25 settembre 2008
Pedofilia nel clero: chiusa l'istruttoria sul "caso" Cantini. Forse a decidere sarà personalmente il Papa (Carratù)
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La Congregazione per la fede ha ultimato l´istruttoria: la gravità delle accuse rende molto probabile l´intervento del pontefice
Don Cantini nelle mani del Papa
Betori non andrà al convitto ecclesiastico che ospita il prete
Il dossier don Cantini sembra destinato a finire sul tavolo di Papa Benedetto XVI. Come previsto dal diritto canonico e come le vittime dell´ex parroco della regina della Pace hanno chiesto fin dall´inizio, il pontefice potrebbe diventare quanto prima il referente finale dell´istruttoria bis condotta dalla Curia a carico del prete che almeno per quattordici anni, fra il ´73 e l´87, ha abusato sessualmente di bambine e ragazze. «Sono emersi ulteriori riscontri destinati a dare nuove ripercussioni al caso» spiega monsignor Charles Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, il "pubblico ministero" che per conto della Santa Sede sta vagliando da mesi il voluminoso fascicolo con le risultanze del supplemento di indagine imposta da Roma alla Curia fiorentina dopo le insistenze delle vittime, e affidata al padre carmelitano Francesco Romano. Intanto si apprende che il nuovo arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori ha escluso il Convitto Ecclesiastico di viale Machiavelli dalle tappe del suo ingresso in città il 26 ottobre. La struttura, oltre a tanti preti anziani e malati, ospita anche don Lelio Cantini.
Don Cantini, deciderà il Papa
Istruttoria finita, la gravità delle accuse sul tavolo di Benedetto XVI
MARIA CRISTINA CARRATU´
Sarà probabilmente Papa Benedetto XVI a prendere personalmente in mano il caso don Cantini. Come previsto dal diritto canonico e come le vittime dell´ex parroco della regina della Pace hanno chiesto fin dall´inizio, il pontefice potrebbe diventare quanto prima il referente finale dell´istruttoria bis condotta dalla Curia a carico del prete che almeno per quattordici anni, fra il ´73 e l´87, ha abusato sessualmente di bambine e ragazze.
«Sono emersi ulteriori riscontri destinati a dare nuove ripercussioni al caso» spiega monsignor Charles Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, il "pubblico ministero" che per conto della Santa Sede sta vagliando da mesi il voluminoso fascicolo con le risultanze del supplemento di indagine imposta da Roma alla Curia fiorentina dopo le insistenze delle vittime, e affidata al padre carmelitano Francesco Romano. E queste «nuove ripercussioni» riguarderebbero appunto la sentenza finale. Perché se finora si pensava a un decreto conclusivo firmato dall´arcivescovo di Firenze Ennio Antonelli, adesso è certo che ci sarà ben altro: l´indagine, infatti, dice Scicluna, «ha avuto sviluppi», che «sono ora in attesa di risposta».
In altre parole, l´ individuazione della "titolarità" definitiva della sentenza: non più il decreto dell´arcivescovo, ma «altre strade». Cioè l´intervento diretto del Papa.
Una svolta improvvisa, ma sempre invocata dalla vittime di don Cantini, che solo nel 2004, fra mille sofferenze, avevano trovato il coraggio di parlare. Finite nel nulla le prime denunce fatte al vescovo ausiliare Claudio Maniago, tramite il cardinale Silvano Piovanelli, i loro memoriali erano arrivati ad Antonelli un anno dopo, nel 2005, e il cardinale aveva chiuso la vicenda con un semplice processo canonico amministrativo, al termine del quale, pur riconoscendo don Cantini colpevole di «delittuosi abusi sessuali, falso misticismo e dominio delle coscienze», aveva condannato l´anziano prete a pene minime, come il divieto di celebrare messa in pubblico per cinque anni e l´obbligo di recitare litanie alla Madonna. Nemmeno considerando l´accusa più grave delle vittime, che nei loro memoriali avevano descritto fin nei dettagli il perverso meccanismo con cui il loro ex parroco le aveva rese succubi dei suoi abusi: quella relativa all´assoluzione del complice istigato a commettere peccato, reato previsto dai canoni 977 e 1978 del codice di diritto canonico. E che comporta la scomunica immediata latae sententiae, riservata al Papa, nonché la riduzione allo stato laicale.
Che il Pontefice dovesse entrare a pieno titolo nel caso don Cantini, insomma, era nelle cose. E di fronte alla cautela di Antonelli le vittime, che avevano già scritto più volte alla Santa Sede, si erano di nuovo rivolte alla Congregazione per la dottrina della fede chiedendo un supplemento di indagine. Nel riserbo più assoluto, padre Romano ha riascoltato le loro voci, ma anche per la prima volta quelle dei tanti che in qualche modo sono stati a conoscenza delle vicende della Regina della pace. E alla fine, il voluminoso dossier con i risultati è stato consegnato all´arcivescovo. Per mesi, nonostante le vittime chiedessero un minimo di trasparenza sull´iter di un´istruttoria così decisiva per loro, non se ne è saputo più niente. A differenza della prima volta, però, quando l´arcivescovo aveva istruito il processo in autonomia, semplicemente consultando la Congregazione, questa volta il materiale raccolto è arrivato tutto quanto sul tavolo del promotore di giustizia. E in questi mesi, evidentemente, a Roma non si è rimasti con le mani in mano. Il passo decisivo dovrebbe essere questione di settimane, forse di giorni, anche perché non sembra opportuno lasciare eredità scomode al nuovo arcivescovo Giuseppe Betori, che si insedierà il 26 ottobre. E che all´incontro con i consultori della Curia, la scorsa settimana, ha già fatto capire che sul caso Cantini ha tutta l´intenzione di «voltare pagina».
© Copyright Repubblica (Firenze), 24 settembre 2008
Ricordo che questo sacerdote puo' essere giudicato solo dalla Congregazione della dottrina della fede perche' i reati che ha EVENTUALMENTE commesso sono caduti in prescizione secondo la legge italiana.
Questo dimostra quanto la giustizia canonica sia molto piu' "garantista" (per le vittime) di quella penale statuale.
E' chiaro pero' le che vittime devono denunciare subito i reati e non lasciare passare anni.
Se il sacerdote e' colpevole sara' giudicato secondo il diritto canonico senza pressioni di sorta.
Rammentiamo che, secondo le disposizione dell'allora cardinale Ratzinger, questi atti, cosi' gravi, sono di competenza della Congregazione per la dottrina della fede che puo' decidere di avocare l'indagine (come in questo caso) o autorizzare il vescovo diocesano a procedere.
L'operazione trasparenza di cui Benedetto XVI e' fautore dovrebbe fare riflettere molti, i giornalisti prima degli altri.
R.
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