28 gennaio 2008
Tettamanzi-Mieli, dialogo su parola e silenzio alla luce del Messaggio del Papa ai media (Corriere)
Vedi anche:
Benedetto XVI libera le colombe con due bambini (Gazzetta del sud)
Il prof Giorgio Israel parla della Sapienza (Tempi)
Il cristianesimo e il futuro dell’Europa (Zenit)
Per la prima volta nella storia una donna si affaccia dalla finestra del Papa!
Messaggio del Papa sui mass media: il commento di Mons. Celli e di Gianni Riotta (Radio Vaticana)
Il Papa e i bambini dell’Azione Cattolica lanciano in cielo due colombe simbolo di pace (Radio Vaticana)
Padre John Flynn: "Il Papa ridotto al silenzio" (Zenit)
Il regno di Dio è la vita che si afferma sulla morte, la luce della verità che disperde le tenebre dell’ignoranza e della menzogna
Laico, cioè cristiano (Raffaele Iannuzzi per "L'Occidentale")
"Caso Sapienza": la bellissima omelia del vescovo di Reggio Emilia
L'abbaglio di papa Scalfari (il solo ad avere "ascoltato" in latino una Messa in italiano)
Il Papa alla Sacra Rota: "Evitare le interpretazioni arbitrarie nelle cause di nullità matrimoniale"
Il Papa: è la preghiera che rende possibile il cammino per l’unità (Avvenire)
Il contesto delle frasi di Feyerabend arbitrariamente attribuite a Benedetto XVI (Carioti per "Il Corriere")
Joseph Ratzinger, Paul Feyerabend e Galileo Galilei: il testo mai letto in Italia (Corriere della sera)
IL PAPA E L'OSCURANTISMO INTOLLERANTE DEI LAICISTI UNIVERSITARI: LO SPECIALE DEL BLOG
Su segnalazione della nostra Gemma, leggiamo:
Tettamanzi-Mieli, dialogo su parola e silenzio
Meglio secondi contandola giusta che primi scrivendo una balla? Diciamo di sì: o perlomeno diciamo che questo sarebbe il «corretto obiettivo», nella sintesi del direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli, di ciò che il cardinale Dionigi Tettamanzi, citando Benedetto XVI, ha definito «giornalismo info-etico».
Poi, di fatto, né l'uno né l'altro giocano a nascondersi la difficoltà concreta della cosa: la contraddizione fra la «complessità» del mondo e le «semplificazioni» con cui i media lo raccontano, e il rischio della «generalizzazione », fino al «problema dei problemi », il rapporto fra «parola e silenzio», laddove essendo i tempi dell'informazione sempre più frenetici diventa sempre più arduo, per chi l'informazione la fa, trovare il tempo per pensarla. «In sostanza lei mi chiede — dice Mieli al cardinale — se c'è un momento in cui noi giornalisti, prima di parlare, ci fermiamo anche a pensare... E io rispondo che lei ha centrato la questione».
L'incontro fra Mieli e Tettamanzi, promosso dalla Diocesi ambrosiana, è avvenuto ieri all'Ambrosianeum di Milano a ridosso delle iniziative per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. E se il messaggio del Papa, in questo ambito, aveva riguardato il problema dei mass-media «al bivio tra protagonismo e servizio», lo spunto per il dibattito tra l'arcivescovo della Diocesi più grande d'Italia e il direttore del Corriere era inizialmente più specifico: gli «immigrati in prima pagina», insomma il modo con cui l'informazione tratta gli stranieri.
«Un tema la cui prima caratteristica — esordisce il cardinale — è appunto la complessità. E se la semplificazione, a volte, è una necessità da parte dei media per rendere la complessità più comprensibile, a volte però può portare a schemi precostituiti e distorsioni vere e proprie». Insiste su un punto: «Gli immigrati, ma vale per tutti coloro di cui si parla in un articolo, sono persone. Non categorie». E il compito di chi fa informazione, su loro ma su chiunque, «non consiste solo nel parlare» ma anche nel «saper ascoltare».
Mieli addirittura sembra scavalcarlo. «La semplificazione — dice — non è uno sbaglio "a volte": lo è sempre». Argomenta: «Se un fenomeno è complesso, dobbiamo raccontarlo come tale». Ma rivendica anche un «miglioramento » in atto: «È vero che certi titoli di cronaca nera in cui si parla di "rom" e "marocchini" si fanno ancora. Ma nessun giornalista, oggi, considera innocente l'uso di questi termini. Io, che sono di origine ebraica, inorridirei di fronte a un titolo che dice "ebreo accoltella un passante". La sensibilità dell'informazione è aumentata», sottolinea.
Non rinunciano a provocarsi l'un l'altro, direttore e cardinale. «Ma lei che parla di dialogo — dice il primo — che cosa intende in concreto? Sugli stranieri, per dire, dobbiamo essere noi ad accettare la poligamia o loro a rinunciarvi? ». «Leggi e culture stanno su piani diversi — dice il secondo — e credo che ogni Paese debba conservare le proprie. Ma lei mi dica: non pensa che l'informazione, oltre che delle tante parole da cui è composta, avrebbe a volte bisogno di un po' di silenzio?». «Oggi più che mai — risponde Mieli — ma questo è proprio il bene più raro che abbiamo: con tv e Internet, oggi, tra l'accadimento di un fatto e il momento in cui dobbiamo prendere la parola per raccontarlo passano pochi minuti, a volte neppure». Tuttavia è su questo, conclude Mieli, che si giocherà il futuro: «Perché l'informazione destinata a sopravvivere non sarà quella più veloce, ma quella più autorevole. Che arriverà magari per seconda, ma si sarà data il tempo necessario per essere attendibile».
© Copyright Corriere della sera, 27 gennaio 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento