26 settembre 2008

Mons. Crociata: «Chiamato a servire la comunione tra i vescovi» (Mazza)


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«Chiamato a servire la comunione tra i vescovi»

Crociata: adesione al Papa e alla presidenza Cei

DAL NOSTRO INVIATO A NOTO (SIRACUSA)

SALVATORE MAZZA

Né «preoccupazione» né, tantomeno, «soddisfazione». E questo non vuol dire che la nomina a segretario generale della Conferenza episcopale italiana non abbia 'colpito' monsignor Mariano Crociata. Ma, come spiega in questa sua prima intervista ad 'Avvenire', «so che è la cosa che ora devo fare, e ce la metterò tutta». Una chiamata a rendere «un servizio importante per la Chiesa italiana e per i vescovi italiani », e che «per essere svolto richiede intesa, adesione profonda col Papa e con il presidente della Cei». E, poi, «attenzione rispettosa verso tutti i vescovi e le Chiese, perché queste non sono organizzazioni, sono Chiese. Questo – afferma – è un punto che ho assolutamente chiaro».

Da Noto a Roma, alla Cei. Una realtà molto particolare, grande, importante, complessa, con un legame particolarissimo col Vaticano. Come vive questo passaggio?

Tenga conto che il mio è un curriculum abbastanza ordinario. Parroco, professore, poi vicario diocesano, vescovo. Un percorso tutto dentro la vita della Chiesa, all’interno del quale la nomina di oggi rappresenta un livello del tutto nuovo rispetto alla mia esperienza. Non in discontinuità o rottura, ma con un salto considerevole di esigenze, di professionalità, dedizione e attenzioni. Io ho colto tanta fiducia, tanta convinzione nella richiesta di accogliere questo servizio, e nello stesso tempo ho potuto percepire che proprio nella sua particolarità la Cei si avvale di notevoli competenze grazie alle quali confido, sono anzi certo, che la mia collaborazione, nella specificità del suo servizio, potrà essere svolta.

È preoccupato?

No, direi che non c’è preoccupazione, né tantomeno 'soddisfazione'. Niente di tutto questo. Mi sento come uno che sta per intraprendere qualcosa che sa essere impegnativa, una cosa di grande responsabilità, ne percepisce in qualche modo, o comincia a percepirne, le proporzioni e si dispone ad affrontarla. La convinzione è che, raggiunta la certezza non per merito proprio ma perché gliel’hanno fatto capire, sente quanto accaduto come una chiamata e proverà a farlo sapendo che ci si può riuscire, con l’aiuto di Dio. Se insomma mi chiede cosa provo, il mio è un sentimento di assoluta sobrietà e di molto riserbo. Non c’è da far chiasso, ma c’è da lavorare. È accaduta una cosa che era totalmente lontana dai miei pensieri. E quando l’ho saputo, la prima cosa che mi è venuta è stata quando ho preso in consegna la mia prima grande parrocchia. Quella, come tutte le cose che sono poi arrivate, era qualcosa a cui non avevo mai pensato, sono venute tutte 'nuove', e non mi sono mai sentito preso dall’orgoglio. Meno che mai adesso.

Che cosa le ha detto il cardinale Bagnasco?

Intanto la sua fiducia, la sua convinzione, di trovare in me un collaboratore adeguato, nonostante i miei timori. E la considerazione che ci sono le condizioni per collaborare, innanzitutto con lui, poi con tutti quelli che operano nella sede della Conferenza episcopale. Collaborare lavorando bene, d’accordo e positivamente. Poi certamente, ed è quello che sta al primo posto, il senso di una chiamata a un servizio che attraverso gli uomini viene dalla Chiesa e quindi dal Signore.

Lei è qui a Noto da neppure un anno. Una presenza tuttavia molto intensa. Che cosa lascia in diocesi?

Lascio tante cose, l’avvio di un lavoro che direi ben impostato. Però, molto di più, direi che lascio un clima e una rete di rapporti, di intesa, di condivisione quasi di sobrio entusiasmo che in quest’anno s’era creato, obiettivamente. Lo dico senza presunzione perché, tranquillamente e in tutta verità, posso dire che non è merito mio: questa è una bella Chiesa, una bella diocesi davvero, con un clero solido, buono, dotato di una sua tradizione e di una sua qualità, e con dei laici che corrispondono a questo volto di Chiesa e a questa struttura. Insieme, grazie a questo clima, a questi rapporti, alla qualità di queste persone, abbiamo fatto un buon lavoro: penso agli organismi di partecipazione, alla preparazione della programmazione annuale, proprio domani presenteremo gli orientamenti pastorali. Tutta una serie di indicazioni, di decisioni, di piccoli cambiamenti che hanno dato un volto di Chiesa che cammina. Per cui direi che lascio un lavoro di Chiesa nel suo avvio, ma già promettente; nutro la speranza che, poiché appunto è la Chiesa che ha vissuto tutto questo, quello che lascio è anche quello che continua, perché la Chiesa credo che viva in questo spirito.

© Copyright Avvenire, 26 settembre 2008

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