12 settembre 2008

Parigi cerca una «nuova laicità» con il Papa pastore e intellettuale (Mazza)


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PIETRO E IL MONDO

Parigi cerca una «nuova laicità» con il Papa pastore e intellettuale

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Salvatore Mazza

DAL NOSTRO INVIATO A PARIGI

Vent’anni fa, da queste parti, l’idea di un Papa che si appresta – tra l’altro – a parlare al «mondo della cultura», a­vrebbe fatto un effetto diverso.
Un «bon» a mezza bocca, accompagnato da un’alzata di spalle, sarebbe stata la reazione probabilmente più benevola, quasi a dire: «Ignoriamolo».
La­sciando al dopo, come succedeva con le visi­te in terra francese di Giovanni Paolo II, le ven­tate roventi delle po­lemiche e le chiose velenose ai suoi di­scorsi.

Ma, oggi, quando il monolite su cui pog­gia l’idea di laicità tanto cara ai france­si, inizia a scricchio­lare, l’arrivo di Bene­detto XVI sembra es­sere una vigilia diver­sa.

È atteso, e non solo con curiosità; anzi, se non esistesse il rischio di gonfiare questo viag­gio di troppe aspettative, si potrebbe parlare di «ansia».
Perché ha ragione il cardinale di Pa­rigi Vingt-Trois, quando dice che «è tutto il Pae­se nel suo insieme, non solo i cattolici», ad a­spettarlo. Anche se le ragioni non sono, ov­viamente, le stesse per tutti.

In effetti, se la genesi di questa visita è tutta in­centrata su Lourdes – il primo viaggio deciso da Papa Ratzinger confermato al vescovo di Tarbes-Lourdes già nel luglio del 2005 – sa­rebbe inutile nascondere che i riflettori della Francia siano tutti puntati su Parigi, la visita al­l’Eliseo e l’incontro col mondo della cultura al Collegio dei Bernardini, antico centro di stu­di benedettino recentemente ristrutturato e riaperto. Tappa decisa solo quest’anno, e che ha facilmente scavalcato le candidature di An­gers e dell’Abbazia di Mont Saint-Michel dopo l’invito pres­sante rivolto al Papa dal presidente Nico­las Sarkozy lo scorso dicembre, e il discor­so da egli pronuncia­to al Laterano sulla necessità di ripensa­re l’idea di laicità af­fermata dalla legge del 1905, trasformandola in una «laicità posi­tiva », di cui le religioni siano ricchezza ulte­riore, e non ostacolo.
Concetti, questi, che tra assensi e dissensi han­no riempito il dibattito francese degli ultimi mesi, e non solo quello politico. Con non po­chi intellettuali, anche tra quelli non vicini a Sarkozy, pronti a riconoscere il limite di una lai­cità paradossalmente incapace di dialogare se non con se stessa, fino a diventare, nel suo ri­gore quasi intollerante, una forma di religio­ne con i tratti del fondamentalismo.
Ed è per questo che, allora, dall’arrivo di Benedetto X­VI, il Papa intellettuale, membro dell’Accade­mia di scienze morali e politiche dell’Institut de France, sono in molti ad aspettarsi qualco­sa d’importante. Forse non sarà esattamente una «risposta» al presidente, come qualcuno tende a presentare i discorsi che il Papa pro­nuncerà oggi all’Eliseo e al Collegio, ma certo un nuovo, importante tassello nella trama del dialogo tra fede e ragione che Benedetto XVI va tessendo dall’inizio del suo pontificato.
Un dibattito, quello interno alla Francia, figlio non tanto di una trasmigrazione ideologica quanto, piuttosto, di una crisi di convivenza che in questo inizio millennio ha messo a nu­do la fragilità sociale del sistema. Quella fragi­lità di fronte alla quale è stata proprio la Chie­sa a dimostrare, sul campo e senza sventola­re troppe bandiere, di essere in grado di dare risposte efficaci. Di più, ha dimostrato di «esi­stere » e di essere una realtà dalla quale non si può prescindere, a dispetto dell’immagine che gli «irriducibili della laicità» continuano a cer­care di dare, parlando di chiese «vuote» e di cre­denti «inesistenti».

Il viaggio di Benedetto XVI in Francia, anche in questo senso, rivelerà molto probabilmen­te qualcosa ai francesi stessi. Lo si può annu­sare da mille indizi.

Dai sondaggi che rivela­no un insospettato favore nei confronti di Pa­pa Ratzinger da parte di chi non si dichiara credente, ai giornali che pubblicano vademe­cum a più non posso per spiegare «come fare per vedere il Papa». Oggi si inizierà a capire se l’impressione è quella giusta.

© Copyright Avvenire, 12 settembre 2008

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