10 marzo 2008

Papa Ratzinger su scienza ed etica: «In coma o embrione, l’uomo è sempre uomo» (Il Messaggero)


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«Non rincorrete l’immortalità, sarebbe un mondo di vecchi»

Ratzinger su scienza ed etica: «In coma o embrione, l’uomo è sempre uomo»

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO - Di questo passo, con le nuove scoperte scientifiche, la pillola per l’immortalità in un futuro prossimo potrebbe davvero non essere più il frutto della fantascienza o dei racconti di John Campbell che tanto strabiliavano l’America degli anni Trenta.

Lo sa bene Papa Ratzinger che, ancora una volta, ha invitato i giovani a riflettere seriamente sulle conseguenze di una scienza priva di limiti. «L'uomo ha sete di conoscenza dell'infinito, vuole arrivare alla fonte della vita, vuole trovare la vita stessa». «Potremmo dire - ha fatto notare - che tutta la scienza è una grande lotta per la vita, tutta la medicina è una lotta della vita contro la morte, per trovare la medicina dell'immortalità».

Ma anche se la medicina, ha ipotizzato, trovasse effettivamente «la pillola dell’immortalità» essa rimarrebbe solo una «pillola della biosfera». In pratica il mondo si trasformerebbe in una gabbia, si «riempirebbe di vecchi, non ci sarebbe più spazio per i giovani». In buona sostanza lo scenario che si aprirebbe sarebbe come minimo spaventoso: «Non possiamo, dunque, sperare nel prolungamento infinito della vita biologica». Tuttavia, ha aggiunto, possiamo aspirare ugualmente all'eternità grazie all’aiuto di Dio, alla sua parola, alla strada che ha tracciato suo Figlio. «Gesù disse io sono la Resurrezione».
L’intervento papale, un fuori programma inaspettato, è risuonato grave, ieri mattina, nella navata di San Lorenzo in Piscibus, una piccola chiesa moderna tutta legno e mattoncini rossi nascosta tra i palazzi che circondano San Pietro, dove Benedetto XVI è andato per celebrare la messa per i 25 anni del Centro Giovanile Internazionale. Ad ascoltarlo, data la ristrettezza degli spazi, c’erano solo un centinaio di persone: i giovani volontari che ogni giorno accolgono i loro coetanei pellegrini in Vaticano, alcuni cardinali di curia, un gruppetto di suore, una decina di guardie svizzere, abituali frequentatrici del centro.
Le frontiere della vita, il destino di finitezza terrena dell’uomo sono stati i temi al centro della riflessione a braccio del pontefice. Lasciando da parte il discorso che gli avevano preparato i suoi collaboratori ha ribadito, ancora una volta, l’inviolabilità della vita umana dal suo inizio cellulare, fino alla fine naturale. «L'uomo rimane uomo con tutta la sua dignità, anche quando è un embrione o in stato di coma». A fornirgli lo spunto è stato il Vangelo di Giovanni. L’evangelista per indicare le diverse dimensioni della realtà umana, usa le parole bios e zoe; da lì spiega cos’è il biocosmo che «va dalle cellule primitive fino agli organismi più organizzati e sviluppati. Un grande albero della vita cui appartiene, anche se l’uomo trascende il biocosmo in una realtà che Giovanni chiama zoe. In sostanza - ha spiegato Papa Ratzinger- l’uomo è sempre uomo in tutta la sua dignità».
Se l’uomo è tutto questo, la scienza non può che essere al suo servizio, senza ricercare quell’immortalità che solo Dio può offrire. «Bere alla fonte della vita significa entrare in comunione con la vera vita che è l’amore infinito. Attraverso Gesù abbiamo già attraversato la soglia della morte. E l'eucarestia è il farmaco dell'eternità».

Più tardi, a mezzogiorno in piazza San Pietro, alla preghiera dell'Angelus, si sono ascoltati due appelli per ciò che sta accadendo in Israele e nella striscia di Gaza e per la liberazione del vescovo iracheno rapito. «A tutti chiedo, in nome di Dio, di lasciare le vie tortuose dell'odio e di percorrere responsabilmente cammini di dialogo e di fiducia».

© Copyright Il Messaggero, 10 marzo 2008 consultabile online anche qui.

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