29 gennaio 2008
Rémi Brague: "Il Cristianesimo per sua natura è laico. Il Papa oggi sta difendendo la ragione: in tutte le sue dimensioni" (Eco di Bergamo)
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«Il Cristianesimo per sua natura è laico»
Entrando nella storia, ha fatto fare un passo indietro alle religioni Il Papa oggi sta difendendo la ragione: in tutte le sue dimensioni
Carlo Dignola
Rémi Brague, specialista di filosofia medievale araba ed ebraica, di Maimonide e di San Bernardo ma anche di Aristotele e di Heidegger, insegna alla Sorbona di Parigi e alla Ludwig Maximilian Universität di Monaco: siede cioè sulla cattedra che fu di Romano Guardini. Assieme ad Alain Finkielkraut oggi è uno dei grandi intellettuali con i quali la Francia sta tornando a sfidare la pigra cultura europea, e anche se stessa. Ospite del Centro culturale di Milano, stasera (ore 20.45) parlerà sul tema «Le diverse culture e il cristianesimo: una convivenza nuova». Terrà la sua lezione a Palazzo Marino, il simbolo stesso del potere civico: alle sue spalle, un po' distante sopra i tetti, spunta la sagoma della Madonnina dorata del Duomo.
Brague, però, è uomo destinato a confondere le topografie troppo scontate: è uno studioso che quando affronta parole logore come «laicità» o «ideologia» o «fondamentalismo» costringe a osservarle in maniera nuova, scoprendole magari dove non ci si aspetterebbe di trovarle. E induce a guardare anche il cristianesimo in modo tutt'altro che abituale. Non ha avuto paura di definire l'Europa di oggi come «uno zombie, che non sa di esser morto e continua a respirare e camminare per abitudine», o di dire che la tolleranza ormai è diventata «un ideale veramente infimo». A chi gli chiede come andrebbero gestiti i problematici rapporti fra Stato e Chiesa dopo la loro separazione «moderna», fa notare che Papa e Imperatore erano già due poli molto ben distinti nel medioevo, e che questo non è certamente avvenuto per caso. Anzi, Brague dice che forse avremmo qualcosa da imparare dall'idea secondo cui i due supremi poteri si devono spartire bene i compiti: il primo deve occuparsi, in modo molto concreto, della «salvezza delle anime», il secondo di «fare il meglio possibile il suo mestiere: far regnare la pace».
Per Brague il Cristianesimo è qualcosa non di dottrinario ma di vivo in azione nella storia, è «una ventata di ottimismo», carica di promesse soprattutto per il futuro: «Forse - dice -, noi siamo solo all'inizio del Cristianesimo».
Professore, lei sostiene che «l'Europa è stata costruita da gente il cui scopo non era affatto quello di costruire una "civiltà cristiana"», che questa è stata solo «un effetto collaterale che la fede in Cristo ha prodotto» all'interno di culture anche molto diverse fra loro.
«Ciò che voglio dire è che non esiste una rivendicazione cristiana di tutte le dimensioni della cultura. Altre religioni hanno la pretesa di rispondere a ogni possibile domanda umana. È del tutto chiaro che questo desiderio non potrebbe mai venir soddisfatto completamente, ma in via di principio un ebreo, un musulmano potrebbe sapere quello che deve fare in ogni circostanza della vita. Non è possibile, ad esempio, parlare di una "cucina cristiana" né di una "medicina cristiana", mentre esiste una "cucina ebraica" e anche una medicina profetica dell'Islam, che riprende affermazioni di Maometto su diversi problemi che riguardano l'igiene, la salute, il trattamento di determinate malattie. Questo è il sintomo di un atteggiamento più generale. Con Paolo, e prima ancora con Gesù stesso il Cristianesimo ha avuto inizio facendo un passo indietro: grazie a questo gesto si apre un ambito in cui il "sacro" non c'entra più. Non esiste una regola, non esiste nessun "libretto di manutenzione" del Cristianesimo. Questo non vuol dire che non ci sia un'attenzione alla dimensione della legge: Gesù non propone un'assenza di norme, dice anzi che la legge è buona, è necessaria. Ma la sua applicazione storica deve continuamente essere trovata dall'uomo. Dio ci dà gli strumenti per scoprirla, ci dà il cibo di cui abbiamo bisogno: noi però dobbiamo ogni volta decidere come va cucinato».
Sta dicendo che, rispetto all'impasto primitivo di religione e politica delle altre fedi il Cristianesimo è per sua natura un fenomeno laico?
«Ha offerto a tutta la cultura umana la chance di svilupparsi senza dover rispettare a ogni passo regole di tipo religioso. È dunque in qualche modo già un processo di secolarizzazione. La secolarizzazione a cui stiamo assistendo non è qualcosa che si svolge contro il Cristianesimo, ma è una dimensione che esiste al suo stesso interno».
Lei, sia dopo Ratisbona sia dopo il mancato discorso alla Sapienza, ha difeso il Papa contro le fiammate di intolleranza musulmana e laicista. Benedetto XVI, in entrambi i casi, più che il «primato di Pietro» è sembrato preoccupato di riaffermare il primato della ragione, in tutte le sue dimensioni...
«Precisamente: in tutte le sue dimensioni, non soltanto quelle di una ragione sperimentale utile nella costituzione di una scienza come la fisica matematica. Il sapere scientifico è un processo di continua approssimazione e di correzione, l'ideologia scientista invece oggi presume il possesso di una verità assoluta e indubitabile. E immagina che la scienza sia l'unica via di accesso. Ma questa non è più un'affermazione scientifica: è cattiva filosofia».
Il suo presidente, Nicolas Sarkozy, parlando prima di Natale in Laterano a Roma ha scandalizzato i benpensanti laici di mezza Europa, e ha sorpreso un po' tutti. Ha detto che la Francia «ha bisogno di cattolici convinti, che non temano di affermare ciò che sono e ciò in cui credono». Ha invocato «l'avvento di una laicità positiva» capace di riconoscere lealmente la storia cristiana dell'Europa e al tempo stesso di continuare a difendere uno spazio pubblico «neutrale» per chi non crede in nessun Dio.
«L'aspetto interessante di quel discorso è che la fa finita, finalmente, con una bugia molto diffusa secondo la quale lo Stato francese non saprebbe neppure che cos'è cristianesimo. Questo è stato a lungo l'atteggiamento pregiudiziale di una certa élite. L'atteggiamento reale, invece, fra cattolici e laici, è di collaborazione. Ciò che ha detto Sarkozy mi pare dunque soprattutto la conferma, il riconoscimento di qualcosa che già c'è. Dopo un discorso del genere è più difficile adottare un'interpretazione laicista della laicità, che in questi anni sembrava diventata il contenuto di una specie di "missione civilizzatrice" che la Francia si è data. Ad esempio, alla Comunità europea di Bruxelles certi nostri politici e intellettuali si comportano come se avessero da portare la luce della concezione francese dei rapporti fra Stato e Chiesa a un "resto del mondo" che rimane ancora immerso nelle tenebre».
Lei ha contestato piuttosto duramente l'idea che i cattolici debbano impegnarsi a «difendere i valori cristiani». Dicendo che, se vanno difesi, significa che sono deboli.
«Ciò che non viene capito di questo discorso sui valori, è che è del tutto inutile. Domenica sono andato a Messa, era la giornata della Sacra famiglia, e ho sentito un prete parlare del bene che rappresenta il fatto di crescere in una famiglia unita. Ha usato almeno 3 o 4 volte l'espressione "valori": una parola francamente superflua. Chiunque capisce benissimo che è meglio venire tirati su da genitori che si vogliono bene, assieme ai propri fratelli, in un'atmosfera d'amore. È una cosa del tutto naturale. E allora perché chiamare questo, che è un bene oggettivo, "valore cristiano"? Non ci si rende conto che la metafisica che presuppone l'uso di tale espressione è una metafisica soggettivistica: il soggetto "A" avrà i valori "A", il soggetto "B" avrà i suoi valori "B", e ciascuno di loro potrà dire: "Non ci intendiamo, abbiamo valori diversi". Ultimamente, quella dei "valori" è un'idea che divide. Mentre il Cristianesimo ha questa particolarità, che i beni che propone sono quelli che ricercano tutti gli uomini. Nel Cristianesimo non vi è nulla che sarebbe buono esclusivamente per i cristiani».
© Copyright Eco di Bergamo, 29 gennaio 2008
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