11 settembre 2008

La chiesa francese che aspetta Benedetto. La crisi del Cattolicesimo transalpino, la richiesta di valori e tradizione dei giovani (Fizzotti)


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Il cielo sopra Parigi

La chiesa francese che aspetta Benedetto

Perché il cattolicesimo transalpino è in crisi, elitario e molto differente da quello italiano

di Valentina Fizzotti

La chiesa che attende l’arrivo di Benedetto XVI a Parigi è in crisi. Come già si osserva in altri paesi europei, il numero dei praticanti cattolici è in continua diminuzione. In Francia molte diocesi potrebbero finire per essere chiuse a causa della scarsità di clero e di fedeli. Ma la crisi della chiesa cattolica francese ha forse radici più profonde del secolarismo post-moderno che ha colpito la religione in Europa. Probabilmente non si è mai più ripresa dai colpi ricevuti dalla Rivoluzione francese. Da oltre due secoli la Francia è ormai “scristianizzata”, o almeno lo è a macchia di leopardo. Nella patria di uno dei santuari mariani più amati e visitati dai pellegrini, quello di Nostra Signora di Lourdes, molte aree sono a maggioranza atee o agnostiche.

Passata la rivoluzione, a partire dagli anni della restaurazione la chiesa francese è stata ricostruita soprattutto a livello elitario. Sono tornati gli intellettuali, gli alti prelati, i borghesi, ma le masse sembrano non essere mai più state riconquistate. Prova di questo sono i grandi autori della cultura cattolica che la Francia ha regalato al mondo durante l’Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Ma anche le chiese quasi vuote la domenica seguente al grande successo della Giornata mondiale della gioventù di Parigi, nel 1997, quando Giovanni Paolo II parlò all’Ippodromo di Longchamp. La chiesa francese in questo è molto diversa da quella italiana. Non è di popolo, non ha parrocchie radicate sul territorio o parroci che parlano in dialetto con i fedeli. Il prete francese, non soltanto nello stereotipo, è un intellettuale: per questo quella di Parigi è una chiesa culturalmente molto vivace.

Il colpo finale a una struttura che non gode del favore delle masse sono stati gli anni seguiti al Concilio Vaticano II. Al concilio sono seguite proteste più politiche che dogmatiche, come ad esempio il caso dei lefèvriani, che rispecchia ancora la lotta tra monarchici e repubblicani. E poi il “collasso” del clero.

Il post concilio è stato il miglior affare del millennio per gli antiquari francesi: dopo il ’68 i sacerdoti, in nome di “una chiesa del popolo”, hanno svenduto acquasantiere e paramenti. Insomma lo spirito del tempo pare essere riuscito a fare ciò che nemmeno Robespierre seppe portare a termine. La stessa crisi tocca le vocazioni religiose, in calo costante, soprattutto per quanto riguarda le donne. Se a Parigi le carmelitane di Compiègne preferirono essere ghigliottinate piuttosto che rinunciare al velo e rinnegare la loro fede, oggi in Francia gli ordini femminili sono in difficoltà più che altrove. Perché nel frattempo ci hanno pensato Simone De Beauvoir e il femminismo a falcidiare il numero di aspiranti suore e monache.

La chiesa francese differisce da quella italiana anche sul tema della laicità, centrale nel dibattito attuale e nelle aspettative sul discorso di Benedetto XVI al Collège des Bernardins. Storicamente, in Italia si è trattato di una questione soprattutto geografica: bisognava riconquistare i territori vaticani per fare di Roma la capitale della nazione. In Francia la laicità è altro. E’ una netta e dura separazione fra stato e chiesa. Dai primi del Novecento, le chiese francesi battono bandiera tricolore e il parroco possiede solo la copia delle chiavi del portone. L’originale è nelle mani del sindaco.
Per questo il discorso sulla laicità unita alle radici cristiane della Francia che Sarkozy pronunciò a San Giovanni Laterano – quando venne a ricevere il titolo di Protocanonico d’Onore del Capitolo della Basilica lateranense – creò malcontento, soprattutto a sinistra. In un paese che si professa asetticamente multiculturale, in cui la comunità musulmana è fra le più grandi d’Europa.

Del panorama cattolico francese, però, fanno parte anche i giovani. Pure loro, come i coetanei europei, sembrano essere stanchi di un progressismo imposto.

Chiedono con forza i valori, la tradizione, vogliono la messa in latino. La chiesa che attende Benedetto XVI appare forse debole. Ma la patria di una chiesa intellettualmente forte è probabilmente la migliore collocazione per il discorso di un Papa teologo davanti agli intellettuali.

Leggi Breccia o non breccia, sull'auspicio del Papa a una nuova generazione di cattolici in politica.

© Copyright Il Foglio, 11 settembre 2008 consultabile online anche qui.

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