25 settembre 2008
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Riflessioni alla vigilia dell'incontro dei delegati di pastorale universitaria del Ccee a Bucarest
Nuovi discepoli di Emmaus
Da cristiani in Università
di Enrico dal Covolo
Ordinario della Pontificia Accademia di Teologia
L'incontro di Emmaus raccontato da Luca fornisce la metodologia essenziale, e perennemente valida, di ogni itinerario di annuncio cristiano e di testimonianza. Per questo conviene riprendere e approfondire le tre tappe fondamentali dell'episodio e riferirle in maniera esplicita alla nostra presenza "da cristiani in Università". Tema che sarà affrontato dal 26 al 28 settembre a Bucarest all'incontro annuale dei delegati nazionali di pastorale universitaria delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee). Lo facciamo tenendo conto soprattutto delle indicazioni fornite da Papa Benedetto XVI nel suo Discorso ai Rettori e ai Docenti delle Università Europee del 23 giugno 2007.
La prima tappa
La prima tappa è segnata da una situazione di smarrimento, di attesa, di ricerca. La crisi dei discepoli di Emmaus corrisponde per molti aspetti alla crisi odierna della modernità. Secondo la diagnosi del Papa, tale crisi è causata dalla diffusa adesione a un falso modello di umanesimo, che "pretende di edificare un regnum hominis alieno dal suo necessario fondamento ontologico". Pertanto, fedele alla metodologia di Emmaus, il Papa invita gli universitari a "studiare in maniera esauriente la crisi della modernità". Ancora una volta, bisogna camminare insieme! È importante avviare il dialogo, e saper ascoltare ("Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi?"...).
Da parte sua, Benedetto XVI avvia il dialogo con estrema franchezza. Possiamo riferirci per esempio al terzo capitolo del suo recente libro Gesù di Nazaret, dove egli parla delle tentazioni nel deserto. Le tre tentazioni, spiega il Papa in tale contesto, hanno un "nucleo perverso in comune": si tratta in ogni caso di "rimuovere Dio", stabilendo una falsa gerarchia dei valori. La tentazione - osserva Benedetto XVI - si nasconde sotto "la pretesa del vero realismo. Il reale è ciò che si constata: potere e pane. A confronto, le cose di Dio appaiono irreali, un mondo secondario, di cui non c'è veramente bisogno" (p. 51), e di cui alla fine si può fare tranquillamente a meno.
È importante osservare che con questo tipo di discorso Benedetto XVI non intende minimamente svalutare il progresso scientifico e tecnologico, e neppure i valori terrestri, intramondani. Piuttosto, egli intende ribadire con forza la giusta gerarchia dei valori, per garantire la speranza autentica dell'uomo. Un mondo che rifiuta Dio come unico assoluto valore, relegandolo nella sfera di un'opzionale pratica religiosa individualistica, precipita fatalmente nel baratro del non senso.
I valori intramondani, sganciati dal riferimento all'unico assoluto valore, perdono il loro significato autentico e - indebitamente assolutizzati - diventano degli idoli, trappole mortali che ammazzano la dignità dell'uomo.
Questo è il vero dramma del progresso tecnologico nella società avanzata. Quando esso non è opportunamente relativizzato con un riferimento esplicito ai valori assoluti della persona umana, allora il presunto "progresso" si rivela fallace e dannoso per una crescita globale dell'uomo. La concezione del mondo come regnum hominis, decisamente rigettata dal Papa, genera una falsa speranza. Essa si appoggia su una lettura della realtà meramente orizzontalista, nella quale trovano spazio solo alcuni valori terrestri, come la pace, la tolleranza, la giustizia sociale, la salvaguardia del creato, senza alcun riferimento a Dio.
È la grande sfida che la modernità nella sua crisi pone al credente: questi valori, se indebitamente assolutizzati, lasciano l'uomo senza salvezza e senza speranza. Inevitabilmente, l'uomo tornerà a ripetere nel cammino della storia il lamento sconsolato dei discepoli di Emmaus: "Speravamo...". Viceversa, i valori terrestri sopra elencati trovano il più ampio spazio di crescita e di sviluppo in un mondo disposto a riconoscere il proprio limite, in obbedienza a Dio, che svela all'uomo il vero volto dell'uomo e del mondo, e che indica la Verità assoluta di Sé - e dell'uomo - nell'Amore di chi è disposto a dare la propria vita per coloro che ama.
La seconda tappa
I discepoli "lo riconobbero allo spezzare del pane": allora si ricordarono che le Scritture spiegate da lui "avevano fatto ardere il loro cuore". Ciò significa che per giungere all'"incontro più pieno" occorre "realizzare in profondità l'esperienza di Gesù Cristo", unico Signore e Salvatore della nostra vita. Certo, il racconto di Emmaus insiste per questo sui sentieri assolutamente privilegiati dell'ascolto della Parola e della celebrazione dei Sacramenti. Ma, in maniera più specifica - e ferma restando l'indicazione fondamentale del Vangelo di Luca -, il Papa indica una via particolare per vivere "da cristiani in Università" e per camminare nell'incontro con Cristo. Si tratta in sostanza di "ampliare la nostra idea di razionalità" affinché la ragione possa incontrare efficacemente la Verità.
Stando a un tema ricorrente nelle catechesi patristiche di Benedetto XVI, già i Padri della Chiesa - cioè i nostri primi maestri nella fede, dopo gli scritti del Nuovo Testamento - hanno robustamente ampliato la ragione: hanno "ampliato" il logos dei Greci, di illustre marca platonica, per esprimere così il Logos della predicazione cristiana, la seconda Persona della Trinità beata, il Figlio di Dio divenuto carne nel grembo di Maria, l'unico Salvatore del mondo. Allo stesso modo oggi "il concetto di ragione" - afferma il Papa nel suo Discorso ai Rettori e ai Docenti delle Università Europee - "deve essere "ampliato", perché sia in grado di esplorare e di comprendere quegli aspetti della realtà, che vanno oltre la dimensione meramente empirica". E prosegue: "Ciò permetterà un approccio più fecondo e complementare al rapporto tra fede e ragione".
A ben guardare, capita qui, nel caso del rapporto tra fede e ragione, qualche cosa di simile a ciò che il Papa stesso insegna in Deus caritas est riguardo alle relazioni tra eros e agape: "Quanto più ambedue, pur in dimensioni diverse", scrive il Pontefice nel n. 7 della sua prima Enciclica, "trovano la giusta unità nell'unica realtà dell'amore, tanto più si realizza la vera natura dell'amore in genere".
Un po' allo stesso modo, solo una ragione aperta alla fede consente all'uomo di attingere alla Verità profonda del suo essere, che è l'Amore. L'uomo infatti è creato "a immagine e somiglianza" di quel Dio, capace di "volgersi contro se stesso" per amore (ibidem, n. 12). Questa è la vera "chiave" di interpretazione della storia e dell'esistenza umana.
In fondo, rileva il Papa nel suo Discorso, "il sorgere delle Università Europee fu promosso dalla convinzione che fede e ragione cooperassero alla ricerca della Verità, ognuna secondo la sua natura e la sua legittima autonomia, ma sempre operando insieme armoniosamente e creativamente al servizio della realizzazione della persona umana in verità e amore".
La terza tappa
Ma non basta ancora. Il progetto della "vita nuova", che scaturisce dall'incontro con Cristo, va vissuto e testimoniato nel quotidiano, nell'"oggi". È questo il "realismo della fede", nel quale il Papa individua "il contributo fondamentale che la presenza dei cristiani in Università può offrire all'umanesimo del futuro". La Chiesa oggi - afferma di fatto Papa Benedetto - è chiamata "a escogitare metodi efficaci di annuncio alla cultura contemporanea del realismo della propria fede nell'opera salvifica di Cristo".
Il cosiddetto "realismo della fede" nel pensiero di Papa Ratzinger si fonda sul fatto che al centro della nostra fede non sta un insieme di asserti teorici ma l'incontro realissimo - proprio come a Emmaus - con una Persona, Gesù di Nazaret, il Salvatore. Così il medesimo "realismo della fede" si oppone a una visione meramente intellettualistica e astratta di Dio. In questo, il Papa dipende dai suoi Maestri prediletti, che sono i grandi Scrittori e Dottori della Chiesa, da Origene ad Agostino, fino a san Bonaventura. Per tutti loro, la forma più alta della conoscenza è l'amore.
Ed ecco il "realismo della fede" che la Chiesa è chiamata a introdurre nel dibattito culturale e universitario come suo contributo originale al nuovo umanesimo; ecco il "ritorno a Gerusalemme", dopo l'incontro con il Risorto. L'esperienza di Gesù Cristo - afferma di fatto il Papa nel suo Discorso del 27 giugno 2007 - non si può limitare alla semplice sfera intellettuale. Essa "include anche una rinnovata abilità: (... quella) di lasciarci entusiasmare dalla realtà, la cui Verità si può capire (solo) unendo l'amore alla comprensione". Questo "realismo della fede" si esprime anzitutto nei santi, testimoni privilegiati della Verità e dell'Amore. Ma un vibrante appello alla testimonianza il Papa lo rivolge a tutti i credenti, e in particolare - fra di loro - ai professori universitari, che sono "chiamati a incarnare la verità della carità intellettuale, riscoprendo la loro primordiale vocazione a formare le generazioni future non solo mediante l'insegnamento, ma anche", appunto, "attraverso la testimonianza profetica della propria vita".
Certamente un simile progetto di animazione cristiana del futuro umanesimo non può essere realizzato senza una collaborazione tra docenti e studenti, e tra le diverse discipline, inclusa la ricerca teologica. In tale prospettiva, oltre a riprendere il discorso dei "laboratori" della cultura e della fede, il Papa auspica "una rete attiva di operatori universitari impegnati a portare la luce del Vangelo alla cultura contemporanea". È precisamente questo il "ritorno dei discepoli a Gerusalemme", dopo il loro incontro con il Risorto: un ritorno da testimoni nelle città del mondo e nella santa Gerusalemme, che è la Chiesa di Dio, un ritorno tutto impegnato nell'annuncio e nella testimonianza.
(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2008)
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1 commento:
una bella notizia prima di andare a nannina. Bisogna andare a leggere i giornali stranieri per trovarla
http://www.elpais.com/articulo/internacional/paseo/interrumpido/patibulo/elpepuint/20080924elpepuint_15/Tes
Un'esecuzione sospesa per la richiesta di clemenza sostenuta anche dal nostro Benedetto che non è tipo da lavorare con accompagnamento di fanfare.
Se la troviamo sui nostri giornali vi pago da bere.
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