30 marzo 2008
La rivelazione irresistibile e la conversione (Gianfranco Ravasi per "Il Sole 24 ore")
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CONVERSIONE DI MAGDI CRISTIANO ALLAM: ARTICOLI, INTERVISTE E COMMENTI
(Caravaggio, "Conversione di San Paolo")
La rivelazione irresistibile
Da san Paolo sulla via di Damasco fino ai casi più recenti, chi improvvisamente abbraccia o ritrova la fede cristiana viene spinto a questa scelta dalla «teofania»: un atto esterno alla creatura che procede direttamente da Dio
di Gianfranco Ravasi
J'ai pleuré et j'ai cru: «ho pianto e ho creduto». Bastavano questi due verbi a Chateaubriand per descrivere nel suo Génie du Christianisme (1802) la conversione che dal razionalismo scettico l'aveva ricondotto alla fede dell'infanzia. Anche a Gesù nella sua prima, lapidaria predica pubblica erano stati sufficienti due verbi per scuotere la coscienza dei suoi uditori: «Convertitevi e credete!» (Marco 1,15).
Il verbo greco della conversione era significativo perché esigeva una sorta di torsione del nous, ossia della mentalità che doveva optare per una nuova visione della vita e dell'essere (verbo e relativo sostantivo risuoneranno ben 6 volte nelle pagine neotestamentarie). Più di taglio ‘spaziale, ma semanticamente analogo, era il termine che le Scritture ebraiche avevano selezionato: shab, cioè “ritornare”, invertendo la rotta sbagliata, vocabolo reso dall'antica versione biblica greca dei Settanta con un pregnante epistrofè, segno di una svolta radicale. E la mirabile parabola detta «del figlio prodigo» è quasi la sceneggiatura filmica di una pervérsione del percorso della vita e del “ritorno” in se stessi e verso la casa paterna lasciata prima alle spalle (si legga Luca 15,11-24).
Certo, le conversioni hanno tipologie differenti e possono ricevere denominazioni antitetiche secondo le prospettive: quella del giornalista Magdi Allam, di cui tanto si è parlato in questi giorni, se è “conversione” per i cristiani, è “apostasia” per i musulmani.
C'è, anche la svolta politica che spesso, però, lascia una traccia di sospetto e può persino es sere classificata sotto il termine realistico di “voltagabbana'.
C'è la trasformazione ideologica da una concezione filosofica a un'altra (in filosofia si ha anche il procedimento di “conversione logica”, già illustrata da Aristotele). Ma la “conversiorìe” per eccellenza rimane quella religiosa. Essa può segnalare il transito dall'ateismo o dall'indifferenza agnostica all'accoglienza del divino e della trascendenza secondo un Credo particolare. Ma può anche essere la ripresa ardente di una fede smarrita o appannata dalla, consuetudine: «La conversione più difficile» scriveva un autore spirituale, Louis Evély, nel saggio C'est toi cet homme «è quella a cui tutti siamo chiamati, all'interno della nostra religione». Ed è interessante notare che uno dei più originali teologi del secolo scorso, di cui ebbi la fortuna di essere discepolo, il gesuita canadese Bernard Lonergan (1904-1984), nel suo Method in Theology (1972), considerava la triplice categoria della conversione intellettuale, morale e religiosa come strutturale nella stessa epistemologia teologica, secondo una gradazione progressiva d'orizzonte, ma anche se Il verbo che lo stesso Gesù usò nella sua prima predica significava «torcere» la mente verso una visione nuova della vita Alla sorgente, comunque, della conversione religiosa c'è la teofania: è un atto esterno alla creatura che, attraverso mediazioni di vario genere, procede da Dio. E ciò che teologicamente è definito da san Paolo come “grazia”, chdris in greco, charitas in latino, ossia atto d'amore divino.
Suggestiva è la frase dell'apostolo che si stupisce lui stesso dell'asserto profetico su cui costruisce la sua dichiarazione: «Isaia arriva fino ad affermare: Mi sono fatto trovare [dice il Signore] anche da quelli che non mi cercavano: mi sono rivelato anche a quelli che non si rivolgevano a me» (Romani 10,20).
Paolo ne era personalmente consapevole, dato che la sua è la figura più alta del “convertito” cristiano.
La «Via di Damasco», come è noto, è narrata tre volte negli Atti degli apostoli (cc. 9; 22; 26) e, se la caduta da cavallo è una licenza pittorica degli artisti cristiani, l'elemento capitale rimane l'inattesa irruzione divina: «All'improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Rispose: Chi sei, o Signore? E la voce: Sono Gesù, che tu perseguiti!» (9,3-5).
Stravolgendo con una sola lettera il celebre motto cartesiano, il famoso teologo protestante Karl Barth (1886-1968) sintetizzerà ogni nascita alla fede così: Cogitor, ergo sum, «sono pensato [“amato” secondo il linguaggio biblico], quindi sono». Paolo, per descrivere questa esperienza autobiografica, ricorre a una divisione netta della sua esistenza tra un “prima” e un “poi” opposti tra lo- condo un intreccio indissolubile. *** (Galati 1,11-17; Filippesi 3, 3-17;1 Timoteo 1, 12-16), oppure si affida semplicemente a un folgorante katelémften, ‘afferrato, impugnato, conquistato” da Cristo (Filippesi 3,12). Il primato della grazia divina ovviamente non elide la libertà del chiamato che può sottrarsi o allentare i tempi della conversione.
Significativo è il percorso dell'altro celebre convertito della storia, Agostino. Il fascino dell'ideologia, l'attrazione del piacere, le esigenze del successo lo trattengono a lungo nella palude di un'esistenza piacevole ma insoddisfacente. Alla fine, però, la voce di Ambrogio, il convincente Vescovo di Milano e l'epifania divina celata sotto una voce infantile che lo invita: «Tolle, lege; tolle, lege!», lo conducono a prendere in mano e a leggere il codice dell'epistola: rio paolino che il futuro santo apre su un appello decisivo: «Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri!» (Romani 13, 13-14).
Era l'estate del 386: nasceva così uno dei maggiori Padri della Chiesa, sbocciava quel capolavoro che saranno le Confessioni, storia di una conversione, si apriva l'itinerario ideale di uno dei geni dell'umanità e si delineava anche il modello di ogni conversione, talmente intrecciata con la scelta ascetica del vescovo di Ippona da aver successivamente fatto designare i monaci nella loro professione di vita religiosa come conversi.
Certo, tanti altri sono i convertiti emblematici, a partire dalla peccatrice evangelica o da Zaccheo, passando per Francesco d'Assisi o Ignazio di Loyola, fino al nostro Manzoni.
Tante saranno le conversioni più modeste e nascoste che coinvolgeranno pure i transiti da una fede all'altra.
Ma per tutti risuonerà sempre quel monito di Cristo: «Convertitevi!», destinato anche a chi frequenta i luoghi di culto e si ritiene un credente che non ha bisogno di conversione.
Due importanti teologi francesi del Novecento, Jean Daniélou e Yves Congar, per vie diverse giungevano, infatti, alla stessa conclusione: (Un cristiano non è che un pagano sulla via della conversione... Le nostre chiese sono ancora piene di pagani che vanno a messa...».
© Copyright Il Sole 24 Ore, 30 marzo 2008
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1 commento:
Il Sole dedica tutta la pagina 47 dell'inserto domenicale alla conversione di Allam. Contro l'articolo di Ravasi ce ne sono altri 3, Branca,Giulio Busi e Ceronetti tutti abbastanza critici per la conversione....Cordialmente, Eufemia
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