nonostante la grave crisi demografica al Parlamento europeo sembra prevalere una cultura che propone forme di famiglia alternative a quella naturale, matrimoni gay, pillole abortive ed eutanasia, mentre i Paesi come la Polonia dove gli aborti diminuiscono vengono criticati. Non crede che continuare a seguire un modello culturale maltusiano segnerà la decadenza dell’Europa?
Mauro: Assolutamente sì ed è il pericolo maggiore nel quale incorre oggi il nostro continente. La decadenza del nostro continente è prima di tutto il risultato di una crisi della nostra identità di popolo europea.
A questo proposito credo che il recente discorso del Papa agli Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, in cui ha auspicato che la moratoria approvata dall'Onu sulla pena di morte possa "stimolare il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita" costituisca il cuore del dibattito sulla futura Europa.
Sulla base della mia esperienza ritengo che i cinque nodi su cui si gioca il futuro dell'Europa siano rappresentati dalla crisi demografica, dall'immigrazione, dall'allargamento, dalla strategia di Lisbona e dalla politica estera. Nodi strettamente collegati fra loro da un minimo comune denominatore: l'identità dell'Europa. Senza aver chiara la sua identità, l'Europa non potrà infatti fare alcun passo in avanti rispetto a queste cinque sfide.
Corriamo il rischio che la risposta alla crisi demografica sia puramente ideologica, privilegiando opere di ingegneria sociale. L'Ue non può ignorare il fattore culturale nell’incidenza sui tassi di fertilità, ovvero le convinzioni personali che sostengono l’apertura alla vita.
Se si esce dai palazzi della politica di Bruxelles e Strasburgo, però, sembra che tra le nuove generazioni sia nata una cultura, ottimista e pro vita. A Londra c’è stata una manifestazione contraria all’aborto. A Madrid le famiglie sono scese in piazza. Il 20 gennaio a Parigi si è svolta una manifestazione europea a favore della vita. Prima di Natale a Strasburgo i movimenti per la vita europei si sono riuniti e vogliono raccogliere dieci milioni di firme per chiedere al Parlamento europeo il riconoscimento della persona dal concepimento alla morte naturale. A 40 anni del 1968, è un segno dei tempi che cambiano? Lei che ne pensa?
Mauro: Da molti anni si continuano a diffondere, soprattutto da parte dei mezzi di comunicazione più potenti e persuasivi e da parte della maggior parte degli schieramenti politici in Europa, idee sulla famiglia a dir poco distorte o fuorvianti che non contribuiscono assolutamente ad aiutare la società civile, che non è resa assolutamente più libera ma è invece svuotata da qualsiasi certezza per la propria vita.
In questo contesto allarmante, le manifestazioni e le iniziative in difesa della vita e della famiglia tradizionale che in tutta Europa stanno riscontrando sempre più consensi sono un chiaro segno che ci sono persone che ancora credono, e che sono disposte a lottare per questo, nel rispetto della dignità e della sacralità della vita umana; vita che dal concepimento si compie appieno attraverso la nascita, la crescita, il matrimonio, la procreazione e la morte naturale.
Credo che in questa epoca dominata dall’incertezza tanto più forti sino gli stravolgimenti dello scenario intenzionale e le provocazioni dei governi, dei partiti e dei movimenti nel proprio paese, tanto più ci sono presone che si ribellano e rispondono, ance dalle piazze, con una ricerca di vita, di stabilità, di verità.
La sfida, prima ancora che politica, è a livello educativo e culturale, parte dalla concezione della vita e della persona che viene messa in gioco e dall’onestà intellettuale con cui ci si confronta. Anche se resistono posizioni fortemente ideologizzate, sta aumentando la disponibilità a un confronto a partire da elementi di razionalità piuttosto che da reazioni di tipo emotivo.
E questo, a livello europeo, emerge sia tra i politici sia nell’opinione pubblica. A parte alcuni atteggiamenti aprioristicamente chiusi e votati alla contrapposizione o alla demonizzazione dell’avversario sta prendendo piede una disponibilità nuova al confronto, che prende le mosse da una crescente sensibilità alla dignità della vita e dalle risultanze che la scienza fornisce.
Come ha dichiarato recentemente il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, è necessario che le leggi si adeguino allo stato delle conoscenze, che muta col tempo, specie in campo bioetico, ed è per questo che ho presentato, assieme ad altri miei colleghi, un’ interrogazione scritta alla Commissione europea a proposito del finanziamento della ricerca sulle cellule staminali embrionali in cui chiediamo “di valutare alla luce delle recenti scoperte scientifiche operate da scienziati giapponesi se sia ancora necessario dare seguito a ricerche che distruggono embrioni erogando fondi a progetti per la ricerca sulle cellule staminali embrionali che distruggono embrioni umani".
Dopo la vittoria al referendum sulla legge 40 e il Family Day in Italia, sta avendo un certo successo la proposta di moratoria sull'aborto lanciata da "Il Foglio". Cosa ne pensa?
Mauro: Come a Londra, Madrid, Parigi, Strasburgo, anche a Roma gli Italiani sono scesi in piazza per riaffermare un'idea di vita e di famiglia "alternativa" ai modelli che la società e la politica stanno cercando di imporci. Un modello che pone al centro l'uomo e la sua ricerca della verità. .
Che Paese sarà l'Italia fra trent'anni? E' una domanda che riguarda tutti, di destra di sinistra, cattolici e laici, come riguardano tutti l'evidente deteriorarsi della società italiana e la sua clamorosa debolezza nel formare le nuove generazioni.
Poiché se una società libera non riesce a formare nuovi individui in grado di gestire responsabilmente la libertà, il suo livello di autoritarismo sarà fatalmente destinato a crescere.
Ho ricordato prima il recente discorso del Santo Padre che il 7 gennaio fa appello alla comunità internazionale affinché la moratoria approvata dall'ONU sulla pena di morte possa stimolare il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita umana, e l'8 gennaio, Giuliano Ferrara, su "Il Foglio", raccoglie questa richiesta e lancia una proposta di moratoria sull'aborto che solleva subito un animato dibattito.
Il mio auspicio è che i Governi nazionali e gli organismi internazionali facciano chiarezza sull'uso ambiguo di termini come ‘salute riproduttiva', che nelle loro applicazioni tendono a rendere le pratiche abortive come un comportamento standard. Le istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite e l'UE, non possono trasformarsi in una sorta di supermarket dei diritti; sono nate per favorire la pace e lo sviluppo, cioè per tutelare la vita umana e per garantire la legittimità di un diritto naturale, a cui tutta l'umanità faccia riferimento.
Insieme a Elisa Chiappa lei ha scritto un libro per bambini, "Piccolo dizionario delle radici cristiane d'Europa" (edizioni Ares). Quali sono le storie, i personaggi e le immagini che lei userebbe per spiegare l'Europa cristiana ai bambini?
Mauro: Con questo libro Elisabetta ed io abbiamo cercato di raccontare ai più piccoli l'Unione Europea di oggi, l'Europa che è stata e che ha maturato attraverso i secoli una fisionomia precisa, l'Europa che sarà, per far loro capire il mondo e la civiltà in cui sono nati e in cui daranno da grandi il loro apporto.
Abbiamo cercato di farlo attraverso un dizionario, parole scelte con cura e spiegate, oltre che da un breve testo, dalle bellissime immagini di Benedetto Chieffo. Per rendere ancora più semplice e interessante la conoscenza dell'Europa, al volume è allegato Eurovia, il magnifico gioco della Bandiera Europea che propone una gara avvincente e istruttiva attraverso tutti i Paesi dell'Unione.
Sono convinto che l'identità civile e nazionale dell'Europa si fondi sulle radici culturali e religiose di una tradizione bimillenaria di storia. Dobbiamo essere capaci oggi di dire ciò che siamo. In che cosa crediamo.
Per avere un'Europa migliore dobbiamo tornare a credere, lavorare, batterci per essa. L'Europa nasce cristiana, sotto la protezione di San Bendetto da Norcia, dei Santi Cirillo e Metodio, di Santa Caterina da Siena, di Santa Brigida, di Santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein; non possiamo lasciarla preda di mistificazioni e strumentalizzazioni. Basti un esempio.
Il richiamo al Cristianesimo è presente proprio sul simbolo per eccellenza, sulla bandiera, perché quelle dodici stelle provengono dal culto della Vergine Maria e sono svincolate dal numero di Stati aderenti. Non tutti lo sanno perché la vera origine della bandiera a dodici stelle è stata oggetto di una colpevole dimenticanza all'interno delle istituzioni comunitarie.
Occorre insomma un passaggio ulteriore: c'è l'occasione per un'intera società di ritrovare se stessa e di ritrovare la propria identità, la propria faccia, ma anche il proprio scopo, la ragione per cui siamo quello che siamo. Abbiamo o non abbiamo il dovere di rispondere a questa sfida? La forma del dizionario ha il senso di chiarire e restituire il significato delle parole che definiscono l'Europa. Un primo passo verso la sfida cui siamo chiamati.
Giovedì 10 gennaio Lei ha presieduto la sessione plenaria per la firma della Carta dei Musulmani europei tenendo il discorso introduttivo. Può dirci di che cosa si tratta? Quale significato assume tale documento nell'anno che l'UE dedica al dialogo interreligioso per il quale Lei ha la delega? Ha previsto altre occasioni di confronto e dibattito?
Mauro: Oltre 400 organizzazioni musulmane provenienti da 28 Paesi del continente, compresa la Turchia, hanno firmato la Carta dei Musulmani d'Europa, elaborata per iniziativa della Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa.
Nei 26 punti del documento si ricordano i diritti e le responsabilità dei musulmani, invitati da "un'integrazione positiva", si sancisce la parità tra uomo e donna e si rigetta il terrorismo fondamentalista.
La Carta costituisce un codice islamico di buona condotta, impegna la comunità musulmana europea a partecipare alla costruzione di un'Europa comune e di una società unita, a partecipare altresì allo sviluppo dell'armonia e del benessere nelle nostre società e a svolgere pienamente il ruolo di cittadini nel rispetto della giustizia, dell'uguaglianza di diritti e della differenza. Per la prima volta una Carta dà un codice di condotta ai musulmani d'Europa che non deve essere in contraddizione con le legislazioni europee. Si tratta di un'ottima spinta per rafforzare il dialogo interculturale ed interreligioso anche alla luce dell'insistenza sul dovere che ha il musulmano di rispettare il non musulmano. E' incoraggiante che nella Carta dei diritti una parte sia dedicata alla famiglia come condizione indispensabile per la felicità degli individui e per una società stabile, e che ci sia l'apertura ad una parità tra uomo e donna.
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