9 aprile 2007

"Gesu' di Nazaret" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI (approfondimenti)


Vedi anche:

"Gesu' di Nazaret", uno speciale sul libro del Papa a "Sky tg24 pomeriggio"

Prefazione

Anteprima mondiale

Speciale





Riportiamo un interessantissimo editoriale di Martino Cervo su "Libero" a commento del libro del Papa (in uscita la prossima settimana). In un successivo post si parlera' del "duello a distanza" fra Massimo Cacciari e Antonio Socci.
Raffaella

Ecco il Vangelo secondo Ratzinger

di MARTINO CERVO

Nel giorno del suo ottantesimo compleanno, il Papa regala una novità assoluta. Il 16 aprile uscirà per Rizzoli "Gesù di Nazaret" (pp. 447, 19,50 Euro), in cui per la prima volta nella storia l'autore di un libro "laico" su Cristo è il suo vicario in terra. Libero è in grado di anticipare i contenuti di un'opera attesissima anche per le recenti uscite di Benedetto XVI, che hanno riacceso il dibattito sulla storicità dei Vangeli.
Il Papa "dogmatico", "tradizionalista" e "dottrinario" descrive così il suo lavoro di tre anni (tra l'estate 2003 e il settembre 2006): «Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale», ma «espressione della mia ricerca personale del "volto del Signore". Perciò ognuno è libero di contraddirmi». Quasi una sfida a farsi contestare, "processare", direbbe Corrado Augias, che avrà modo di confrontare la sua "Inchiesta su Gesù" con quella del Papa. Ratzinger ha cominciato a lavorare al libro da custode dell'ortodossia all'ex Sant'Uffizio. Il suo auspicio era di dedicarsi esclusivamente ad esso, una volta raggiunta l'età per congedarsi dall'incombenza. Nel frattempo, ne è arrivata un'altra. Vista la gravosità del mandato petrino, il Pontefice ha messo da parte i capitoli sull'infanzia di Gesù mandando alle stampe quelli relativi al periodo che va dall'inizio della sua vita pubblica fino alla Trasfigurazione. Sono le parti più utili, spiega nell'introduzione, alla «crescita di un vivo rapporto con Lui». Dieci capitoli, dal battesimo alle affermazioni di Cristo su se stesso: un testo ponderoso, dotto ma accessibile. Ratzinger espone subito una tesi che farebbe saltare sulla sedia Ermanno Olmi, regista del recente "Centochiodi". Non solo lo strappo tra il "Gesù storico" e il "Gesù della fede" è inesistente, ma l'ipotesi - filologica, storica, e di coscienza - più ragionevole è che Cristo fosse veramente chi diceva di essere. La spiegazione più convincente per la sua corrispondente e imprevedibile umanità sta nell'inimmaginabile pretesa della sua divinità. È una "scommessa" che coinvolge fede e ragione: «L'ermeneutica cristologica», spiega nell'introduzione, «che in Gesù Cristo vede la chiave del tutto, presuppone una scelta di fede e non può derivare dal puro metodo storico. Ma questa scelta di fede ha dalla sua la ragione». Il Gesù della storia
A colpire è il fatto che questo Papa, dotto teologo, raffinato filologo, colto esegeta, usi tutte queste "armi" per presentare il Gesù dei Vangeli come «reale» e imprescindibile nella sua storicità carnale. Ratzinger cita i suoi punti di riferimento (Guardini, Schnackenburg, de Lubac, Newman). I veri maestri, però, non hanno quasi bisogno di comparire espressamente: da San Tommaso a von Balthasar, le tracce sono così influenti da non avere, in fondo, bisogno di riferimenti espliciti. Il vertice della teologia ratzingeriana, in perfetta armonia con il tono del suo pontificato, coincide con il massimo della semplice nettezza dell'annuncio cristiano, ribadito nella via Crucis di venerdì sera: «Il nostro non è un Dio lontano». Tutta la tradizione ebraica, i salmi, i riferimenti biblici con cui il Papa illumina la narrazione evangelica, sono compiuti da quell'«avvenimento storico precisamente databile» che è la vita terrena di Cristo. La «fiducia» di Ratzinger nei Vangeli si arricchisce di un passo interpretativo non inedito ma comunque azzardato (Repubblica ieri notava, con tono quasi stupito, un Ratzinger che «riserva sorprese»): riguarda il rapporto tra Gesù e la comunità ebraica degli Esseni. Già nel giovedì Santo Benedetto XVI aveva accennato alla possibilità che il Nazareno avesse celebrato la Pasqua secondo il rito esseno, come spiegato su queste pagine da Caterina Maniaci. Non è una semplice curiosità storica: l'ipotesi salda le apparenti contraddizioni tra i Vangeli sinottici e quello di Giovanni, intrecciandosi con i papiri di Qumran, la cui scoperta - molto dibattuta - ha rivoluzionato gli studi sulla storicità di Gesù. In pratica, la pista essena concilia il racconto sinottico dei riti pasquali celebrati da Cristo e il fatto che la sua morte sia avvenuta (come racconta invece Giovanni) alla vigilia della festività ebraica. Il calendario esseno di Qumran anticipa infatti di un giorno quello tradizionale dell'epoca: la contraddizione cadrebbe. Il libro del Papa parla apertamente di un Gesù legato agli esseni: «sembra che Giovanni Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità (...) Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa». Più avanti, nel capitolo dedicato al quarto Vangelo, il Papa ne difende l'attendibilità di testimonianza diretta («ricordo personale e realtà storica vanno insieme»), necessario antidoto allo gnosticismo che «lascia alle spalle la carne, l'incarnazione, la vera storia, appunto». La teologia liberale

Fin dalla ricostruzione del battesimo di Cristo Ratzinger vibra colpi alla «teologia liberale» (Bultmann su tutti), tesa a separare storia e fede. Nella perlustrazione della vita di Gesù, il Papa intreccia nuovo e vecchio Testamento, mostrandone la necessaria unità interpretativa. Il continuo paragone tra le parole di Salmi e Profeti e quelle degli evangelisti offre il destro per accenni al presente. La rilettura delle tre tentazioni di Gesù ne è un esempio: esse raffigurano «la pretesa del vero realismo. Il reale è ciò che si constata: potere e pane. A confronto le cose di Dio appaiono irreali, un mondo secondario di cui non c'è veramente bisogno». Per illustrare gli effetti di questa tentazione, il Papa cita due esempi contrapposti: i monasteri benedettini e Chernobyl, «espressione sconvolgente della creazione asservita nell'oscurità di Dio». Nell'episodio di Satana che sfida Gesù a mutare le pietre in pane, Ratzinger vede i bagliori del marxismo, che «ha fatto di questo ideale il cuore della sua promessa di salvezza: avrebbe fatto sì che ogni fame fosse placata e che "il deserto diventasse pane"...». Ma l'«esito negativo» di questa utopia permette al Papa un'equiparazione con l'atteggiamento dell'Occidente verso i poveri: «Gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, basati su princìpi puramente tecnico-materiali (...) hanno fatto del Terzo Mondo il Terzo Mondo in senso moderno». Sorprendente poi il richiamo a Vladimir Solov'ëv, grande filosofo russo ripreso poche settimane fa da Giacomo Biffi. Il Papa ricorda il "Racconto dell'Anticristo", dove quest'ultimo riceve la laurea in Teologia all'università di Tubinga (città dove lo stesso Papa ha insegnato): «L'interpretazione della Bibbia», annota, «può effettivamente diventare uno strumento dell'Anticristo. I peggiori libri di distruttori della figura di Gesù, smantellatori della fede, sono stati intessuti con presunti risultati dell'esegesi». Più avanti avrà accenti critici anche contro «gli scribi, coloro che si occupano professionalmente di Dio», così facilmente «impigliati nell'intrico delle loro conoscenze». Ha ragione Raz Degan, allora? No: la terza tentazione fa rispondere alla «grande domanda»: «Cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? La risposta è molto semplice: Dio», non più solo parola ma realtà e, come conseguenza, ethos. Dopo un sofisticato capitolo dedicato al Regno di Dio, Ratzinger dedica 70 pagine a un'entusiasmante rilettura del Discorso della Montagna. Qui il Papa lancia una riflessione che riecheggia i toni del discorso di Ratisbona: «Forse qualcuno diventa beato e verrà riconosciuto come giusto da Dio perché si è impegnato con forza per la e nella "guerra santa"? Perché ha dichiarato norma di coscienza le sue opinioni e i suoi desideri e in questo modo ha elevato se stesso a criterio? No, Dio esige il contrario». Non meno netto il contributo portato dal messaggio delle beatitudini alla laicità: «Gli ordinamenti politici e sociali vengono liberati dall'immediata sacralità, dalla legislazione basata sul diritto divino, e affidati alla libertà dell'uomo». Gesù dunque non è né ribelle né liberale; né, tantomeno, una insipida via di mezzo. Per Ratzinger tutto - filologia, fede, storia - concorre a suggerire come il Nazareno sia effettivamente chi diceva di essere: la Legge diventata Persona, Dio fatto uomo per insegnare a essere uomini. La Chiesa c'è per questo. Questo fatto indica «alla ragione che agisce nella storia lo spazio della sua responsabilità». Ecco il programma - decisamente poco "conservatore" che ne discende: «Anche la cristianità dovrà continuamente rielaborare e riformulare gli ordinamenti sociali. Di fronte a nuovi sviluppi, correggerà ciò che era stato precedentemente stabilito». Nel capitolo dedicato al "Padre Nostro", la preghiera insegnata da Gesù, Ratzinger scandaglia ogni parola, e giunto all'invocazione «liberaci dal male» scardina la presunzione di indipendenza e autonomia dell'uomo: «Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso; allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione». Affrontando le figure dei discepoli, riprende il tema della razionalità "illuministica" della fede. «Solo la fede nell'unico Dio libera e "razionalizza" veramente il mondo». Le parabole

Ragione e conoscenza tornano nella rilettura delle parabole di Gesù, emblema perfetto dell'educazione, sintesi dell'evidenza secondo cui non si dà comprensione senza partecipazione, senza legami, senza «appartenenza». Addirittura «conoscenza e appartenenza sono sostanzialmente la stessa cosa» (forse niente esemplifica meglio questo come l'insistito utilizzo del verbo «rimanere» nel capitolo 15 di Giovanni, nota il Papa). La «conoscenza impegnativa» cui introduce Gesù richiede una ragione che non circoscriva il reale a «ciò che è dimostrabile mediante esperimento». A fronte di una simile chiusura della libertà umana non può nulla neppure il miracolo, che anzi - come per i farisei testimoni alla resurrezione di Lazzaro può portare non alla fede ma all'«indurimento». È attraverso questa riduzione che passa lo «spirito della moderna ribellione contro Dio», in ossequio al quale «l'uomo totalmente libero è diventato un misero schiavo». Nell'analisi del vangelo giovanneo, Benedetto XVI riserva parole durissime al cristianesimo che «vuole solo la Parola, ma non la carne e il sangue». Diventando «pura dottrina, puro moralismo e questione di intelletto. Il carattere redentore del sangue di Gesù non viene più accettato. Disturba l'armonia intellettuale. Chi non vi scorgerebbe qualche minaccia per il nostro cristianesimo attuale?». Nella parte finale, Ratzinger passa in rassegna due episodi della vita di Cristo: la confessione di Pietro («Signore, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente») e la Trasfigurazione. Sono i due eventi che introducono la missione, il compito generato nella compagnia di chi Lo riconosce e Lo segue nella sua permanenza nella storia: «Nella sequela di Gesù Cristo è in gioco questa nuova umanità che viene da Dio». "Gesù di Nazaret" darà materiale per dibattiti e discussioni per lungo tempo. In fondo, è lo stesso Papa a chiederlo. Ciò che resta più insistente è il tarlo che Benedetto XVI aveva già introdotto sfidando a vivere «come se Dio ci fosse». È dando credito a questa ipotesi che il grande scrittore inglese Clive Staples Lewis ha iniziato la sua conversione. Le parole stupite - ricordate dal Papa - sono un'efficace sintesi di tutto il libro: «Strana faccenda. Tutta la storia del Dio che muore - pare che, una volta, sia accaduta realmente».

IN USCITA L'AUTORE Joseph Ratzinger è nato a Marktl am Inn, in Baveria, il 16 aprile 1927. Nel 1977 diventa in pochi mesi prima arcivescovo e quindi cardinale, creato da Paolo VI. Nell'81 Giovanni Paolo II lo sceglie come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Mantiene questo incarico fino all'elezione al soglio pontificio, maturata il 19 aprile 2005, al secondo giorno del conclave apertosi dopo la scomparsa di Wojtyla (2 aprile).

IL LIBRO "Gesù di Nazaret" (Rizzoli, pp. 447. 19, 50 Euro) uscirà il 16 aprile; è il primo libro "da Papa" di Ratzinger, che può vantare una vasta produzione in campo teologico e culturale. Da quando è Benedetto XVI sono stati pubblicati molti suoi discorsi, interventi, e la sua enciclica "Deus caritas est" (2006). Il nuovo libro è stato scritto in tedesco. Uscirà in contemporanea nella lingua madre di Ratzigner, in italiano e in polacco.

LA PRESENTAZIONE Il testo di Ratzinger sarà presentato venerdì prossimo, 13 aprile, in Vaticano, presso l'Aula del Sinodo. A discutere del testo, moderati da padre Lombardi, portavoce della Santa Sede, saranno il cardinal Christoph Schönborn, il professore valdese Daniele Garrone e il filosofo Massimo Cacciari. La presenza del sindaco di Venezia ha destato le perplessità di Antonio Socci, che su "Libero" ha criticato l'invito. Ieri Cacciari ha risposto con una lunga intervista al "Foglio". Oggi la nuova replica dell'editorialista di Libero.

L'OPERA PRIMA DI BENEDETTO XVI

Una recente immagine di Papa Ratzinger durante la via Crucis. Il Santo Padre ha avallato l'ipotesi che Gesù abbia celebrato la festività ebraica secondo il rito degli Esseni, una piccola comunità presso i cui insediamenti sono stati ritrovati nel '47 importanti frammenti del Vangelo (ansa)

Libero, 8 aprile 2007


A ROMA IL 13 APRILE
Laici e cristiani a confronto sul libro del Papa

Donatella Trotta

Il buon Samaritano come icona della compassione universale. Il concetto di amore come agape, sentimento gratuito e disinteressato di donazione di sé agli altri. E la rivoluzione di un uomo storico, figlio di Dio per la fede cristiana, che ha insegnato parole di vita e la libertà nella verità dell’interrelazione tra le creature e il creato: ora ripercorsa da una lettura sulle orme di Gesù - dal battesimo nel Giordano alla Trasfigurazione sul Tabor - in una personale ricerca non soltanto teologica sugli aspetti storici e religiosi del «volto autentico del Signore». Senza nessuna pretesa di magistero. Ma con la volontà precisa di presentare il Cristo non nell’ambigua luce new age di romanzoni superficiali, bensì «come una figura sensata e convincente a cui possiamo e dobbiamo fare riferimento con fiducia e su cui abbiamo ben motivo di poggiare la nostra fede e la nostra vita cristiana». Il Gesù di Nazareth di papa Benedetto XVI, in distribuzione nelle librerie il 16 aprile (giorno del compleanno del Pontefice) con un’uscita in venti lingue in contemporanea tra Italia - dove lo pubblica l’editore Rizzoli -, Germania e Polonia, è un best seller annunciato. Già anticipato da diversi giornali. E con un precedente illustre: Varcare la soglia della speranza di Karol Wojtyla, l’amato predecessore papa Giovanni Paolo II, a tutt’oggi il libro di un Pontefice più venduto al mondo, con i suoi venti milioni complessivi di copie in 50 edizioni diverse. Il papa teologo Joseph Ratzinger, comunque, già autore di molti libri di teologia, sembra avviarsi su una strada analoga: tralasciando il suo ufficiale Compendio del Catechismo, che ha superato le 400mila copie, le edizioni San Paolo informano che, solo da quando è diventato papa, ha venduto nel complesso quasi 800 mila copie dei suoi libri. Ora, è la volta del suo atteso Gesù di Nazareth, che verrà presentato in una conferenza stampa internazionale venerdì 13 aprile alle ore 16 a Città del Vaticano, nella Sala del Sinodo. Significativa la scelta di affidare a una pluralità di voci la discussione, già sollecitata peraltro dallo stesso Pontefice tedesco («Ognuno è libero di contraddirmi», ha detto): ci saranno un cattolico, il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna; un protestante, Daniele Garrone, decano della Facoltà Valdese di Teologia di Roma; e un laico, il filosofo Massimo Cacciari, docente di Estetica all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, moderati da padre Federico Lombardi, portavoce del Vaticano.

Il Mattino, 8 aprile 2007

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