23 aprile 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 23 aprile 2007


Vedi anche:

Improvvisamente i giornali si accorgono del documentario di De Carli

Rassegna stampa del 23 aprile 2007

UN NUOVO S.AGOSTINO PER SUPERARE CRISI DELLA MODERNITA'

IL PAPA RIDEFINISCE LA CHIESA

Joseph e Agostino, una grande amicizia

Le conversioni di Agostino (omelia del 22 aprile 2007)

Sant'Agostino di Ippona, il "maestro" di Papa Ratzinger

Il Papa di fronte ad Agostino (omelia del 22 aprile 2007 di fronte all'urna del Santo di Ippona)


Il calore di Pavia commuove il papa tedesco

Ventimila alla messa, bagno di folla. E Ratzinger richiede il microfono per un saluto fuori programma

Claudio Del Frate

DAL NOSTRO INVIATO
VIGEVANO — Se il piccolo Matteo dovesse smarrirsi, non c'è problema: la mamma gli ha appeso al collo un biglietto che ricorda la giornata storica — la visita di Benedetto XVI a Pavia — e un numero di cellulare, da chiamare nel caso in cui il bimbo dovesse perdersi. Trovata ingegnosa e utile perché quella di ieri, dopo la compostezza e la sobrietà della tappa vigevanese, è stata la giornata in cui Papa Ratzinger è stato fisicamente sommerso dalla folla: al Policlinico San Matteo, agli Orti Borromaici, all'Università e persino con un fuori programma all'uscita dalla basilica di San Pietro in Ciel d'Oro.
Il calore tra il Papa e il popolo della Chiesa è esploso fin dal mattino quando il Pontefice ha incontrato il personale e i malati del San Matteo. «La vita va difesa in ogni sua fase» ha ricordato, sottolineando poi che anche la sofferenza è una strada di avvicinamento a Dio. «Se una persona sta qui, capisce cos'è la malattia e cosa vuol dire aver bisogno di conforto» dice Fausta Beltrametti, moglie dell'ex ministro Giulio Tremonti, che ha preso la parola a nome dei malati. Nella platea che accoglie Benedetto XVI c'è anche Umberto Bossi con la moglie e tre dei suoi figli: «Me lo sono visto davanti di colpo — racconta il senatùr —emi ha detto "Ah, sei qui. Come stai?" e ci siamo stretti la mano». Tra le persone trovatesi faccia a faccia col Pontefice anche il cardiochirurgo Mario Viganò («Stanotte alle 4 ho finito un trapianto, il Papa mi ha chiesto come stava il paziente, gli ho donato un foglio dove in 25 lingue è riportata la frase di Ezechiele: "Vi toglierò il cuore di pietra, ve ne darò uno di carne") e Amelia Borgo, casalinga di Certosa, in cura al San Matteo («Gli ho chiesto di pregare per me»). Sulla spianata degli Orti Borromaici almeno 20 mila persone hanno seguito la messa sotto il sole; all'omelia Ratzinger rievoca Sant'Agostino, il suo cammino di conversione e di fede. La stessa figura viene rievocata nel cortile Teresiano dell'Università, dove la folla quasi sommerge il Papa e arriva a toccarlo. Ratzinger ricambia con sorrisi e strette di mano, è il momento più emozionante della giornata, anche l'erede di Pietro sembra commuoversi.
E forse un po' quella folla lo commuove davvero se, all'uscita del vespro celebrato nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro, sul sagrato, Benedetto XVI si fa portare un microfono e, rompendo il cerimoniale, saluta ancora una volta la folla. Poi si avvicina e abbraccia i bambini, stringe mani. Ed è lì che va a buon fine la «caccia» che durava da due giorni di Gabriella Sacchi e della figlia di 8 anni Beatrice. «Lo abbiamo atteso fuori del vescovado — racconta la mamma — e ci è passato davanti, ci siamo piazzate davanti all'ingresso degli orti Borromaici e ci ha solo sorriso con gli occhi. Volevamo stringergli la mano e stavolta ci siamo riuscite. Questo Papa ci ha illuminato la vita». La piccola Beatrice era troppo scombussolata per ricordarsi cosa gli ha sussurrato il papa: «Ho solo visto che ha gli occhi di un bel colore, diverso da quello che si vede in televisione».

Corriere della sera, 23 aprile 2007


LA CURIOSITA'

Tra i fedeli una coppia in abito da cerimonia «Il primo gesto da sposi»

DAL NOSTRO INVIATO
PAVIA — La promessa d'amore pronunciata davanti all'altare dovrebbe essere senza fine. Ma se su quella promessa scende anche la benedizione del Papa, beh, è un conforto in più.
Così ieri mattina, tra i ventimila fedeli che assistevano alla messa agli Orti Borromaici, spiccavano l'abito bianco da sposa di Clara Provezza e quello da cerimonia di suo marito Emanuele Giunta. I novelli sposi avevano celebrato sabato il loro matrimonio nella chiesa milanese di Sant'Eustorgio ma ieri si sono presentati a Pavia per una sorta di bis. «È una decisione che abbiamo preso - racconta Clara - quando abbiamo saputo che il Papa sarebbe stato a Pavia. Il nostro sogno è riuscire ad arrivare davanti a lui per avere la sua benedizione». Ci proveranno, ma rimarranno lontani dalla meta. Niente auguri ad personam,
ma il tentativo romantico e temerario allo stesso tempo potrà essere inserito nell'album di nozze e ricordato per sempre. A Clara ed Emanuele è andato, idealmente, l'augurio della folla presente agli orti Borromaici.
(C.Del.)

Corriere della sera, 23 aprile 2007


L'applauso dei detenuti: «Si è ricordato di noi»

Giuseppe Spatola

IN CARCERE

PAVIA – Il saluto di Benedetto XVI è arrivato in diretta dalla spianata degli Orti Borromaici in chiusura del «Regina Coeli». Un pensiero per «gli ospiti della casa circondariale di Pavia» accolto con un lungo applauso dietro le sbarre. Loro, i detenuti di Torre del Gallo, avevano voluto scrivere al Santo Padre chiedendo una «benedizione speciale». La lettera, firmata da Carmelo Massaro, detenuto numero 478/67, accusato di furto, ha toccato nel profondo l'animo del Papa che ha voluto ricordare le pecorelle smarrite «che in Gesù hanno trovato nuova speranza di redenzione». Si legge nella lettera arrivata dal carcere: «Desidero esprimere la mia riconoscenza e quella di tanti altri che come me che si trovano in un luogo di espiazione. La sua santa presenza è stata anche per i detenuti una sferzata di coraggio, di fede e di pace, poiché dimostra che Dio è vicino anche a noi peccatori e ci tende le mani per sollevare la nostra anima...».
Parole che Carmelo Massaro, a nome di tutti i detenuti, non pensava che potessero arrivare a Benedetto XVI. «Non so se questa mia lettera arriverà a Sua Santità - continua lo scritto - quindi prego Dio di illuminarlo nel suo difficile compito di Padre della Chiesa e rappresentante di Dio sulla terra. Con la speranza e la certezza che in un angolo delle sue preghiere ve ne sia qualcuna anche per noi». E il pensiero di Benedetto XVI non si è fatto attendere, arrivando in mondovisione anche dietro le sbarre di Torre del Gallo dove i detenuti, riuniti in sala mensa davanti alla Tv, hanno seguito la funzione degli Orti borromaici con un groppo in gola.

Corriere della sera, 23 aprile 2007


Il Papa a Vigevano e Pavia: famiglia elemento portante

Filippo Poletti

Sette pertiche di entusiasmo. Così un’affollatissima piazza rinascimentale di Vigevano - 138 metri di lunghezza per 48 di larghezza - ha accolto Benedetto XVI in visita pastorale, dimostrandogli la sua completa sintonia anche quando, durante l’omelia della messa, ha richiamato come la famiglia «sia l’elemento portante della vita sociale. L’ha accolto con il rullo dei tamburi, come ai tempi dei Visconti prima e degli Sforza poi, quando si dava il benvenuto ai forestieri, fossero essi cavalieri, dame o Papa Martino V nel 1418. L’ha fatto battendo le mani come fanno i percussionisti con le nacchere. L’ha fatto con i colori - giallo, rosso e verde - dei fazzoletti fatti sventolare sotto un sole di aprile che biscotta come a luglio.
L’ha fatto con le luci dei lampioni, accesi in pieno giorno in segno di festa. E l’ha fatto con i cartelloni - “Alleluja vicario di Cristo” - esposti dalle finestre del loggiato bramantesco.
Suonano a festa le campane del duomo quando la papamobile fa il suo ingresso nel nobile salotto della diocesi vigevanese, in quella piazza dove Umberto Bossi ha più volte parlato del Nord al Nord. Sono 15 mila i fedeli - distribuiti tra piazza ducale, piazza Sant’Ambrogio e il cortile del castello - che dalla tarda mattina attendono in piedi il Pontefice. E in prima fila, tra i politici, c’è anche il ministro della Giustizia Clemente Mastella, quello che - lo scorso febbraio - ha fatto le corna a Romano Prodi, non partecipando al Consiglio dei ministri in cui il centrosinistra ha dato il via libera al disegno di legge sui Dico.
Vigevano ha realizzato un sogno coltivato da anni: questa diocesi, infatti, fu l’unica della Lombardia a non essere visitata da Giovanni Paolo II. Per il Papa, poi, si tratta della prima visita a una diocesi italiana dalla data della sua elezione al soglio pontificio. Un sogno, dunque, diventato realtà. «Ho visto l’elicottero» urla al telefonino una ragazza nella folla intorno alle 17. Poi, dopo una manciata di minuti, ancora un urlo di gioia viaggia nell’etere della comunicazione: «Ho visto la papamobile» spiega al suo Motorola la ragazza all’arrivo del corteo papale in piazza Ducale. Un sogno, appunto, e non un gioco illusionistico come quello della finta facciata barocca del duomo, davanti alla quale il Papa ha detto la messa.
E la realtà di ieri parla almeno di tre parole-chiave: 1) dialogo tra laici e potere religioso, 2) carità, 3) rispetto. Dialogo, appunto: la facciata barocca - ha detto il Pontefice - «congiunge il tempio alla piazza, simboleggiando così la sintesi mirabile di una tradizione in cui si intrecciano le due dimensioni essenziali: quella civile e quella religiosa». La piazza Ducale - ricorda il sindaco di Vigevano, l’azzurro Ambrogio Cotta Ramusino, nel suo benvenuto al Pontefice - ha due padri: il duca di Milano Ludovico Maria Sforza detto il Moro (che fece costruire la piazza nel 1492) e il vescovo di Vigevano Juan Caramuel Lobkowitz (che progettò la facciata barocca nel 1680). Due “padri” - il potere laico e quello religioso - che Benedetto XVI, dalla terra padana, invita a confrontarsi.
Altra parola-chiave, poi, è la carità. Il Papa suggerisce di «portare i pesi gli uni degli altri, condividere, collaborare, sentirsi corresponsabili». E carità sono gli euro - si parla di 600 mila, incluse le spese sostenute per l’organizzazione dell’evento - destinati dai vigevanesi all’Obolo di San Pietro, la cosiddetta “Carità del Papa”. Un privato - di cui non è stato reso noto il nome - ha donato da solo 250 mila euro. E il consorzio vigevanese dei santi Crispino e Crispiniano ha donato più di 10 mila paia di scarpe per i più poveri.
Infine, quella di ieri è stata la giornata del rispetto delle radici cristiane e dei suoi simboli. Un gesto riassume bene questo atteggiamento, assunto dalla comunità vigevanese: prima dell’arrivo del Papa tutti coloro che sono saliti sul palco bianco - progettato dagli architetti Valerio Oddo e Raquel Lopez di Vigevano - l’hanno fatto a piedi scalzi, per non “sporcare” con le suole delle scarpe quel candore, abbagliante.
Il Papa - sono quasi le 20 - lascia la piazza Ducale per volare a Pavia. Dialogo, carità e rispetto sono le parole di questa giornata, sabato 21 aprile, anniversario del natale di Roma. Il Papa sorride al “rinnovato fervore spirituale” di quella Vigevano che, dal 2000, è in pugno al centrodestra e alla Lega. Oggi sarà a Pavia ma la mente, ancora, è a quella piazza in festa di Vigevano dove, per secoli, si sono svolti i tornei cavallereschi. Alla piazza, cioè, della grande sfida di Benedetto XVI e delle nostre radici cristiane.

La Padania, 22/04/2007


Mai viste tante comunioni: questo Papa risveglia la fede

Sciur Curat*

Cari amici, oggi è una giornata un po’ particolare per tutti noi: abbiamo il Santo Padre a casa nostra. Come sua prima uscita pastorale in visita a delle diocesi sul suolo italico, Benedetto XVI ha deciso di venire in Padania, nella nostra terra, per stare in mezzo a noi. Durante questa sua visita, che io ho onorato andando ad ascoltarlo nella meravigliosa piazza Ducale di Vigevano, nella giornata di ieri, posso dirvi di essere rimasto fortemente impressionato dalla intensa spiritualità. È proprio vero quel detto padano “morto un Papa, se ne fa un altro”; senza togliere nulla a Giovanni Paolo II, il quale aveva la grande capacità di smuovere folle oceaniche per i suoi incontri, ho l’impressione, per quello che ho potuto vedere ieri, che Papa Ratzinger non solo riempia le piazze, ma pure le chiese; mai ho visto distribuire tante comunioni; e pensare che sono un addetto ai lavori e di incontri con i Papi ne ho fatti più di uno. Per questo evento mi sono posto delle domande. Nel mondo della Chiesa, nessun evento nasce dalla casualità. La mia domanda è: perché il Papa la sua prima visita decide di farla in Padania e di andare a pregare sulla tomba di Sant’Agostino? Chi era costui? Così narrano le enciclopedie: Agostino, Aurelio, santo vescovo d’Ippona, il più illustre dei quattro grandi dottori della Chiesa occidentale, figura gigantesca di pensatore e scrittore. Nacque nella Numidia preconsolare, a Tagaste, il 13 novembre del 354. Dopo una giovinezza disordinata e padre di un figlio avuto con una concubina, arriva la conversione, grazie all’ascolto delle prediche domenicali del nostro grande Sant’Ambrogio, che dava alle Sacre scritture l’impronta di un sano allegorismo, che le rendeva chiare e accettabili in tutti i passi. Battezzato a Milano il sabato santo, 24-25 aprile 387, più di 250 sono i suoi scritti che ha lasciato; per tutti noi il più famoso sono le Confessioni, che vi invito a leggere, perché la parola d’ordine dell’intera opera è l’amore. Muore a 76 anni, il 28 agosto 430. Sepolto nella sua Basilica pacis, la salma venne trasportata in Sardegna dai vescovi Africani; fu poi riscattata dalle mani dei Saraceni per opera di Liutprando e trasferita a Pavia nella bellissima basilica di San Pietro in ciel d’oro, dove oggi il Papa andrà a rendergli omaggio. Come avete potuto capire, la figura del grande santo ben merita la visita di un grande Papa, teologo e pensatore; sicuramente dagli scritti e dalle gesta di Sant’Agostino egli ha potuto formulare il suo pensiero e ritrasmetterlo a tutti noi, con la sua bravura di grande pastore. E questo messaggio che rivolgerà a tutto il mondo lo fa dalla nostra Padania. È almeno un’occasione per ricordare a molti che tra noi riposano le spoglie del grande santo. Buondì a tucc**.

La Padania, 22/04/2007

Traduzione dal "padano":

*Sciur Curat: signor curato.
**Buondì a tucc: buongiorno a tutti.


Il Papa nella città del santo peccatore

di ANTONIO SOCCI

Agostino, studente a Cartagine, a 17 anni inizia a convivere - una "coppia di fatto" - con una giovane nordafricana che amerà per 14 anni avendo da lei anche un figlio (all'età di 18 anni). Chi è questo giovane "avventuriero" che in pochi anni diventa uno degli intellettuali più brillanti di Roma e di Milano? Si tratta di Agostino d'Ippona, colui che - convertendosi a 32 anni - diventerà uno dei più grandi santi della storia della Chiesa, il più grande fra i padri e dottori della Chiesa, colui alla cui tomba, a Pavia, Benedetto XVI oggi va a in pellegrinaggio (Ratzinger si laureò con una tesi su di lui e ha sempre considerato Agostino come il suo maestro). Giuliano Vigini nel libro "Sant'Agostino", che ha la prefazione proprio di Joseph Ratzinger, scrive che quella «unione di fatto ottiene il risultato di porre un freno al dilagare delle passioni amorose di Agostino e diventa un elemento equilibratore nella sua vita affettiva». Nel 1998 il senatore Andreotti, presentando con il cardinal Ratzinger un libro sull'attualità di sant'Agostino, disse: «Mi ha colpito una cosa leggendo l'Enciclopedia Cattolica: laddove si parla di Sant'Agostino si dice testualmente che, quando andò a Cartagine, questo giovane diciassettenne "si piegava a una certa regola, unendosi senza matrimonio, con una grande fedeltà, alla donna madre del suo figlio"». È il caso di ricordare che l'Enciclopedia Cattolica è un'opera assolutamente ortodossa, addirittura emblematica del pontificato di Pio XII. Quelle considerazioni la dicono lunga sulla saggezza della Chiesa che non è per niente impaurita dalla vita e dall'umano (come oggi caricaturalmente la si vuol rappresentare) e sa cosa è l'uomo senza la Grazia di Cristo. L'opzione positiva
In una delle sue prime interviste da Papa, Benedetto XVI disse: «il cristianesimo non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva... questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa». Insomma la Chiesa è una possibilità di vita più umana, più appassionante e felice di qualunque esistenza senza Cristo. Come scoprì e poi proclamò Agostino che, pur essendosi convertito giovane, a 32 anni, prima aveva sperimentato - scrive il Papa - «quasi tutte le possibilità dell'esistenza umana... Il suo temperamento passionale» ricorda Ratzinger «gli fece imboccare numerose strade». Ma di fronte a tutte le "avventure" che precedono il battesimo, Ratzinger non mette affatto la sordina, né le derubrica a errori su cui stendere un pietoso velo. Al contrario nella prefazione al libro di Vigini, per spiegare la grandezza dell'opera teologica di Agostino, l'attuale Papa scrive che «la sua teologia (di Agostino) non nacque a tavolino, ma venne sofferta e maturata nell'odissea della sua vita». Aggiunge perfino che «non sono le teorie bensì le persone quelle che rendono credibile un modo di vivere» e Agostino «è così umano, così credibile proprio perché la sua vita non ebbe un andamento lineare e le sue risposte non furono solo teorie». Ma come possono il Papa e la Chiesa indicare come esempio un uomo che ha percorso tante vie di peccato? Quello che in realtà indicano come esempio è il suo desiderio inappagato di verità e felicità. Perché - spiega Ratzinger - Agostino fu sempre leale col suo cuore e non si accontentò mai di "felicità" fittizie, finché non gli si rivelò la vera Felicità (ed era Gesù Cristo stesso). «Solo questo egli non poté e non volle mai» scrive Ratzinger «accontentarsi di una normale esistenza piccolo-borghese. La ricerca della verità bruciava in lui con trop- pa passione perché egli potesse accontentarsi di spendere la vita in modo convenzionale». In effetti Agostino riconosceva (anche per tutte le sue peripezie intellettuali oltreché esistenziali) cos'era la vita in se stessa: «tutto quello su cui posavo lo sguardo era morte... Ero infelice, in un profondissimo tedio della vita e la paura della morte... Io costituivo per me stesso un luogo desolato, dove non potevo stare e da cui non potevo fuggire. Non c'era sollievo né respiro in nessun luogo». Da questo "nulla" - come racconta nelle Confessioni - fu portato alla vita vera attraverso una serie di incontri decisivi a Milano con persone innamorate di Cristo: con Ambrogio, con Simpliciano e una quantità di giovani che - perfino in accordo con le ex fidanzate - decidevano di scegliere la castità e la vita in comunità come gli apostoli (era il primo monachesimo). È lì che Agostino sente l'attrattiva di Gesù più forte dei piaceri carnali «perché ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te». Così esplode in un nuovo sorprendente impeto di adesione: «mi avevi infatti così convertito a Te, che io non pensavo più a cercarmi una moglie». Quindi «fummo battezzati» (lui, con il figlio e gli amici) «e si dileguò da noi l'inquietudine della vita passata. Tu, che fai abitare in una casa i cuori umani, il Tuo perdono sprona il cuore a non assopirsi nella disperazione, a non dire "non posso", a vegliare invece nell'amore, investito dalla Tua misericordia, forza di me debole». La figura di Agostino è straordinariamente moderna. Su di lui esce in media nel mondo un libro al giorno. La sua riscoperta nella Chiesa, grazie a Benedetto XVI, potrà avere effetti straordinari. In che direzione? Nella "Sacramentum caritatis" il Papa ha scritto: «Con acuta conoscenza della realtà umana, sant'Agostino ha messo in evidenza come l'uomo si muova spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio». È un cambiamento di mentalità che Ratzinger da tempo chiede ai cattolici e che potrebbe trasformare la percezione che i moderni hanno della Chiesa. Don Giacomo Tantardini, che all'Università di Padova da ben dieci anni tiene un ciclo di lezioni sulla figura e l'opera di Agostino, ha indicato quella frase del papa come decisiva: «il tempo della Chiesa è caratterizzato proprio da questa dinamica: l'incontro con un'attrattiva presente che corrisponde al desiderio dell'uomo». In particolare «sant'Agostino arriva a dire, seguendo san Paolo, che tutta la dottrina cristiana senza la delectatio e la dilectio , senza l'attrattiva amorosa della grazia, è lettera che uccide. Non è la cultura, neppure la dottrina cristiana, che può stabilire un rapporto con un uomo per il quale il cristianesimo è un passato che non lo riguarda. È qualcosa che viene prima della cultura. Questo qualcosa che viene prima sant'Agostino lo chiama delecta tio e dilectio , cioè l'attrattiva amorosa della grazia... Questo diletto, questa felicità è il motivo e la ragione per cui si diventa e si rimane cristiani». La felicità nella grazia
Queste lezioni di Tantardini sono raccolte adesso in libro, "Il cuore e la grazia in S.Agostino" (Città nuova) che sarà presentato il 27 novembre prossimo a Padova dal patriarca di Venezia Angelo Scola, personalità molto rappresentativa della Chiesa di Benedetto XVI. Esse «costituiscono un "caso" di grande interesse culturale» secondo l'agostiniano Nello Cipriani. «L'idea che si diventa e si rimane cristiani perché si prova un piacere nell'aderire a Gesù Cristo non è solo di Agostino ma anche di don Giussani, autore di un libro intitolato "L'attrattiva Gesù". Io credo che don Giacomo Tantardini» scrive Cipriani «abbia colto la profonda consonanza esistente tra l'esperienza cristiana vissuta e proposta tanti secoli fa da sant'Agostino e quella proposta oggi da don Giussani». Le sue pagine aiutano «gli ascoltatori e i lettori a scoprire o a riscoprire la bellezza e la gioia di un'autentica esperienza cristiana, che, al di là delle dottrine teologiche e dei riti religiosi, è soprattutto un incontro personale con Cristo, che, sempre vivo e presente, è capace ancora oggi di suscitare una profonda attrattiva nel cuore dell'uomo». È questo che Benedetto XVI annuncia a tutti.

Libero, 21 aprile 2007

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