27 aprile 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 27 aprile 2007 (2)


Vedi anche:

LA RIVOLUZIONE DI RATZINGER SUL SINODO DEI VESCOVI

Joseph Ratzinger sorpassa Günter Grass

Rassegna stampa del 27 aprile 2007: clamoroso autogol di Strasburgo

Aggiornamento della rassegna stampa del 27 aprile 2007 (1)

VATICANO-ISRAELE, RIPARTE IL NEGOZIATO

CITTA' DEL VATICANO - Riparte il negoziato tra Israele e Santa Sede: dopo cinque anni di pausa, tornerà a riunirsi il prossimo 21 maggio in Vaticano la commissione plenaria mista, incaricata di sciogliere i nodi di un contenzioso bilaterale che va da questioni fiscali e giudiziarie fino alla restituzione - da parte dello Stato ebraico alla Custodia francescana - di luoghi simbolo come il Cenacolo e la chiesa di Cesarea. L'incontro avrebbe dovuto già tenersi lo scorso 28 marzo, ma gli israeliani l'avevano disdetto all'ultimo momento per altri "impegni internazionali", provocando "rammarico" ufficiale e irritazione ufficiosa nella contro-parte pontificia. Molti temevano che la trattativa si fosse infilata, ancora una volta, in un vicolo cieco.

Invece - a quanto apprende l'Ansa da fonte autorevole - Israele e Vaticano hanno stabilito insieme la nuova data del 21 maggio, segno di una ripresa del negoziato. La commissione plenaria, presieduta dal sottosegretario vaticano Pietro Parolin e dal direttore del ministero degli Esteri israeliano, Aharon Abramovitch, avrà in cima all' agenda due punti da dirimere: in nome del concordato bilaterale firmato nel 1993, la Santa Sede chiede che il governo israeliano mantenga l'esenzione dalle tasse per i beni ecclesiastici cattolici in Terra Santa; inoltre il Vaticano preme perché la questione delle proprietà della chiesa, finite in mano israeliane negli anni passati, sia affrontata davanti ai tribunali in Israele e non in sede politica, come avviene ora. "Capita - spiegano gli esperti vaticani - che cimiteri, chiese o terreni cattolici vengano occupati di privati israeliani.

Per riaverli, non possiamo rivolgerci all'autorità giudiziaria locale, perché ci viene risposto che, in base ad un vecchio decreto risalente al protettorato britannico, tali vertenze possono essere avocate a livello politico". Tutto resta così "alla discrezione del momento", "senza regole". La questione delle proprietà è centrale per la comunità cattolica in Israele, che si è vista espropriare negli ultimi anni di molti suoi beni. Sullo sfondo, una volta risolto questo capitolo di contenzioso, resta il nodo della restituzione di siti-simbolo per il cattolicesimo mondiale come il Cenacolo o la chiesa di Cesarea. Di ciò non si parlerà nella prossima commissione mista, una riunione che durerà 2-3 ore in tutto. Gli 'sherpa' sono però al lavoro da tempo; sul Cenacolo, la sala identificata come il luogo dove - secondo i vangeli - si svolse l'ultima cena e Gesù istituì l'eucarestia, un accordo sembra più facile.

La stanza, che fa parte di un complesso dove gli ebrei hanno identificato anche le vestigia della tomba del loro re Davide, fu requisita ai francescani in epoca ottomana. Israele potrebbe restituire alla Custodia francescana di Terrasanta la sala del Cenacolo, mantenendo la proprietà sul resto dell'edificio.

Più spinosa appare la questione della chiesa di Cesarea, o meglio di quello che era la chiesa di Cesarea, l'edificio sacro che, nell'Alta Galilea, ricordava la professione di fede in Cristo da parte di Pietro. Gli israeliani requisirono la chiesa 50 anni fa e la rasero al suolo: l'area è stata adesso trasformata in un sito archeologico con ruderi di epoca bizantina, musulmana, mamelucca, ottomana. Difficile che il Vaticano possa tornarne in possesso per edificarvi nuovamente una chiesa. Questioni fiscali e giudiziarie, luoghi simbolo: tutto è intrecciato in una trattativa che deve portare ad un accordo globale e che richiederà ancora molto tempo. Per gli esperti, la convocazione della commissione mista è senz'altro un buon segnale: la strada resta però in salita.


«LOBBY» NELLA UE

Per i rappresentanti dei presuli europei le accuse all’arcivescovo di Genova «esprimono una minoranza. Sono segni di ignoranza e incomprensione»

«Attacchi indecorosi
È l’ora di finirla»


Forte solidarietà a Bagnasco: «Soltanto argomentazioni propagandistiche»Il Sir: «C’è il rischio che la falsità generi odio e conseguenze imprevedibili». Radio Vaticana: «Garantire che tutti continuino a parlare con passione e impegno di famiglia, vita, verità e giustizia»

Da Roma Roberto I. Zanini

Basta con questi attacchi, che sono «indecorosi» e «rappresentano una minoranza in Europa». «Sarebbe auspicabile che tutto questo finisse». I vescovi italiani ed europei si schierano compatti in difesa di monsignor Bagnasco, contro le ripetute falsità nei suoi confronti e nei confronti della visione della vita e della famiglia offerte al mondo dalla Chiesa cattolica. Una nota dell'agenzia di informazione Sir, rilanciata con enfasi dalla Radio Vaticana, ha criticato con asprezza la mozione anti-Bagnasco e anti-Chiesa cattolica che la sinistra radicale e i Verdi volevano inserire nel documento sull'omofobia votato ieri a Strasburgo. Una posizione del tutto analoga a quelle espresse dal patriarca di Venezia Angelo Scola, dal cardinale Camillo Ruini, dal segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali d'Europa, monsignor Aldo Giordano e dal presidente, il cardinale Peter Erdo. «Si tratta di una cosa indegna e triste», ha commentato il cardinale Scola a Sat2000. «Le posizioni di monsignor Bagnasco sono state falsificate. Non c'è nessuna omofobia nella Chiesa cattolica e sarebbe ora che tutto questo finisse». Per quanto riguarda il Parlamento europeo, «ho l'impressione che non potendo intervenire su tematiche politiche di primo piano, si attacchi a questioni nelle quali le differenze fra Paesi vanno rispettate. Bisogna che ci sia più rispetto per gli orientamenti dei nostri popoli. Non bisogna dire menzogne». Anche considerando che «le opinioni della gente sono molto diverse da quelle dei mass media». Sulla stessa linea le parole dell'ex presidente della Cei, Ruini, secondo il quale «in Italia possiamo essere ottimisti perché buona parte delle forze politiche e dell'opinione pubblica è consapevole dei valori degli italiani. Ma se da Roma ci spostiamo a Bruxelles la situazione è molto più chiusa». Pensieri che si rispecchiano nella severa nota del Sir che parla di «indecorosi attacchi al presidente della Cei», con «argomentazioni propag andistiche e vietamente anticlericali di un pugno di facinorosi». A questo punto non bisogna sottovalutare il rischio che «batti e ribatti la falsità generi odio e provochi conseguenze imprevedibili. Dunque è ora di dire basta. Dirlo col tono dell'arcivescovo Bagnasco, mite e fermo, sereno e deciso. È ora di finirla». Parole rilanciate con altrettanta durezza dalla Radio Vaticana, che non ha mancato di riprendere l'appello al Parlamento europeo di «seguire la strada del dialogo con le Chiese», piuttosto che lasciarsi condurre da schemi ideologici laicisti e comunisti, «sconfitti dalla storia». In Europa, così come in Italia, infatti, occorre garantire «che tutti, non solo i cattolici, continuino a parlare con passione e impegno di famiglia, vita, verità e giustizia. I grandi temi sui quali si è espresso monsignor Bagnasco, in coerenza col magistero del Papa e nella continuità della testimonianza delle Chiese in Italia». Questioni affrontate anche dal vertice del Consiglio delle Conferenze episcopali europee a conclusione di un incontro col Papa Benedetto XVI. Per monsignor Giordano e il cardinale Erdo le accuse all'arcivescovo di Genova «esprimono una minoranza in Europa. Sono segni di ignoranza e incomprensione». Temi sui quali «serve un dibattito vero. Vogliamo anche esprimere il rispetto della Chiesa verso gli individui, le persone e le esperienze personali che le persone esprimono».

Avvenire, 27 aprile 2007


L'Europarlamento di Strasburgo dice «no» all'omofobia

Passa con una maggioranza non schiacciante una risoluzione, con non poche ambiguità, che accusa la Polonia e «i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali». Nuovo invito ai 27 a leggi sulle coppie gay

Dal Nostro Inviato A Strasburgo Giorgio Ferrari

Trecentoventicinque sì, 124 no, 150 astenuti. Il Parlamento approva». Ore 12.29.
Impeccabile nella sua grisaglia blu scuro, il gilet che lo fascia come una corazza, la cravatta bordeaux, il presidente Hans Gert Poettering passa alla votazione successiva. La folta pattuglia di visitatori che in quel momento lo sta osservando dal loggiato dell'emiciclo non sospetta minimamente che dietro quelle cifre luminescenti che lampeggiano dal tabellone elettronico posto sopra la poltrona della presidenza si sia consumato uno scontro silenzioso quanto feroce, fatto di tagli e di emendamenti, di provocazioni e - diciamolo - di falsità messe a bella posta nero su bianco per intimidire, interdire, mettere in riga i supposti nemici degli omosessuali europei. I polacchi, per cominciare, i vescovi italiani - anzi, il loro presidente, per l'esattezza - per finire, mescolando il vero con il falso, il verosimile con l'incerto, le giuste tutele per l'intangibilità della dignità della persona con l'accesa ostilità di alcuni verso la Chiesa.
Accade così che nella tarda mattinata di una caldissima primavera francese l'Europarlamento accolga a maggioranza la risoluzione che sollecita le autorità polacche ad «astenersi dal proporre o adottare le leggi evocate nei giorni scorsi da componenti del governo ultraconservatore di Jaroslaw Kaczynski per punire la propaganda omosessuale nelle scuole col licenziamento e dal porre in atto misure intimidatorie nei confronti delle organizzazioni gay».
Maggioranza, come si vede, non schiacciante: 124 voti contrari e 150 astenuti, fra i quali immaginiamo di dover contare i deputati del Ppe, che già da giovedì avevano preannunciato che non avrebbero partecipato al voto in segno di protesta contro un documento squilibrato ed eccessivo nei toni e nelle allusioni. Era già accaduto nel 2006 che Strasburgo votasse una risoluzione di dura condanna nei confronti dell'omofobia. E a meno di un anno di distanza Strasburgo torna a puntare la sua attenzione sulla Polonia con un testo proposto da socialisti, verdi, sinistra europea e liberaldemocratici che esplicitamente si rifà alle recenti dichiarazioni del ministro della Pubblica istruzione e vice premier polacco Roman Gyertich, sullo sciagurato progetto di legge che vorrebbe punire «la propaganda omosessuale» nelle scuole, e a quelle del suo vice Miroslaw Orzechowski, secondo il quale «gli insegnanti che renderanno pubblica la loro omosessualità saranno licenziati».
Gli eurodeputati dunque invitano le autorità polacche «a condannare pubblicamente e a prendere misure contro le dichiarazioni rilasciate da leader politici incitanti alla discriminazione e all'odio sulla base dell'orientamento sessuale», ritenendo che «qualsiasi altro comportamento costituirebbe una violazione dell'articolo 6 del trattato Ue» e chiedono l'invio di una delegazione europea in Polonia «per una missione di accertamento dei fatti per avere un quadro esatto della situazione».
Attenzione, però. Nella risoluzione, che chiede giusta attenzione per i rigurgiti di omofobia in Europa, c'è un veleno nascosto. È vero che il principale bersaglio dei firmatari sono i polacchi, ma è vero anche che benché siano stati espunti i riferimenti diretti al presidente della Cei Bagnasco (in prima bozza, quella firmata tra gli altri dai deputati italiani Agnoletto, Frassoni e Catania), la risoluzione mantiene al punto «B» la condanna del Parlamento europeo ai «i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l'odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e si chiede alla gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli». Completa la risoluzione la proposta di istituire il 17 maggio di ogni anno quale «Giornata internazionale contro l'omofobia».
Ma dentro alla risoluzione c'è un secondo grimaldello politico. L'invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi «che superino le discriminazioni sofferte da coppie dello stesso sesso». Una trasparente allusione alla battaglia attorno alle coppie di fatto in Italia. Con una postilla: il testo licenziato ieri dal Parlamento di Strasburgo «ricorda a tutti gli Stati membri che la proibizione delle marce dell'orgoglio gay e l'eventuale mancata protezione dei partecipanti contravvengono ai principi tutelati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo».
«La lobby dei gay - commenta una elegantissima parlamentare francese - ha serrato i ranghi. Si vede benissimo da dove venivano gli ordini di scuderia». «Mai avrei votato una risoluzione del genere - confessa Zbigniew Zaleski -. Sono polacco, e mi vergogno di essere messo alla gogna per qualcosa che non ho detto e non ho fatto». Soddisfatti verdi, sinistre radicali e liberali. Appoggiato alla balaustra il verde Daniel Cohn-Bendit, già famigerato leader del maggio parigino, urla al cellulare la sua soddisfazione. «Abbiamo vinto», annuncia al suo interlocutore. E pensare che le astensioni e i voti contrari non sono pochi, 274 per la precisione.
Sarà. E dire che un altro voto - questo sì a larga maggioranza - meritava questa esultanza: quello che chiede all'Onu una moratoria universale sulla pena di morte.

Avvenire, 27 aprile 2007


CAMBIO DI CLIMA

La tutela dell'ambiente non è un freno allo sviluppo

Il cardinal Martino invita a «esaminare con attenzione i fattori naturali e umani che contribuiscono» a soffocare il Pianeta . Monsignor Crepaldi: la preoccupazione principale della Chiesa è la crescita dei Paesi Poveri

Da Roma Riccardo Cascioli

Sarà anche una coincidenza: fatto è che ieri sera, al termine della prima giornata di studio in Vaticano sul clima, su Roma è scesa improvvisa una benefica pioggia, tanto attesa quanto imprevista, quasi a placare gli allarmi per l'emergenza siccità. Non è certo la soluzione al problema, ma è senz'altro un piccolo segno di benevolenza del Creatore. Altro segno, di diverso valore, ma molto importante è proprio la Conferenza internazionale su «Cambiamenti Climatici e Sviluppo» apertasi ieri a Roma a cura del Pontificio consiglio Giustizia e Pace. È la prima volta che a questo livello si confrontano le diverse posizioni scientifiche ed economiche sulla questione dei cambiamenti climatici che, come ha ricordato il cardinale Renato Martino, presidente di Giustizia e Pace, aprendo i lavori, è una questione «al centro dell'agenda della Comunità internazionale e di moltissimi governi nazionali, è oggetto di appassionate dispute tra scienziati, è all'attenzione vigile e preoccupata, di un'opinione pubblica troppo spesso disorientata». La scelta oculata dei relatori e del pubblico invitato alla discussione (una settantina di esperti da tutto il mondo per un seminario a porte chiuse) dimostra che la Santa Sede non intende semplicemente fare da amplificatore agli allarmi sul clima che quotidianamente vengono lanciati da organismi internazionali o singoli governi, malgrado ci siano molte pressioni in questo senso. È lo stesso cardinal Martino, in una dichiarazione ad Avvenire, a mettere in guardia dal «pericolo dell'allarmismo»; è invece «giusto che gli scienziati esaminino attentamente i fattori naturali ed umani che contribuiscono ai cambiamenti climatici». Avendo be presente però, ribadisce il porporato, che il dominio dell'uomo «sul creato, voluto da Dio, non deve essere dispotico e dissennato», mentre «la tutela dell'ambiente, anche in funzione dello sviluppo, costituisce un dovere comune e universale, nel rispetto di un bene collettivo destinato a tutti».
Nella pr ima giornata di lavori, alla visione catastrofista del ministro britannico per l'Ambiente, David Miliband, e dell'ambasciatore francese per l'Ambiente, Laurent Stefanini, nonché del fisico tedesco Stefan Rahmstorf, hanno fatto da contraltare le relazioni del professor Antonino Zichichi, dell'economista Indur Goklany (distribuita la sua relazione perché colto da malore prima di partire per l'Italia), di Craig Idso e dell'esperto di questioni energetiche Claudio Rafanelli. Il ministro britannico ha posto la questione dei cambiamenti climatici in termini etici perché «deve cambiare il modo di vivere, di lavorare e di viaggiare» in modo da ridurre le emissioni di gas serra, e per questo ha insistito sulla necessità di un vero e proprio «mercato dell'anidride carbonica» in modo da stimolare la trasformazione dei sistemi produttivi attraverso la tassazione delle emissioni.
Dirompente l'intervento del professor Zichichi, che ha invece contestato l'attendibilità scientifica dei modelli climatici, quelli proposti dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc, l'organismo dell'Onu che si occupa dei cambiamenti climatici). «Il clima è un sistema complesso - ha detto Zichichi - e allo stato attuale delle conoscenze non si può escludere che il riscaldamento globale sia un fenomeno in cui l'uomo c'entri poco o nulla». Il problema è, ha proseguito, che la questione «non resta nell'ambito di una discussione tra scienziati, ma è stata usata in modo tale che l'opinione pubblica ha la sensazione che siamo in grado di spiegare il clima del passato, del presente e del futuro. Niente di più lontano dalla realtà».
L'attesa sessione del pomeriggio era dedicata all'impatto economico dei cambiamenti climatici e delle politiche sul clima. Monsignor Giampaolo Crepaldi, segretario di Giustizia e Pace, ha sottolineato che la Chiesa ha come «principale preoccupazione lo sviluppo dei Paesi poveri». Il riscaldamento globale non può diventare un pretesto per impedire lo sviluppo del Terz o mondo né - come ha poi ripreso il cardinal Martino - per promuovere politiche di controllo delle nascite. Del resto la relazione del professor Goklany sottolinea che l'impatto globale dei cambiamenti climatici sulle minacce per l'umanità - denutrizione, malaria, mancanza di accesso all'acqua - sarà limitato rispetto ad altre cause politiche, economiche e sociali. Altra questione cruciale è quella dell'energia, un tema che Benedetto XVI ha già toccato diverse volte nei suoi discorsi. Come ha detto il professore Rafanelli, del Centro internazionale per le Scienze della Terra, la questione energetica va divisa dai cambiamenti globali. Per uscire dal sottosviluppo è fondamentale l'accesso a fonti energetiche a basso costo.

Avvenire, 27 aprile 2007


Il messaggio

Benedetto XVI: vanno ricercati stili di vita e di produzione improntati al rispetto del creato

Da Roma

Per affrontare la grave questione dei mutamenti climatici, tornati prepotentemente alla ribalta in seguito all'emergenza siccità, occorre «incentivare ricerca e promozione di stili di vita, modelli di produzione e consumo improntati al rispetto del creato e alle reali esigenze di progresso sostenibile dei popoli, tenendo conto della destinazione universale dei beni, come ripetutamente ribadito dalla Dottrina sociale della Chiesa». È quanto afferma il Pontefice, Benedetto XVI, nel messaggio inviato in occasione del seminario internazionale sui cambiamenti climatici che si è aperto ieri in Vaticano e al quale partecipano studiosi provenienti da oltre venti Paesi in rappresentanza di tutti e cinque i continenti. Studiosi ed esperti sono stati invitati dal Pontificio consiglio Giustizia e Pace per confrontarsi su «Mutamenti climatici e sviluppo», temi spesso al centro «di appassionate dispute tra scienziati», ha sottolineato in un comunicato l'organismo vaticano, e «di preoccupata attenzione di un'opinione pubblica troppo spesso disorientata». Nel telegramma a firma del Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, il Pontefice esprime inoltre «vivo apprezzamento per l'iniziativa volta ad approfondire problematiche di rilevante importanza ambientale, etica, economica, sociale e politica con ripercussioni incidenti soprattutto sui settori più deboli della società».

Avvenire, 27 aprile 2007

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