11 marzo 2008

Card. Saraiva Martins: "Nelle cause di beatificazione occorre procedere con maggiore cautela e accuratezza" (30Giorni)


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DOCUMENTI. Intervista con il cardinale José Saraiva Martins

Occorre procedere con maggiore cautela e accuratezza

Il prefetto della Congregazione delle Cause dei santi spiega i contenuti della nuova istruzione Sanctorum Mater, che regola lo svolgimento delle cause di beatificazione nella fase diocesana

Intervista con il cardinale José Saraiva Martins di Gianni Cardinale

Il fascicolo degli Acta Apostolicae Sedis diffuso lo scorso dicembre con la data 1° giugno 2007 ha pubblicato una nuova “Istruzione per lo svolgimento delle inchieste diocesane ed eparchiali nelle cause dei santi”. Il documento, dal titolo Sanctorum Mater, è stato emanato dalla Congregazione delle Cause dei santi. L’Istruzione, approvata da Benedetto XVI il 22 febbraio 2007, porta la data del 17 maggio successivo ed è firmata dal cardinale prefetto José Saraiva Martins e da monsignor Michele Di Ruberto, che dodici giorni prima era stato nominato arcivescovo e segretario del dicastero.

Il documento, che è stato pubblicato in lingua italiana (ma sono già alle stampe le versioni ufficiali nelle altre lingue), si sviluppa in una introduzione seguita da 150 paragrafi e da un’appendice di altri 15 articoli dedicati alla “Ricognizione canonica delle spoglie mortali di un servo di Dio” dove, tra l’altro, si descrivono le procedure da seguire per il trasferimento delle reliquie, un argomento che è diventato di attualità in seguito alle polemiche che hanno circondato la decisione dell’arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo di compiere una ricognizione delle spoglie mortali di san Pio da Pietrelcina.

Per illustrare i contenuti della nuova Istruzione, 30Giorni ha intervistato il cardinale Saraiva Martins, da dieci anni a capo del dicastero che si occupa delle cause dei santi.

Eminenza, perché questa nuova Istruzione?

JOSÉ SARAIVA MARTINS: Era un documento di cui si sentiva da tempo la necessità. Ricordo che la sessione plenaria della nostra Congregazione, che si era tenuta nell’aprile 2006, aveva come primo tema all’ordine del giorno proprio un documento che salvaguardasse una fedele applicazione delle Normae servandae in inquisitionibus ab episcopis faciendis in causis sanctorum, emanate nel 1983 da questo dicastero «al fine di salvaguardare la serietà delle investigazioni che si svolgono nelle inchieste diocesane sulle virtù dei servi di Dio oppure sui casi di asserito martirio o sugli eventuali miracoli». E su questo argomento si dilungò anche Benedetto XVI nel Messaggio che inviò ai partecipanti di quella plenaria.

Cosa vi disse in quella occasione il Papa?

SARAIVA MARTINS: «Le cause» ribadì Benedetto XVI «vanno istruite e studiate con somma cura, cercando diligentemente la verità storica, attraverso prove testimoniali e documentali omnino plenae, poiché esse non hanno altra finalità che la gloria di Dio e il bene spirituale della Chiesa e di quanti sono alla ricerca della verità e della perfezione evangelica. I pastori diocesani, decidendo coram Deo quali siano le cause meritevoli di essere iniziate, valuteranno anzitutto se i candidati agli onori degli altari godano realmente di una solida e diffusa fama di santità e di miracoli oppure di martirio». «Tale fama», continuò il Pontefice, «che il Codice di Diritto canonico del 1917 voleva che fosse “spontanea, non arte aut diligentia procurata, orta ab honestis et gravibus personis, continua, in dies aucta et vigens in praesenti apud maiorem partem populi” (can. 2050, § 2), è un segno di Dio che indica alla Chiesa coloro che meritano di essere collocati sul candelabro per fare “luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5, 15)». «È chiaro», concluse papa Ratzinger, «che non si potrà iniziare una causa di beatificazione e canonizzazione se manca una comprovata fama di santità, anche se ci si trova in presenza di persone che si sono distinte per coerenza evangelica e per particolari benemerenze ecclesiali e sociali». Ho voluto ricordare per intero le parole del Papa perché il nostro dicastero, nello scrivere l’Istruzione in questione, si è attenuto scrupolosamente alle indicazioni pontificie. Posso fare solo un esempio a riguardo?

Prego.

SARAIVA MARTINS: Il sopra citato canone del Codice pio-benedettino è diventato quasi alla lettera il comma 2 del paragrafo 7 dell’Istruzione: «La fama [di santità o di martirio, ndr] deve essere spontanea e non artificiosamente procurata. Deve essere stabile, continua, diffusa tra persone degne di fede, vigente in una parte significativa del popolo di Dio». In questo senso, aggiungerei, è grande il ruolo riservato ai laici. Sono loro infatti i testimoni principali della fama di santità.

Come si articola l’Istruzione?

SARAIVA MARTINS: Il documento, diviso in sei parti, descrive minuziosamente tutti gli atti che le diocesi devono seguire per iniziare e portare a termine la fase diocesana del processo di beatificazione. Nella prima parte si ricorda, come già visto, la necessità dell’esistenza di una autentica fama di santità per iniziare il processo e si spiegano le figure dell’attore, del postulatore e del vescovo competente della causa. Nella seconda parte si descrive la fase preliminare della causa che arriva fino alla concessione del nulla osta della Congregazione vaticana. Nella terza si parla dell’Istruzione della causa. Nella quarta delle modalità da seguire nella raccolta delle prove documentali, e nella quinta di quelle “testificali”; in questa sezione c’è anche un capitoletto dedicato all’«utilizzo del registratore e del computer». Nella sesta, infine, si indicano le procedure per gli atti conclusivi dell’inchiesta diocesana.

In sintesi, quali sono le novità stabilite da questa nuova Istruzione?

SARAIVA MARTINS: Con questo documento abbiamo inteso chiarire le disposizioni vigenti, facilitarne l’applicazione e indicare concretamente i modi della loro esecuzione sia per le cause antiche, che si basano solo su documenti, che per quelle recenti, che si basano anche su testimonianze de visu. In pratica vengono illustrate con grande accuratezza tutte le procedure che le diocesi devono seguire nelle inchieste riguardanti la fama di santità, il presunto martirio e i presunti miracoli.

Lei in una intervista al L’Osservatore Romano ha affermato che nelle cause di beatificazione è «necessario procedere con ancor maggiore cautela e con più accuratezza». Vuol dire che nelle diocesi ora questo non avviene?

SARAIVA MARTINS: Non vorrei dire questo. Diciamo che questa Istruzione presenta in maniera organica quello che la Congregazione ha ripetuto continuamente in questi ultimi anni rispondendo a singoli quesiti e chiarimenti richiesti dalle varie diocesi. Noi non desideriamo altro che le cose siano fatte per bene.

Ritiene che le piccole diocesi o le diocesi del Terzo mondo abbiano gli strumenti per ottemperare a tutte le disposizioni previste?

SARAIVA MARTINS: Certamente ci sono delle diocesi che potrebbero incontrare qualche difficoltà a riguardo. In questi casi il nostro invito è sempre quello di riferirsi o associarsi ad altre diocesi vicine per cercare aiuto e, se è il caso, creare delle strutture interdiocesane adeguate alle necessità.

L’Istruzione Sanctorum Mater ha anche un’appendice che riguarda la “Ricognizione canonica delle spoglie mortali di un servo di Dio”. A dire il vero il testo si occupa anche della ricognizione e del trasferimento delle reliquie dei santi e dei beati. Cosa ci può dire riguardo alla ricognizione delle spoglie di san Pio da Pietrelcina?

SARAIVA MARTINS: A questa Congregazione è arrivata la richiesta della diocesi competente, quella di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, di concedere il nulla osta alla ricognizione e alla esposizione per un congruo periodo di tempo delle spoglie mortali di san Pio. Ci è stato inoltre comunicato che, dopo questo periodo di esposizione, le spoglie verranno riposte nel luogo più appropriato, ma non ci è stato specificato dove.

Alla vostra Congregazione quindi non è stato comunicato se le spoglie di san Pio verranno riposte nell’antico santuario oppure nel nuovo...

SARAIVA MARTINS: Non spetta alla nostra Congregazione decidere in un senso o nell’altro, ma al vescovo locale che domanda al dicastero il nulla osta. Noi potremmo intervenire solo se si prospettasse l’ipotesi che le spoglie possano essere conservate in un luogo non degno. Ma non mi sembra questo il caso.

Eminenza, Benedetto XVI lo scorso 17 dicembre ha ricevuto in udienza il Collegio dei postulatori nonché i superiori e gli officiali della Congregazione delle Cause dei santi. Cosa l’ha colpita di più del discorso pronunciato dal Papa in quella occasione?

SARAIVA MARTINS: Sono rimasto favorevolmente impressionato dal seguente paragrafo: «Tutti gli operatori delle cause dei santi, sebbene con ruoli distinti, sono chiamati a porsi esclusivamente al servizio della verità. Per questa ragione, nel corso dell’inchiesta diocesana, le prove testimoniali e documentali vanno raccolte sia quando sono favorevoli sia quando sono contrarie alla santità e alla fama di santità o di martirio dei servi di Dio. L’obiettività e la completezza delle prove raccolte in questa prima – e per certi versi fondamentale – fase del processo canonico, svolto sotto la responsabilità dei vescovi diocesani, devono essere seguite ovviamente dalla oggettività e dalla compiutezza delle Positiones, che i relatori della Congregazione preparano con la collaborazione delle postulazioni». Queste parole del Papa integrano, in qualche modo, il testo dell’Istruzione. E costituiscono anch’esse una bussola imprescindibile per chi si occupa delle cause dei santi.

© Copyright 30Giorni, febbraio 2008

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