27 aprile 2007

Flores d'Arcais attacca "Gesu' di Nazaret"


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POLEMICHE

Su «Micromega» con un lungo saggio Flores d'Arcais attacca il libro di Benedetto XVI con toni livorosi e poco attendibili

I pregiudizi del laico

Dalle dubbie fonti bibliografiche alle gratuite accuse di «oscurantismo fideista», il filosofo su «Gesù di Nazaret» sfodera i peggiori stereotipi e in nome della ragione risuscita vecchi fantasmi

Di Gian Maria Vian

Papa Ratzinger lo ha messo nero su bianco: il suo Gesù di Nazaret (Rizzoli) - uscito due settimane fa come prima parte di un'opera al cui completamento sta lavorando e che «non è in alcun modo un atto magisteriale» - può ovviamente essere criticato, ma ha bisogno di un «anticipo di simpatia senza il quale non c'è alcuna comprensione». E la prima ampia critica del libro, che viene pubblicata oggi su «Micromega» a firma del suo direttore Paolo Flores d'Arcais, conferma quanto ha scritto Benedetto XVI. Il lungo testo infatti è del tutto privo di quell'atteggiamento necessario alla conoscenza di qualsiasi realtà e anzi dimostra un pregiudizio - nel senso etimologico di giudizio a priori - che finisce per trascurare il libro del papa e impedisce di capirlo.
Il saggio del filosofo italiano, intitolato Gesù e Ratzinger tra storia e teologia, è molto lungo e tuttavia avverte di essere «un provvisorio e parziale (anzi parzialissimo) insieme di appunti» che sarà sviluppato in un libro, annunciato per l'autunno. In effetti il testo si presenta come una raccolta di osservazioni - ricavate da una bibliografia «soprattutto anglosassone» (molto lacunosa) - sulla questione del Gesù storico e sul suo rapporto con la tradizione cristiana. Osservazioni che intendono criticare a fondo il Ratzinger dell'Introduzione al cristianesimo (il commento al Credo apostolico che già nel 1968 ebbe in Germania un clamoroso successo) e del recentissimo libro su Gesù.
In realtà la critica di Flores d'Arcais non «smentisce e demolisce in modo analitico e dettagliatissimo le pretese di Papa Ratzinger» - come recita con enfasi pubblicitaria il sommario del saggio - ma si contrappone soprattutto alle affermazioni generali di Ratzinger affastellando, senza troppo ordine e con una certa approssimazione, argomenti risaputi, come per esempio quello della pluralità dei cristianesimi: fenomeno ben noto agli storici e che non contraddice per nulla l'argomentare di Benedetto XVI. Il quale ne è naturalmente al corrente, e dimostra anzi di avere uno sguardo molto più largo e aggiornato di quello degli autori utilizzati dal direttore di «Micromega». Basti ricordare l'attenzione di Ratzinger, puntuale e rigorosamente storica, rivolta all'importanza di tutto il giudaismo ellenistico e degli scritti di Qumran oppure al rapporto fra la tradizione giovannea e quelle sinottiche.
Poco persuasiva storicamente è poi la considerazione indistinta delle diverse correnti del cristianesimo primitivo - da quelle giudeocristiane ai sistemi gnostici - e, per quanto riguarda la formazione del corpus neotestamentario, il prescindere completamente sul piano storico dalla prospettiva "canonica" che il Gesù di Benedetto XVI invece valorizza. E ancora, per quanto riguarda il contesto ebraico e il rapporto con l'ebraismo attuale, appare meno anacronistico il confronto di Ratzinger con Jacob Neusner rispetto all'utilizzazione che Flores d'Arcais fa di Geza Vermes, altro autorevole studioso ebreo.
Per essere davvero stringente (ed eventualmente convincente) la critica del filosofo a Ratzinger dovrebbe insomma confrontarsi sul Gesù storico - e sui punti trattati nel Gesù di Nazaret, tutti trascurati a eccezione della discussione sul termine abbà - tenendo conto del dibattito scientifico maturato nell'ultimo ventennio, cioè almeno sfogliando le opere di Raymond E. Brown, John P. Meier, Klaus Berger (tradotte dalla Queriniana) e di James D. G. Dunn (Paideia). Il tono pregiudiziale di Flores d'Arcais scivola poi in un livore accusatorio ben sintetizzato dalla chiusa del lungo articolo pubblicato su «Micromega», che citiamo per esteso proprio per dar prova del tono generale con cui l'autore conduce le sue critiche: «Questo suo libro - conclude Flores d'Arcais - si iscrive dunque in quella vera e propria crociata di "Riconquista" con cui la chiesa gerarchica di Papa Ratzinger non vuole più limitarsi a criticare con veemenza le conquiste della modernità (fragilissime, mai coerentemente sviluppate e ogg i più che mai a repentaglio), cioè l'"etsi Deus non daretur" che pone fine alle guerre di religione, l'autonomia dell'uomo, il kantiano "sapere aude!", la lezione darwiniana che vanifica ogni finalismo e ci rende "sovrani", ma punta a colonizzare nuovamente le società, a realizzare un nuovo "costantinismo" sulle macerie di ogni vestigia del Concilio Vaticano II, ad imporre come "legge naturale" i propri dogmi morali e come reati penali ciò che considera "peccati mortali", dopo aver rovesciato con interpretazioni oscurantiste tutti i valori critici dell'illuminismo, per sequestrarli e annetterseli».
Che dire? Bisogna soltanto sperare che Flores d'Arcais riveda questo «insieme di appunti» ed eviti nel suo prossimo libro l'immancabile e gratuita accusa di oscurantismo fideista che su «Micromega» rivolge al Gesù di Benedetto XVI. Che nella prospettiva di fede va al di là del metodo storico, ma certo non ne prescinde. Proprio come la fede non prescinde dalla ragione.

Avvenire, 27 aprile 2007

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