31 ottobre 2007

Il diritto dei farmacisti all'obiezione di coscienza è garantito dalla legge 194/78 e da altre disposizioni


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Continua il dibattito sull'intervento del Papa sul diritto dei farmacisti all'obiezione di coscienza: il commento di Pietro Uroda, presidente dei Farmacisti cattolici

Continua a far discutere il recente intervento del Papa sul diritto dei farmacisti all'obiezione di coscienza per “non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di prodotti aventi per scopo scelte chiaramente immorali, come ad esempio l’aborto e l’eutanasia”. Il presidente del Movimento per la Vita in Italia, Carlo Casini, ha affermato che la legge 194 sull’interruzione di gravidanza, interpretata in modo corretto, prevede il diritto all’obiezione, per esempio, nel caso della pillola abortiva. Manuela Campanile ha sentito in proposito Pietro Uròda, presidente dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani:

R. – La faccenda presenta due aspetti. Non c’è nessuna legge precisa che ci consenta l’obiezione di coscienza, però, il combinato disposto, come si dice, di alcune leggi e di alcune sentenze, ci consente di poter affrontare l’eventuale giudizio con delle coperture. Per esempio, secondo l’art. 54 del codice penale, se uno compie un’infrazione ad una legge per salvare qualcuno è esentato dalla punizione, se spinto da cause maggiori. Quindi, noi per salvare l’embrione ci rifiutiamo di dare la pillola del giorno dopo. Ci sono delle sentenze della Corte di Cassazione sul diritto dell’embrione, c'è la legge 40. Per cui noi riteniamo di poterci difendere a livello giudiziario. Altrimenti, rimane il fatto di principio. Noi non vogliamo accettare di dare la morte a qualcuno. Siccome l’embrione - è un fatto scientificamente dimostrato - è una vita umana, noi riteniamo che vada sostenuto e difeso.

D. – Quindi lei è obiettore...

R. – Sì, io non ho mai venduto la pillola abortiva.

D. – Ci può raccontare un’esperienza nata dal suo essere obiettore di coscienza?

R. – Io ho avuto un caso – mi ricordo benissimo – di una signora che mi aveva chiesto un prodotto per abortire e gliel’ho negato. Abbiamo avuto modo di parlarne e questa persona, dopo qualche anno, mi ha fatto vedere un bellissimo bambino, dicendomi che era stato merito del mio discorso se lei aveva rinunciato a sopprimerlo.

D. – A chi le rinfacciasse che prima di tutto bisogna essere deontologicamente corretti cosa rispondere?

R. – Che io sono deontologicamente corretto. Il nostro codice deontologico dice che noi siamo al servizio della vita. Noi non riteniamo questo prodotto un farmaco, perchè non cura niente. E’ un prodotto farmaceutico, non è un farmaco. E’ un prodotto farmaceutico, che serve ad uccidere un embrione eventuale. Se non uccide un embrione eventuale fa altri danni. A Perugia hanno denunciato che i casi di gravidanza extrauterina sono significativamente molto più alti in persone che hanno usato la pillola del giorno dopo, perché viene somministrata, gettata nell’organismo, una bomba ormonale. E’ un fatto molto grave che non viene documentato: la parte tossicologica di questo prodotto viene minimizzata o addirittura coperta.

© Copyright Radio Vaticana


«Obiezione per i farmacisti? Lo esige la 194»

Casini (MpV) risponde al ministro Turco e Federfarma Santolini (Udc): «La pillola del giorno dopo è un abortivo»

ROMA. Una corretta interpretazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza esige che i farmacisti abbiano la facoltà di dichiarare la loro obiezione di coscienza rifiutando la collaborazione ad un possibile aborto. Lo mette in chiaro il presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini, rispondendo al ministro Livia Turco e a Federfarma, che invocano la legge per negare la possibilità dell’obiezione. Che la pillola del giorno dopo provochi l’aborto, precisa Casini, è dimostrato anche dalla sentenza del Tar del Lazio che ha imposto di «specificare tale possibilità nel foglio illustrativo». Il problema non si pone per la Ru486 perché avrà uso esclusivamente ospedaliero.
«L’obiezione di coscienza – afferma l’azzurra Isabella Bertolini – riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico a favore di molte categorie professionali, permette, ai farmacisti che lo vogliano, di rispettare l’invito di Benedetto XVI in difesa della vita umana, nel pieno rispetto della normativa vigente». La Turco, insiste la udc Luisa Capitanio Santolini, «ignora che l’obiezione è prevista dalla legge in campo militare e sanitario, e che i farmacisti fanno parte del personale sanitario, come previsto dall’articolo 9 della Legge 194/78 e come testimoniano le disposizioni normative fondamentali ripetutesi dal 1934 ad oggi». A guidare il fronte avverso all’obiezione, il radicale Marco Cappato che rovescia le carte in tavola invitando a «denunciare i farmacisti che attuano 'l’imposizione di coscienza'». Ma replica Riccardo Pedrizzi di An: i farmacisti possono legittimamente rifiutarsi di vendere una pillola abortiva ed «è giusto che per loro sia prevista una tutela giuridica». Dire che il monito del Papa non deve essere preso in considerazione, avverte Maurizio Lupi di Fi, è un giudizio che dimostra «una totale chiusura ideologica». «La Turco – ammonisce Olimpia Tarzia, vicepresidente della Confederazione italiana dei consultori familiari di ispirazione cristiana, – anziché impedire ai farmacisti il diritto all’obiezione di coscienza, si dovrebbe maggiormente preoccupare della vendita sempre più frequente della pillola del giorno dopo alle minorenni, con conseguenti rischi per la salute ed inevitabile spinta diseducativa».

© Copyright Avvenire, 31 ottobre 2007

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Roba da… feuilleton

Il… “racconto-testimonianza”
D. – Quindi lei è obiettore...
R. – Sì, io non ho mai venduto la pillola abortiva.

D. – Ci può raccontare un’esperienza nata dal suo essere obiettore di
coscienza?
R. – Io ho avuto un caso – mi ricordo benissimo – di una signora che mi aveva
chiesto un prodotto per abortire e gliel’ho negato. Abbiamo avuto modo di parlarne e questa persona, dopo qualche anno, mi ha fatto vedere un bellissimo bambino, dicendomi che era stato merito del mio discorso se lei aveva rinunciato a sopprimerlo.

Un commento
Ma per favore, siamo seri! Questa storiella della donna redenta sul ciglio del precipizio abortista che torna col “bellissimo bambinello” l’ho già sentita un numero spropositato di volte (fin dai tempi in cui si cominciò a parlare di legalizzazione dell’aborto: roba da Jurassic park…); riferita – o attribuita – di volta in volta a parroci, medici, suore, ferventi parrocchiani, ecc, ecc. Ma davvero si deve ricorrere al mezzuccio della reiterazione di una evidente e miserella leggenda metropolitana per portare acqua ad un mulino che fatica a girare? Per favore, siamo seri. Mi stupisce che a reggere questo ridicolo moccolo sia Radio Vaticana cui non mancano “teste lucidamente pensanti” (e lo dico con autentico rispetto); mi sarei aspettato ben altro: che delusione!

Anonimo ha detto...

La questione è assurda, ovvero per essere gentili "di lana caprina". Il farmacista deve vendere i farmaci che la legge italiana consente di acquistare e di utilizzare, punto e basta. Se vuole venderli a suo arbitrio, scegliendo lui cosa gli pare sia "immorale" o "morale", ha sbagliato mestiere e per giunta commette un reato contro lo Stato e contro tutti i suoi cittadini di cui potenzialmente lede le libertà civili. Vada a fare il panettiere: guardagerà (molto) meno, ma sarà più sereno e non farà danno al suo prossimo. A meno che non si impallini con il pane azzimo....... o qualche altra questione filologico-religiosa sulla forma del pane...... A quel punto, vada in pensione. C'è tanta gente normale che ha bisogno di lavorare.