31 ottobre 2007

Quel "monello" di Papa Benedetto che non ci lascia mai in santa, laicistica, pace...:-)


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di LUIGI SANTAMBROGIO

Cvd: si scriveva una volta per risparmiare tempo e inchiostro. La sigla serviva ad abbreviare l'espressione: come volevasi dimostrare. Ci tocca rispolverarla per descrivere la prevedibilità e scontatezza della se-dicente sinistra italiana nei confronti del Papa e dei cattolici.
Qui non c'è nulla da provare, semmai solo desolate e scorate conferme. Son passati neppure dieci giorni da quando i compagni si genuflettevano a baciare la pantofola di Benedetto XVI. Diventato per l'occasione il "Compagno Papa" alla crociata contro il lavoro precario.

È bastato un amen, perché scattassero, come per i cani di Pavlov, i riflessi condizionati. L'appello alle coscienze dei farmacisti, ha rispedito Ratzinger ancora all'inferno. Con la benedizione, stavolta, di Federfarma, la confindustria dei produttori di medicine. Anche loro un tantino incazzati: forse perché la Santa Sede ha avuto da ridire anche sul vergognoso ricatto dei prezzi che i signori del farmaco impongono ai povericristi del Terzo Mondo.
Strane alleanze, ma non è la prima volta che capita ai compagni. Che ieri, sui loro giornali preferiti, si sono davvero sbizzarriti.

A nonna Lidia viene da bestemmiare

L'oscar della comicità se lo piglia Lidia Menapace, senatrice rifondarola che ha l'età del dattero. A lei il Papa fa venire voglia di buttarsi su battute «anticlericali e blasfeme, che servono a poco, ma», dice, «almeno fanno bene alla salute e al fegato». Come l'acqua diuretica. Prosit. Su "Li berazione", la pasionaria del museo delle cere comuniste ci fa sapere di fiutare aria pesante, aria da «oscurantismo medioevale». E già che c'è, Menapace ci spiega cosa pensa della religione: per meglio farcelo capire ricorda la storiella che le raccontò lo zio di un suo amico, «pio ma irriverente». Il satanasso riuscì a far recitare alle beghine del paese, durante il rosario, la seguente litania: «Un pater per l'osso sacro che l'è sora 'l bus del cu». Pensiero stupendo, marxianamente corretto. Ecco il livello della vegliarda Lidia, una di noi. Anche se è un po' andata come il Bologna, il suo articolo viene tuttavia messo in prima pagina sotto una foto di Benedetto XVI e il titolo: San Fa(rma)scista. Capito la sottile ironia? E pensare che solo la scorsa settimana, il Papa era il Compagno Benedetto. Cvd e lunga vita alla nonna dei corsari rossi. Ancora più ridicoli, sono quelli del "Manifesto". Farmacisti a parte, ci offrono un articolo che vale una gag, davvero imperdibile. Riguarda la cagnara scatenata domenica dai centri sociali durante il rito di beatificazione dei martiri spagnoli. Il pezzo, con raro sprezzo del ridicolo, è titolato: «Gli antifascisti aggrediti dall'Opus Dei». Neanche Cuore era arrivato a questi abissi di satira. Ma citrulli si diventa. Con pazienza e tenacia, loro ce l'han fatta. Ma il meglio del peggio tocca, come al solito, al quotidiano della sinistra perbene, "La Repubblica". Che affida alla firma puntuta di Michele Serra il compito di somministrare abbondanti dosi di olio di ricino al Pontefice monello.
Certo, Michele non è come Lidia: lui ha la scrittura leggera, equa e anche solidale. Però, le carte in tavola le trucca subito, così gli è più facile barare. E poi, possiede innata la giusta dose di puzza sotto il naso e l'arroganza, un tantino fascistoide, del so-tutto-io.
La classe è già nell'incipit: «Prima di entrare in farmacia, per evitare discussioni indesiderate sul senso della vita, ci toccherà informarci sugli orientamenti religiosi e morali del gestore?». Già, Serra non è mica il tipo che perde tempo ad informarsi. Sa già che Ratzinger è un usurpatore di campi altrui, pastore di «idee illiberali», che vuole imporre una «morale religiosa per egemonizzare un intero consenso sociale». Per sobillare «ribellioni etiche come l'obiezione anti-aborto», ma condannare poi altre «ribellioni etiche come il diritto alla buona morte». Insomma, o tutto o niente: Michele è per le occasioni in saldo.
Poi il Grande Domandone finale, urbi et orbi: «Ma davvero per la Chiesa la sola possibilità di salvezza (dell'uomo) è sperare di imbattersi in un farmacista con la verità in tasca, che gli neghi i farmaci immorali e gli suggerisca di raccomandarsi a un Dio nel quale magari non crede?». Che intenditore, il signor Michele: tutta la Chiesa universale, il Vaticano, la Cei e i cattolici in colonna appesi a un farmacista, e pure ateo. Quando non cazzeggia, Serra fa piangere.

L'estrema resistenza laica e non violenta

Resta comunque il problema aperto da Benedetto XVI, sul quale si possono fare almeno tre considerazioni. Senza offendere la sensibilità di nessuno o invadere campi proibiti.

1) Il ricorso all'obiezione di coscienza è l'estrema forma di resistenza e dissenso nei confronti di una legge dello Stato. Si fa obiezione quando si ritengono esauriti tutti gli altri strumenti di impegno politico e collaborazione con le istituzioni. È pacifica e non violenta perché si appella solo alla coscienza personale, chiede un gesto di testimonianza e coerenza del singolo cittadino. Che ne pagherà tutte le conseguenze. Questo è il punto, il resto è solo questione tecnica.

Per salvaguardare l'obiezione sull'aborto e garantire nel contempo il rispetto della 194, negli ospedali si sono trovate opportune soluzioni. Se ne potrebbero studiare di analoghe per le farmacie. Dunque, non si neghi la legittimità del principio e si discuta piuttosto sulla sua applicazione.

2) Sui temi dell'aborto, l'eutanasia, l'embrione, il Papa e i cattolici ritengono di affermare non una visione confessionale della vita, ma valori autenticamente laici, cioè di tutti. Perché sono dell'uomo, della sua struttura di ragione e senso. Battersi per questi valori significa contribuire alla costruzione del bene comune e di leggi ragionevoli.

3) Lo strumento dell'obiezione come forma di lotta politica pacifica non è stato inventato dal Papa né dai cattolici. Fa parte di una lunga tradizione di impegno politico, sociale e civile. Oltre che sull'aborto, l'obiezione di coscienza venne esercitata sulla corsa agli armamenti, le spese militari, l'arruolamento obbligatorio, la pena di morte, il Fisco. E perfino sulle trasfusioni di sangue e il canone tv. Se ce ne fosse motivo, siam certi che Pannella non esiterebbe a proporla anche ai farmacisti. Michele Serra stia sereno. Nessun farmacista lo importunerà sul senso della vita o gli negherà lo sciroppo per la tosse. Però il divertente Michele qualche domandina dovrebbe pur farsela ogni tanto. Mica le filosofiche, bastano quelle banali del tipo: perché pagare tutte le tasse fino all'ultimo cent? La risposta il pio Serra l'avrà sicuramente già avuta dal suo commercialista. L'unico papa che certi guru di sinistra prendono ancora sul serio.

© Copyright Libero, 31 ottobre 2007

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